LA
VITA NUOVA
DI
DANTE ALIGHIERI
A CORRETTA LEZIONE RIDOTTA
E CON ILLUSTRAZIONI DICHIARATA
DA P. J. FRATICELLI
SOCIO CORRISPONDENTE DELL'ACCADEMIA TIBERINA
TOSCANA, DELLA VALDARNESE DEL POGGIO, DI QUELLA
DEL PETRARCA D'AREZZO, DEGL'INCAMMINATI DI
MODIGLIANA, EC.
FIRENZE
BALLA TIP. DI LEOP. ALLEGRINI E GIO. MAZZONI
NELLA BADIA FIORENTINA
1839
Editorial Note (page ornament): First letter oversized.
La Vita Nuova di Dante Alighieri è un'ingenua storia de'giovenili suoi amori con
Beatrice Portinari, da lui dettata in forma di Commento sopra alcune sue poesie. In questo
elegante Libretto, l'Autore brevemente narrato il principio del suo innamoramento, riporta,
secondo l'ordine del tempo in cui furono scritti, i suoi poetici componimenti; e dando a
conoscere in quante parti sian essi divisi, dispiega ciò che ha voluto dir nella
prima, ciò che ha inteso nella seconda; e le circostanze dell'un componimento
facendo succedere e legando a quelle dell'altro, tesse l'istoria della sua vita giovanile,
dall'età cioè di nove anni fino ai ventisei o ventisette. Dei tratti
interessanti per una graziosa semplicità, e per un sentimento di malinconia,
ch'è lo stato abituale dell'anima dello Scrittore, rinvengonsi frequentemente in
questo Libretto, il quale considerato anche per il solo lato della lingua e della
elocuzione, comecchè nella prima apparisca una non comune purità,
nella seconda una non usitata nobiltà, non può a meno d'aversi in gran
pregio. Ed essendo che l'Amore è stato sempre quello che ha inspirato i giovani
poeti, non dovrà recar meraviglia se i poetici componimenti che quivi stanno
inseriti, e che sono i primi parti della Musa Dantesca, abbiano Amore per argomento. Quando
possa aver sembianza di vero ciò che dice il Ginguenè, che
cioè Dante scrisse il presente Libretto per aver luogo di collocarvi i suoi
versi, non potrà esser men vero che egli il facesse per erigere un piccolo mo-
numento alla memoria di colei che egli amò con un
affetto sì costante e sì puro.
Era in Firenze antica costumanza, che con feste e conviti si solennizzassero i primi
giorni della Primavera. L'anno 1274 Folco Portinari, cittadino di ottima fama, e di molte
facoltà provvisto, aveva accolto nella sua casa i congiunti e gli amici, e fra
questi Allighiero Allighieri padre di Dante, onde, a dimostrazione del giubilo che infonde
nell'animo l'aspetto della ridente stagione, festeggiare il primo giorno di Maggio. Dante,
abbenchè non avesse per anco oltrepassato il nono anno dell'età sua,
era stato condotto dal Padre ad una tal festa, quando in sul finire di quella, essendosi
cogli altri fanciulli tratto in disparte a trastullarsi, s'imbattè in una piccola
figlia di Folco, la quale, come dice il Boccaccio, era assai leggiadretta secondo la sua
fanciullezza, e ne'suoi atti gentile, a piacevole molto, con costumi e parole assai
più gravi e assennate, di quello che il suo picciol tempo, d'ott'anni allora
compiuti, non richiedesse: ed oltre a questo aveva le fattezze del volto ottimamente
disposte, e piene di tanta onesta vaghezza, che quasi un'Angioletta rassembrava. Il nome di
questa fanciulla era Beatrice, che per vezzo sincopatamente dicevasi Bice; e o fosse la
conformità de'loro sentimenti, o quella violenza di simpatia che ci forza ad amar
l'un oggetto piuttostochè l'altro, Dante, quantunque fanciullo, s'accolse nel
cuore la bella immagine di lei con tanta affezione, che fin da quel giorno dee dirsi che
incominciasse ad esser signoreggiato dalla passione d'Amore. Ma lasciando di parlare degli
accidenti della puerizia, dice il Boccaccio, che coll'età moltiplicarono
l'amorose fiamme cotanto, che niun'altra cosa gli era piacere, riposo o conforto, se non il
vedere quel caro oggetto delle sue affezioni. Quali e quanti fossero poi i pensieri, i
sospiri, le lagri-
Sig.
Vol. III. 18
Note: The last three letters of the first line are superscript, probably through printer
error. --Ed.
me e le altre passioni gravissime da lui per que
sto amore
nella giovenile età sostenute, egli medesimo il racconta nel presente Libro della
sua vita nuova, e perciò stimo superfluo il ripeterlo. Laonde lasciando di
narrare ciò che dall'Autore stesso è narrato, io dirò sole
alcune parole sul titolo del Libro e sulle controversie che fino ad oggi si sono agitate
intorno quest'amore di Dante: nel che fare, se andrò ripetendo alcuni di
que'fatti, ed alcuni di quelli argomenti che furono da me posti in campo,
allorchè nel Ragionamento filologico-critico sul Canzoniere dell'Alighieri feci la storia de'di lui amori, spero mi verrà di leggieri
perdonato, essendo che daranno un qualche peso alle mie asserzioni, e porranno in una
qualche luce la verità del mio assunto.
Alcuni Filologi non arrivando a investigar la ragione per cui Dante intitolasse Libro della Vita Nuova quest'opuscolo, se ne trasser fuori dicendo, che egli avealo così
intitolato, perchè così gli era piaciuto. Altri credendo che per quel
titolo avesse voluto indicare la storia d'uno stadio, o d'un periodo di vita che succede ad
un altro, ne dedussero, averlo chiamato il Libro della Vita Nuova,
o perchè va quivi descrivendo un periodo della sua vita nel quale parvegli di
sentire un gran cambiamento, e d'incominciare un'esistenza novella (e quest'era l'epoca del
suo innamoramento con Beatrice); o perchè va descrivendo una piccola parte di
quel periodo del viver suo, che incominciò dalla morte di essa Beatrice, e che fu
per lui una vita diversa, una vita successiva a quella da lui già trascorsa.
D'una simile opinione sembra essere stato ancora il Trivulzio, essendochè nella
Prefazione alla stampa dellaVita Nuova da esso procurata in
Milano, disse essere indubitato, che quivi Dante tratti della rigenerazione in lui operata
da Amore.
Ma i primi e i secondi andarono assai dilungi
Note: Where possible, abbreviations have been indicated in full, with brackets added, to
facilitate searching. --Ed.
dal vero, inquantochè Dante nè pose al suo libro quel
titolo a capriccio ed a caso, nè volle per esso indicare un nuovo periodo del
viver suo, ovvero una rigenerazione della sua vita. Infatti come mai quello Scrittore, il
quale non pubblicò mai cosa che on avesse prima in se lungamente meditata, potea
porre ad una sua operetta un titolo senza una giusta ragione, un titolo che non rispondesse
esattamente all'argomento in quella trattato? Noi sappiamo che Dante nel suo Convito divide l'umana vita in quattro periodi, che etadi appella: della prima parlando,
niuno dubita, ei dice,
ma ciascun savio s'accorda in stabilire, che ella dura insino al
venticinquesimo anno
(1). Ecco pertanto che il secondo periodo, il secondo stadio
dell'umana vita comincia, secondo lo stesso Scrittore, nell'anno ventesimosesto. Ma di quali
anni della vita di Dante abbiamo in questo Libretto la storia, se non principalmente di
quelli, che dal nono trascorsero per infino al ventesimosesto? E come mai poteva l'Alighieri
intitolar questo Libro la storia d'un secondo periodo della sua vita, quando in esso ci
dà la storia del periodo suo primo, della prima età di ragione, ch'ei
fa cominciare dal suo nono anno, perciocchè davanti di quello, poco, dice,
potersi trovare nella sua memoria?
Libro della Vita Nuova non altro dunque significa letteralmente e naturalmente, che Libro della Vita giovanile.
Novo, novello per
giovanile, giovane si rinvengono di frequente negli antichi Scrittori; e i dodici esempi che qui
appresso riporto, credo poter esser bastanti a far persuaso qualunque non per anco lo fosse:
- . . . . . Tutta l'età mia nova
- Passi contento, e'l rimembrar mi gioca.
Petr[arch]. Canz. XII, St. 2.
Transcribed Footnote (page 206):
(1) Pag. 498.
- Questi fu tal nella sua vita nova
- Virtualmente, ch'ogni abito destro
- Fatto averebbe in lui mirabil prova.
DantePurg[atorio]. XXX, 115.
Nella sua vita nova, idest, nella sua prima età.
Landino, Comm. alla Commedia
Nella sua vita nuova, idest in pueritia.
Benvenuto da Imola.
- Novo augelletto due e tre aspetta,
- Ma dinanzi dagli occhi de'pennuti
- Rete si spiega indarno o si saetta.
DantePurg[atorio]. XXXI, 61.
- Innocenti facea l'età novella.
DanteInf[erno]. XXXIII, 88.
Dice l'autore che la tenera etade nella quale elli erano, li scusava
ec.
L'Ottimo, Com. alla Commedia
Io sono stato tolto da questa che voi chiammate vita, per gl'inganni della
mia novella sposa.
Fir. As. 60.
- Bello era e fresco, e nella nuova etade.
BoccaccioTeseide lib. X, St. 69.
- Un poco pur la tua novella etade.
BoccaccioTes[eide]. lib. IV, St. 7.
- Per la novella età che pur nove anni
- Son queste ruote intorno di lui torte.
Dante, Par[adiso]. XVII, 80.
- E noi in donne ed in età novella
- Vediam questa salute (la gentilezza).
Dante, Canz[oniere]. XVIII, St. 6.
Se per una parte può far meraviglia, come un significato sì facile e
sì naturale non venisse in mente ad alcun di loro, che presero a parlare di
questo Libretto Dantesco, non farà per l'altra meraviglia minore l'intendere come
i seguaci de'Filelfi e de'Bisconi, levando oggi molto arditi la testa, ed affannandosi a
comprovare lo scetticismo di cotesti
Novatori, asseriscano pertinacemente, che la Donna di Dante, come
tutte quelle dagli altri suoi contemporanei, siano una sola e identica allegoria:
sicchè se loro tu presti fede, se'costretto quasi ad inferirne, che un gentile e
naturale amore nel petto di que'grandi uomini fosse una cosa del tutto impossibile. Il buon
Canonico Biscioni pensò (come già molto innanzi pensato aveva Mario
Filelfo), che la Beatrice di Dante non fosse una donna vera e reale, e quindi la Portinari:
Che la Vita Nuova fosse un trattato d'amore meramente intelletuale, senza alcun mescuglio di profano,
e si raggirasse tutta quanta sopra l'allegoria, restando affatto esclusa ogni specie di vera
storia: Che l'oggetto dell'amore di Dante fosse la Sapienza, in largo significato presa, e
poscia individuata alla suprema spezie, o vogliamo dire alla più alta cognizione
dell'umano intendimento, alla quale egli pose nome Beatrice: Che l'amore del Poeta
significhi lo studio, conforme egli ha di propria bocca confessato nel Convito; la subita sollevazione de'tre spiriti, vitale, animale e naturale, alla prima vista
della sua donna, siano i contrasti che si sentono in noi nell'accingersi a malagevole
impresa, e spezialmente nell'età giovanile; il saluto di Beatrice mostri la
capacità alle Scienze, per esser quelle facilmente corrispondenti a chi ha
intelligenza, ed è ben disposto ad apprenderle: Che per le diverse donne, che con
Beatrice s'accompagnano, si debbano intendere le scienze tutte, le quali della medesima
Beatrice sono ancelle; e che la morte del Padre di questa donna si possa credere essere stat
la mancanza del maestro di Dante (2). Tutto questo
però confessando il Biscioni aver detto per un certo zelo che egli ebbe sempre
verso il buon nome di questo so-
Transcribed Footnote (page 208):
(2) Prefaz. alle Prose di Dante, pag. XXVI e
XXXVII.
Sig. 18*
Note: In the original work, quotation marks appear at the beginning of each line containing
quoted text, in the Italian style. But since the lineation of the original has not been
reproduced in this Rossetti Archive edition, quotation marks throughout have been
indicated only at the opening and closing of quotations. --Ed.
vrano autore, e concedendo parimente che la Beatrice Portinari sia stata in
questo mondo, e potesse esser dotata di pregevoli doti, e forse anche ben conosciuta e
praticata da Dante per la vicinanza delle loro abitazioni (3),
pretende nulladimeno mostrare che la Dantesca Beatrice non sia colei nè alcun
altra donna, ma una femmina ideale, a bello studio dal Poeta inventata. Egli
perciò si sdegna contro Gio. Boccaccio, Benvenuto da Imola, Leonardo Aretino,
Cristoforo Landino, il Vellutello, il Daniello, e tutti gli altri biografi ed espositori di
Dante, che credettero reali gli amori di lui colla figlia di Folco
Transcribed Footnote (page 209):
(3) Gli Alighieri abitavano non più di cinquanta passi lontano
da'Portinari, poichè questi avevano le loro case dov'è ora il
Palazzo Ricciardi, già de'Duchi Salviati in via del Corso presso il Canto
de'Pazzi, e quelli abitavano sulla Piazza di s. Martino, e precisamente in sull'angolo
della via che porta a s. Margherita, e le loro case (chè più d'una
ne possedevano) rispondevano in sulla Piazza de'Donati, altrimenti detta della Rena.
Beatrice nacque nell'Aprile del 1266, e dal Testamento di Folco rogato nel 15 Gennajo
1287, e pubblicato dal Richa (Vol. VIII, p. 229) s'apprende che innanzi cotesta epoca ella
era stata maritata a Simone de'Bardi. Ecco la particola del Testamento:
“Item Dominae Bici filiae suae et uxori Domini Simonis de Bardis
reliquit libr. 50 ad floren.”. Qui potrebbe da alcuno farsi una
domanda, ed è questa: come mai Dante, ch'era tanto innamorato di Beatrice non
cercasse di ottenerla in isposa? Si vuol rispondere a ciò: che forse Dante non
avrià omesso di tentarlo, ma che la discrepanza delle loro fortune,
giacchè Folco era doviziossimo, (come quegli che con una parte delle sue
ricchezze potè fondar lo Spedale di s. Maria Nuova) ne sarà stato
probabilmente l'ostacolo.
Portinari, e pensarono che la Vita Nuova prendesse da quelli argomento.
Ma dappoichè il fantastico edifizio del Biscioni incominciò a
ruinare per opera del valoroso Dionisi, e dappoichè fu per altri osservato che se
un'allegoria era la donna di Dante, avrebbonlo dovuto essere pur l'altre de'di lui
contemporanei, che parlando d'amore tenevano tutti egualmente un mistico e platonico
linguaggio, surse ardito il Rossetti a puntellarlo, imprendendo non solo nelle Note alla Divina Commedia, ma altresì, e più ampiamente, in un apposito libro (4) a dimostrare, che Beatrice sì come Giovanna, Selvaggia,
Laura, Fiammetta ec. altro non erano che una personificazione della Potestà
Imperiale, da Dante, Cavalcanti, Cino, Petrarca, Boccaccio ec. invocata dominatrice e
riformatrice d'Italia (5). E dietro alle orme del Biscioni e del
Rossetti non mancarono altri che battessero la stessa via, o piuttoso professassero la
stessa opinione, dacchè niun novello argomento riuscirono a mettere in campo, da
quelli in fuori portati già da que'due loro antesignani. Questo eco recente di un
antico paradosso, rivelando una frivola tendenza ad abbandonare le vie del semplice e del
vero per voglia di raffigurare nelle tradizioni storiche ancor le più ovvie un
carattere simbolico ed allegorico, e tentando e sforzandosi di cancellare Beatrice, Giovanna
e le altre dal novero delle gentili femmine vissute ad ornamento della nostra patria, e ad
ispirazione de'suoi ingegni migliori, mi richiama ad un'accurata analisi critica, e ad una
severa confutazione di esso.
Transcribed Footnote (page 210):
(4) Dello Spirito Antipapale.
Transcribed Footnote (page 210):
(5) “È cosa sicurissima che la donna di questo esercito
d'amatori era una sola.”Rossetti, Comm. di Dante, vol. II. pag.
427, ed altrove).
Il Biscioni ed il Rossetti dicono, che il racconto dell'innamoramento di Dante non si ha
che dal Boccaccio, essendochè Benvenuto, Lionardo, il Landino, il Vellutello, il
Daniello, non altro fecero che ricpoiare le parole di quel primo biografo: perciò
le costoro autorità insieme sommate, non poter dare che un solo. A ciò
primieramente rispondo, non esser vero, che Lionardo Bruni, parlando degli amori giovenili
di Dante, abbia ricopiata la narrazione del Certaldese, perchè quegli studiossi a
tutto suo potere di contradire a quanto il suo predecessore avea di Dante narrato, fino al
punto di esclamare:
Perdonimi il Boccaccio, ma i suoi giudicii sono molto fievoli, e molto
distanti dalla vera opinione.
E in altro luogo narrando come Dante si trovò per la patria a combattere
virtuosamente nella battaglia di Campaldino, soggiunge:
Io vorrei che il Boccaccio di questa virtù avesse fatta menzione,
più che dell'amore di nove anni, e di simili leggerezze che per lui si
raccontano di tant'uomo.
Or bene, se il Bruni, il quale protesta di volere scrivere non un romanzo, ma una
veridica storia dell'Alighieri, ci dirà che Dante nella sua gioventù
fu signoreggiato dalla passione d'amore, ragion vuole che lo si tenga per vero,
nè che lo si reputi detto per una cieca credenza al racconto di colui, al quale
egli cerca in ogni pagina di contradire. Odasi dunque ciò che questo secondo
biografo asserisce: L'Alighieri
fu usante in giovinezza sua con giovani innamorati, ed egli ancora di simile
passione occupato, non per libidine, ma per gentilezza di cuore; e ne'suoi teneri anni
versi d'amore a scrivere cominciò, come si può vedere in una sua
operetta volgare che si chiama Vita Nuova.
Secondariamente rispondo, non esser questi due Scrittori i soli che affermino un simile
innamoramento, ma esservene un altro, ancor più d'essi, au-
torevole, perchè contemporaneo e familiare
dell'istesso Alighieri: ed egli si è l'antico anonimo Commentatore della Commedia, che alcuni chiamano il Buono, altri l'Ottimo. Questi nel proemio al Canto XXX del
Purgatorio ho trovato che dice:
Laicamente si potrebbono sporre a lettera le parole di Beatrice, prendendo lei
per quella Madonna Beatrice, che egli (Dante) amò con pura benivolenza.
E chiosando ilv. 121.
Dice qui Beatrice in riprensione di Dante, che declinando l'Autore a lascivia
e vanitade, ella il sostenne per alcun tempo con la bellezza del volto suo, conducendolo
in parte diritta e virtuosa. E questa lettera ha due sposizioni; l'una puoi riferire, che
egli parli di Beatrice, in quanto ella fu tra'mortali corporalmente, che aveano tanta
forza le sue bellezze su Dante, che toglievano da lui ogni malo pensiero, e inducevano e
cercavano ogni pensiero buono; . . . . . . l'altra è da riferire a spirito ed
intelletto ec.
In terzo ed ultimo luogo io rispondo, che quand'anche non sussistesse alcuna testimonianza
per parte altrui, sarebbero piu che bastanti le parole dell'Alighieri medesimo non tanto
della Vita Nuova, quanto del Convito e della Commedia, a renderne persuasi e certissimi, aver egli provato una profonda passione amorosa,
e la Beatrice della sua giovinezza essere stata una donna vera e reale, e non un ente
immaginario e simbolico. E qui dirò, l'errore del Biscioni, asserisce il
Rossetti, asseriscon altri, che queste tre Opere abbiano fra di loro una stretissima
corrispondenza, e siano dipendenti l'una dall'altra, anzi congiunte e connesse come anelli
d'una stessa, dirò così, catena scientifica, da prima disegnata,e
poscia compita dalla gran mente del
loro Autore. Ma la fallacia di quest'asserzione ci si
farà tosto ben chiara, se si consideri, che allorquando il giovine Dante nella
sua età di ventisei o al più ventisett'anni, compose questo suo primo
libretto, non possedeva punto le Sceinze, nè poteva quindi formare il piano d'un
così vasto e coordinato lavoro scientifico.
Come per me fu perduto, dice egli nel Convito(6),
il primo diletto della mia anima (cioè Beatrice)
io rimasi di tanta tristizia punto, che alcuno conforto non mi valea.
Tuttavia, dopo alquanto tempo, la mia mente che s'aromentava di sanare, provvide . . . . .
ritornare al modo che alcuno sconsolato avea tenuto a consolarsi. E misimi a leggere
quello, non conosciuto da molti, libro di Boezio, nel quale cattivo e discacciato
consolato s'avea. E udendo ancora, che Tullio scritto avea un altro libro nel quale
trattando dell'amistà, avea toccate parole della consolazione di Lelio, . . . .
misimi a leggere quello. E avvegnachè duro mi fosse prima entrare nella loro
sentenza, finalmente v'entrai tant'entro, quanto l'arte di gramatica ch'io avea, e un poco
di mio ingegno potea fare; per lo quale ingegno molte cose, quasi come sogando,
già vedea, siccome nella Vita Nuova si può
vedere.
Qui adunque l'Alighieri ingenuamente confessa, che nella sua giovinezza non
possedeva le scienze, e che all'infuori del proprio ingegno e dell'arte di grammatica, valer
d'altro non si potè per la composizione del suo primo Libro. Ora proseguiamo ad ascoltarlo:
E siccome essere suole, che l'uomo va cercando argento, e fuori della
intenzione trova oro, io che cercava di consolarmi, trovai non solamente alle mie lagrime
rimedio, ma vocaboli d'autori e di scienze e di libri; li quali considerando, giudicava
bene che la filosofia, che era la donna di questi auto-
Transcribed Footnote (page 213):
(6) Pag. 170, e segg.
ri, di queste scienze e di questi libri, fosse somma coas. E
immaginava lei fatta come una donna gentile, e non la potea immaginare in atto alcuno se
non misericordioso. Per che sì volentieri lo senso di vero l'ammirava, che
appena lo potea volgere da quella. E da questo immaginare cominciai ad andare
là ov'ella si dimostrava veracmente, cioè nelle scuole
de'Relgigiosi, e alle disputazioni de'filosofanti: sicchè in picciol tempo,
forse di trenta mesi, cominciai tanto a sentire della sua dolcezza, che il suo amore
cacciava e distruggeva ogni altro pensiero.
Da questo passo avrà il Lettore agevolmente raccolto, che Dante fino a
tre anni dopo morta Beatrice non pervenne a gustare le dolcezze della filosofia, ed a
cangiare il primo verace e naturale amore in un secondo intellettuale e allegorico.
È forza dunque inferirne che la Vita Nuova essendo da lui stata scritta un solo anno appresso la morte di quella donzella che
fu l'oggetto del suo primo amore (7), si aggiri tuttaquanta su
questo e non già sull'altro, del quale non aveva egli per anco provata la
virtù e la posanza. Al Convito poi incominciò l'Alighieri a por mano, compito il corso de'suoi
filosofici studi; nè v'è principio di dubbio che la donna in quel
libro encomiata sia la Filosofia. Ma donde mai la piena certezza di ciò? Dalle
parole di Dante me-
Transcribed Footnote (page 214):
(7) Che la Vita Nuova fu scritta da Dante un anno o due al
più appresso la morte di Beatrice, si deduce dall'ultimo pargrafo del libro
stesso, dal cap. I. del Tratt. I. del Convito, e dallo squarcio superiormente riportato. Anche il Boccaccio narra che Dante la
compose nel suo anno ventesimo sesto; e nel suo ventesimoquarto la vuole composta il
Biscioni. Che il Boccaccio abbia intorno a ciò narrato il vero, e che laVita Nuova sia stata scritta da Dante nel 1291, o nel 1292, lo
proverò pienamente alquanto più sotto.
desimo:
Questa Donna fu figlia di Dio, Regina di tutto, nobilissima e bellissima
Filosofia (8) . . . . . Boezio e Tullio inviarono me
nell'amore, cioè nello studio di questa donna è la Filosofia (9) . . . Si vuole sapere che questa donna è la Filosofia,
la quale veramente è donna piena di dolcezza, ornata d'onestade, mirabile di
sapere, gloriosa di libertade(10). . . . . Questa donna
è quella dello intelletto che Filosofia si chiama (11).
Anche il Biscioni, alloraquando si fa a provare che la donna del Convito è un ente puramente intellettuale, si appoggia a questi passi da me
riportati, ed aggiunge che una veridica storia dell'Alighieri non si può
compiutamente fare se non ricercando da Dante medesimo la verità la vita d'alcuno
o bisogna esser vissuto al tempo di colui, del quale scriver si vuole, ed avere con esso
domesticamente conversato; ovvero fa di mestieri, con istudio e fatica dalle opere di lui, o
da altri legittimi documenti, che autentici dichiarare si possano, le notizie ritrarne
(12). Or se questo dunque insinua il Biscioni, e
perchè poscia non vuole che la storia degli amori di Dante per Beatrice Portinari
si appoggi alle di lui stesse confessioni sparse nelle proprie Opere? perchè non
vuole che le sincere narrazioni della Vita Nuova siano prese alla
lettera, quand'egli prende pure alla lettera le altre del Convito or riportate? Il nome di Beatrice, l'età sua, la morte del Padre, e
quella ancora di lei stessa, le peregrinazioni e infermità di Dante, i fatti e i
detti d'altre donne ec. sono,
Transcribed Footnote (page 215):
(8) Pag. 175.
Transcribed Footnote (page 215):
(9) Pag. 197.
Transcribed Footnote (page 215):
(10) Pag. 197.
Transcribed Footnote (page 215):
(11) Pag. 282.
Transcribed Footnote (page 215):
(12) Pag. IX.
egli dice e asserisce, tutte cose ideali, ed a figura ridurre si
debbono. Ma perchè?
Perchè (egli risponde, e il Lettore noti bene questa magistrale risposta)
perchè elle non furono con più particolari distintivi
specificate dal Poeta
(13). Ma Dio buono è egli possibile di bevere
così grosso? è egli possibile di produrre in buona fede di cotali
ragioni? E sarà egli d'altronde possibile, che un Lettore sensato voglia
più prestar fede agli altrui sogni che non al proprio discernimento? Narra in
questo suo LIbretto l'Alighieri, che la prima volta che Beatrice apparve davanti a'suoi
occhi, non aveva ancor nove anni d'età: narra che essa era di sì
nobili e laudabili portamenti, che di lei poteano dirsi quelle parole d'Omero “
Ella non pare figlia d'uom mortale, ma di Dio”: narra che se trovavasi in luogo, ov'ella fosse, un repentino tremore
per tutta la persona assalivalo: narra che abbenchè Amore baldanzosamente il
signoreggiasse, tuttavolta la bella immagine della sua amata non sofferiva, che ei lo
reggesse senza il fedle consiglio della ragione: narra che egli cercava con ogni studio di
celare altrui que t'amore, e che d'altre donne fingendo essere innamorato, fece d'esse
schermo alla verità attalchè molti non conoscendo la femmina per cui
distruggevasi, non si sapeano come chiamarla: narra che compose un Serventese in lode delle
sessanta più belle donne della città, fra le quali collocò
pure la donna sua: narra che uno de'piu grandi suoi desiderii era quello di venir da lei
salutatu: narra che un dì la vide venire appreso Giovanna, la donna del
Cavalcanti, e che quand'ella passava per via, tutti le si facean d'attorno per ammirarla:
narra infine che essa morì il 9 Giugno del 1290 nella giovanile età di
cinque lustri, e che egli a disacerbare alquanto l'im-
Transcribed Footnote (page 216):
(13) Pag. XII.
menso dolore ch'erasi fatto distruggitore dell'animma sua, scrisse la Canzone
Gli occhi dolenti ec.
Questi e cento altri piccoli fatti, dettagli ed aneddoti che si rinvengono nella Vita Nuova, potrann'eglino forse non dirsi bastantemente dal Poeta
specificati? potrann'eglino forse
ridursi a figura? Ma il Biscioni
insiste e sentenzia: essere inverisimile che Beatrice fosse una donna vera,
perchè Dante chiamolla la gloriosa Donna non del suo cuore ma sibbene della sua
mente, vale a dire dell'intelletto(14); perchè
dissela desiderata in cielo dagli Angeli e da'Santi, ove null'altra mancanza avevasi che di
lei (15); perchè la predicò
distruggitrice di tutti i vizj, e regina delle virtù (16), e la credè un numero nove, cioè un miracolo della
Santissima Trinità (17) ec., prerogative nobilissime
ed eccelentissime, confacevoli solo a creatura più che umana e mortale (18). Or io domando al Biscioni, se quella Laura, la quale egli dice
trovare grandissimamente differente da Beatrice (19),
perciocchè fu una
Transcribed Footnote (page 217):
(14) “Quando alli miei occhi apparve prima la gloriosa donna
della mia mente”. (Vita Nuovapag. 3.)
Transcribed Footnote (page 217):
(15) “
- Lo cielo che non have altro difetto
- Che d'aver lei, al suo Signor la chiede.
- . . . . . . . . . . . .
- Madonna è desiata in l'alto cielo.
”Canz. I.
Transcribed Footnote (page 217):
(16) “Quella gentilissima, la quale fu distruggitrice di tutti i
vizj, e reina delle virtù ec.” (Vita Nuovapag. 15).
Transcribed Footnote (page 217):
(17)“Questa donna fu accompagnata dal numer nove a dare ad
intendere ch'ell'era un nove, cioè un miracolo, la cui radice è
solamente la mirabile Trinitade”.(Vita Nuovapag. 55).
Transcribed Footnote (page 217):
(18) Biscionipag. XIII, e XXXI.
Transcribed Footnote (page 217):
(19) Pag. XII.
vera donna, non riscotesse dall'innamorato Petrarca le medesime
enfatiche ed iperboliche lodi. Apriamo il di lui Canzoniere, e lo vedremo ben tosto:
- Gentil mia donna, io veggio
- Nel mover de'vostri occhi un dolce lume,
- Che mi mostra la via, che al ciel conduce.
- . . . . . . . . . . . . . .
- Quest'è la vista ch'a ben far m'induce,
- E che mi scorge al glorioso fine.
- . . . . . . . . . . . .
- Chi vuol veder quantunque può Natura
- E'l Ciel fra noi, venga a mirar costei.
-
10. . . . . . . . . . . . .
- Non era l'andar suo cosa mortale
- Ma d'angelica forma.
- . . . . . . . . .
- . . . . Laura mandata in terra
- A far del ciel fede tra noi.
Se alcuno mi domandasse il perchè (aveva giàdetto il Dionisi) il
perchè, essendo Beatrice una femmina
- In carne, in ossa e colle sue giunture,
Dante ne abbia parlato nella Vita Nuova in un mondo quasi del
pari maraviglioso, come se fosse la donna del Convito: per questo appunto, risponderei, che Dante era poeta, celebrò Beatrice
poeticamente con lodi superiori alle umane. Ma essendochè in quella prima etade
non aveva egli la cognizione delle scienze, lodolla quanto sapeva e poteva col solo lume
della ragione, descrivendo in questo suo Opuscolo un amore razionale e metafisco, non quale
in fatti esso era, ma quale doveva o poteva essere dalla scorta fedele condotto della
ragione. Ma poi ch'egli s'ebbe dato allo studio, cioè all'amore della Filosofia,
lodò e celebrò altamente questa quasi seconda donna nel suo Convito e nelle sue filosofiche Canzoni con tutto il lume ch'egli avea
di scienza e d'arte. Finalmente nella poetica e presso che divina
visione da lui descritta nella Commedia, tornò a lodar la sua prima donna, cioè Beatrice, fatta
già cittadina del regno de'Beati, col lume sovrannaturale e scientifico della
fede.
Quali effetti producesse in Dante quel primo amore per la Portinari, il quale altro non
era che una naturale inclinazione d'un cuor gentile per donzella adorna di tutti i pregi, il
palesa egli stesso quando racconta, che considerando nell'oggetto amato un modello di
bellezza, d'onestà e di virtù, si elevarono le sue idee e si posero
con esso a livello; senti quindi in sè medesimo un cambiamento, nè
più trovò l'uomo di pria. Sublimandosi la sua mente, il suo affetto
altresì infermossi di spiritualità e di purezza, come la sua
volontà acquistò rettitudine ed energia. Laonde egli asseriva che il
saluto di Beatrice, il quale era il massimo suo desiderio, operava in lui mirabilmente e
virtuosamente (20); e diceva, buona essere la signoria d'amore;
perchè trae l'intendimento del suo fedele da tutte le vili cose(21). Simili concetti esprimeva nelle sue Canzoni, esclamando:
- Io giuro per colui
- Ch'Amor si chiama, ed è pien di salute,
- Che senza oprar virtute
- Nissun puote acquistar verace loda.
Canz. XV, St. V.
- Da te (Amor) convien che ciascun ben si muova,
- Per lo qual si travaglia il mondo tutto;
- Senza te è distrutto
- Quanto avemo in potenza di ben fare.
Canz. VIII St. I.
Il sistema immaginato da Platone sulla grada-
Transcribed Footnote (page 219):
(20) Pag. 15.
Transcribed Footnote (page 219):
(21) Pag. 19.
Note: Footnote 22 runs onto next page in original text. --Ed.
zione delle bellezze, per cui l'anima inalzandosi dalla contemplazione del
bello materiale e visibile a quella del bello spirituale ed invisibile, trova la sua
felicità nel distaccamento da'sensi, e nella calma delle passioni, era in moda
nel secolo cavalleresco dell'Alighieri. Non già che i dotti di
quell'età avessero in generale attinte quelle loro sublimi o piuttosto
fantastiche idee dai libri del Greco Filosofo, perciocchè allora erano poco o
punto conosciuuuti in Italia, ma aveanle ricavate da quelli di S. Agostino. Le Opere di
questo Padre tutto Platonico formavano in gran parte la Fiolsofia di que'tempi, e quelle
parloe
disce amare in creatura Creatorem, et in factura Factorem furon bastanti per fondarvi sopra tutti i sistemi amoros-platonici de'nostri primi
rimatori entusiasti. Gli omaggi del cuore e della mente venivano quindi da essi accompagnati
con una specie di culto. Eglino non cessavano di ripetere che niente più amavano
nelle loro donne, quanto le bellezze interiori dell'anima: che i loro spiriti d'un'origine
celeste si cercavano e si vagheggiavano qui in terra senza alcuna mescolanza
d'impurità e di materia: che se talvolta il loro entusiasmo sembrava tropp
esaltarsi in vista della fisica bellezza, ciò non era, dicevan essi, che in
virtù dell'estasi sublime che eccitavasi in loro all'aspetto delle prodigiose
fatture dell'Onnipotenza e dei capi d'opera di perfezione che il cielo si compieceva di
mostrare alla terra. Per ciò appunto, e'dicevano, la somma Sapienza formando col
suo potere l'Universo, volle nelle sue creature farsi in parte visibile all'Uomo, e volle in
esse splendere in cotal guisa, affinchè allettando gli occhi del corpo,
invaghisse quelli dell'intelletto ad inalzarsi per insino a Lei (22). Ond'è che ogni amore naturale o intellet-
Transcribed Footnote (page 220):
(22)“
- Ciò che non muore, e ciò che può
morire,
- Non è se non splendor di quella idea
- Che partorisce amando il nostro Sire.
”
Dant[e]. Par[adiso] XIII, v. 52.
“
- Io veggio ben sì come già risplende
- Nell'intelletto tuo l'eterna luce,
- Che vista sola sempre amore accende;
- E s'altra cosa vostro amor seduce,
- Non è se non di quella alcun vestigio
- Mal concsciuto che quivi traluce.
”
Parad[iso]. V, 7.
Sig. 19*
Note: Footnote 24 runs onto next page in original text. --Ed.
tuale, ovvero umano o divino, asserivano essere senza errore (conforme
l'assomia,
opus naturae, opus intelligentiae non errantis), e supponevano
prender origine dalla prima mente, e ad essa dover ritornare (23). Tale era il linguaggio del Platonicismo amoroso, assai familiare nel Parnaso
Italiano fino dal tredicesimo Secolo, e che durò per insino al decimosesto
((24).
Transcribed Footnote (page 221):
(23)“
- Amor che muovi tua virtù dal Cielo
- Come'l Sol lo splendore.
”
Dant[e]. Canz. VIII, 1.
“
- La beltate ch'Amore in voi consente
- A virtù solamente
- Formata fe dal suo decreto antico.
”
Canz. XVI, St. 1.
Transcribed Footnote (page 221):
(24) Il Salvini illustrando que'versi del Petrarca
Aprasi la prigione ov'io son chiuso, E che'l cammino a tal vita mi
serra,
dice: “Questi sono i misteri della Platonica filosofia, e non
che uno s'abbia a fissare in amando tutto il tempo di sua vita una creatura, senza mai
cercare di levarsi a migliore, più sublime, più conveniente e
più bello senza comparazione e più amabile oggetto. Scala non
è dunque questa del tutoo immaginaria, ma presa pel suo verso, e non abusata
viene ad essere assai più vicina a buoni e non adulterati nè falsi
mistici e alla dottrina de'nostri contemplativi, che sino dalle cose irrazionali prendono
di continuo motivi ed occasione beata di portarsi in Dio, e dalla moltitudine delle cose
di quaggiù ridursi all'Uno di lassù
anagogicamente”.
Note: Footnote 25 runs onto next page in original text. --Ed.
Così Giovanni dell'Orto Aretino, che fiori nel 1250, cantava
- Amor solo, però ch'è conoscente
- D'alma gentile e pura,
- Sovr'essa gira, e pur ad essa torna;
- E poi ch'è giunto a lei immantinente,
- D'un ben sovra natura
- Perfettamente lei pasce ed adorna.
Così Loffo Bonaguida:
- Che Iddio vi formò pensatamente
- Oltre natura ed oltre uman pensato.
Così Guittone d'Arezzo:
- Che non può cor pensare,
- Nè lingua divisare
- Che cosa in voi potesse esser più bella.
- Ah Dio! com'sì novella
- Puote a esto mondo dimorar figura,
- Ched'è sovra natura?
- Che ciò che l'uom di voi conosce e vede,
- Somiglia per mia fede
- Mirabil cosa a buon conoscitore
(25).
Transcribed Footnote (page 222):
(25) Anche nella sua lettera V diretta a una donna, Guittone adopra consimili
espressioni: “Gentil mia donna, l'onnipotente Dio mise in voi
sì maravigliosamente compimento di tutto bene, che maggiormente sembrate
angelica creatura che terrena in detto ed in fatto, e in le sembianze vostre tutte, che
quant'uomo vede di voi sembra mirabil cosa a ciascun buon conoscidore. Perchè
non degni fummo che tanta preziosa e mirabile figura, come voi siete, abitasse intra
l'umana generazione d'esto secolo mortale, ma credo che piacesse a Lui di poner voi tra
noi per fare maravigliare ec.”.
Così il Cavalcanti nella Canz. VIII e II.
- Amore che innamora altrui di pregio,
- Da pura virtù sorge
- Dell'animo, che noi a Dio pareggia.
- . . . . . . . . . . . . .
- Di questa donna non si può contare;
- Che di tante bellezze adorna viene
- Che mente di quaggiù non la sostiene.
Così Cino da Pistoja nella Canz. I.
- Quando Amor gli occhi rilucenti e belli,
- Ch'han d'alto fuoco la sembianza vera,
- Volge ne'miei, sì dentro arder me fanno,
- Che, per virtù d'Amor, vengo un di quelli
- Spirti, che son nella celeste sfera.
- . . . . . . . . . . . . .
- Dal lampeggiar delle due chiare stelle . . . .
- Prende il mio cuore un volontario esiglio
- E vola al Ciel tra l'altre anime belle.
-
10. . . . . . . . . . . . .
- Donna, i vostri celesti e santi rai
- Vedendo avvolto in tenebre il mio core
- Immantinente il fer chiaro e sereno;
- E dal carcer terreno
- Sollevandol talor, nel dolce viso
- Gustò molti de'ben del Paradiso.
ed altrove
- Come poteva d'umana natura
- Nascere al mondo figura sì bella
- Com'voi, che pur maraviglia mi fate?
- Credo che in ciel nascesse esta soprana
- E venne in terra per nostra salute.
- . . . . . . . . . . . . .
- E par che sia una cosa venuta
- Di cielo in terra a miracol mostrare
(26).
Io non dirò che questo fosse il vero modo di trattare l'amore, e che qu'primi
italiani poeti rinvenissero un bello sconosciuto a Tibullo e a Properzio; ma dirò
solo che tale si era il mistico e bizzarro gusto del tempo. Perciò l'Alighieri,
non tanto dalla sua elevata fantasia, e dalla nobiltà del suo animo, quanto
dall'esempio de'suoi contemporanei, fu spinto a sublimare l'affetto per la sua donna, e a
far di essa un essere meraviglioso e più che terreno. Che se a ciò
avesse voluto por mente il Biscioni, non avrebbe mosso tante dubbiezze intorno Beatrice,
nè avrebbe prodotta quella sua speciosa opinione intorno l'amore del divino
Poeta, affannandosi tanto nel torgli di dosso una taccia che egli ha comune con tutto il
genere umano, e sforzandosi nel far creder che uno solo ed identico, cioè quello
della Sapienza, sia stato l'amore, ch'egli ha sì vivamente descritto in tutte e
quattro le sue opere italiane, la Vita Nuova, il Canzoniere, il Convito, e la Divina Commedia. Parecchi dati storici, parecchie deduzioni, e parecchi argomenti stanno per me a
proavr questo: che Dante dopo avere ne'suoi più verdi anni amato Beatrice
Portinari non per libidine, ma per gentilezza di cuore, si diede nella sua
gioventù alla passione e allo studio della Filosofia morale ch'è la
bellissima femmina del Convito, e da questo passò poi facilmente all'amore della celeste Sapienza o
Scienza delle cose divine, simboleggiata nella gloriosa Beatrice della Commedia.
Transcribed Footnote (page 224):
Tutti sanno in quanto gran numero furono in Italia i servilii imitatori del Patrarca, e
perciò non sopraccarico il mio discorso con inutili citazioni.
E se io di leggieri vorrò concedere, che gli ultimi
due amori possano prendersi l'uno per l'altro e identificarsi, non vorrò
nè porò concedere altrettanto del primo, accettando per buone e per
vere le ragioni del Biscioni e de'suoi illusi seguaci, percicchè io tengo
opinione che possa fino all'ultima evidenze mostrarsi come due, cioè il naturale
e l'intellettuale, siano stati gli amori di Dante Alighieri: della qual cosa a far persuasi
color che di tali ricerche prendon vaghezza, stimo conveniente il ragionare alcun poco.
Più volte dice Dante nella Vita Nuova, nel Canzoniere ed anco nella Commedia, che egli erasi innamorato di Beatrice fino dalla sua puerizia:—
Nove fiate appresso il mio nascimento era tornato lo cielo
della luce quasi ad un medesimo punto
(cioè erano trascorsi quasi nove anni),
quando alli miei occhi apparve prima la gloriosa donna della mia mente, la
quale fu chiamata Beatrice
(Vita Nuovapag. 3).—
E Amore mi dicea queste parole . . . . . . voglio che tu
dica certe parole per rima, nelle quali tu comprenda la forza ch'io tegno sopra te per
lei
(per Beatrice),
e come tu fosti suo tostamente dalla tua puerizia (Vita Nuova, pag. 17).—
La mia persona parvola (pargoletta)
sostenne Una passion nuova, E a tutte mie virtù fu posto un
freno
(Canz. X, st. V).—
Nella vista mi percosse L'alta virtù che
già m'avea trafitto Prima ch'io fuor di puerizia fosse
(Purg[atorio]. XXX, 40.—Altrove poi egli dice (e lo abbiamo veduto
più sopra da uno squarcio del Trattato II del Convito), che s'innamorò della Filosofia ovvero della Sapienza, qualche cnno
appresso la morte della Portinari, avvenuta (narra egli stesso) il 9 Giugno del 1290; le
quali cose valgogno a significare che Dante s'innamorò della Filosofia in
età pressochè di sei lustri. Qui pertanto abbiamo due innamoramenti,
l'uno da giovinetto,
l'altro da adulto: dunque (e la deduzione è facile)
l'Amore di Dante non è stato uno solo: dunque il secondo era tutt'altro che il
primo.
Fastidium est in rebus manifestissimis probationes adducere, dice il nostro Alighieri nel terzo libro della Monarchia: nulladimeno prendendoci
di buona voglia questo fastidio, proseguiremo ad ascoltare lo scrittore medesimo, e
così la nostra certezza vedremo farsi sempre più maggiore.—
Certo sono (egli esclama nel Tratt. II. cap, 9 del Convito)
Certo sono ad altra vita migliore dopo questa passare, là dove
quella gloriosa donna
(la beata Beatrice, da lui poco innanzi nominata)
vive, della quale fu l'anima mia innamorata quando contendea. Chi pretende che tutti gli amori di Dante siano allegorici, dice, come ho
già notato, non esser giammai esistita l'innamorata dell'Alighieri, e per essa
doversi intendere la Filosofia o la Sapienza. Ma se la donna di Dante, rappresentata sotto
il nome di Beatrice, è sempre, e non altrimenti, la Filosofia, come mai nel tempo
istesso che egli dichiara, e ad ogni momento protesta di esserne innamorato, qui dice che
già lo fu? Non è egli da ciò evidente, che Dante
è stato invaghito prima d'una femmina, e poscia d'un'altra, l'una corporea,
cioè Beatrice figlia di Folco Portinari, la seconda simbolica ed intellettuale,
cioè la Sapienza? Ed avvertasi che l'Alighieri dopo aver detto che di Beatrice
fu l'anima sua innamorata, aggiunge,
quando contendea, ad indicare che la sua anima ne fu innamorata per tutto quel tempo, nel quale la
potenza sensitiva contese coll'intellettuale, fino a che questa ebbe su quella vittoria.
Si considerino ancora questi altri squarci del Trattato Il del Convito, trattato scritto da Dante appenachè compiti i Filosofici studj ebbe
cambiato il primo naturale amore in un secondo spirituale; e si giudichi se in essi non
abbia assai chiaramente
parlato di due amori, l'uno susseguito all'altro, e il primo dal
secondo affatto differente:
A pieno intendimento di queste parole, Io vi dirò del cor la novitate, Come l'anima trista piange in lui ec.,
dico che questo non è altro che un frequente pensiero a questa
nuova donna commendare e abbellire; e quest'anima non è altro che un altro
pensiero
(il naturale),
accompagnato di consentimento, che repugnando a questo (lo spirituale)
commenda e abbellisce la memoria di quella Beatrice (pag. 139) . . . . . .
Poi quando dico, Or apparisce chi lo fa fuggire,
narro la radice dell'altra diversità, dicendo siccome questo
pensiero di sopra suole essere contrario; che naturalmente l'uno contrario fugge l'altro;
e quello che fugge mostra per difetto di virtù fuggire . . . Susseguentemente
mostro la potenzia di questo pensiero nuovo ec.
(pag. 146.)
Cominciai tanto a sentire della dolcezza della Filosofia, che il suo amore
cacciava e distruggeva ogni altro pensiero: per ch'io sentendomi levare dal pensiero del
primo amore alla virtù di questo, quasi maravigliandomi apersi la bocca nel
parlare della proposta Canzone, mostrando la mia condizione sotto figura d'altre cose,
perocchè della donna di cui io m'innamorava non era degna rima di volgare
alcuno palesemente parlare
(pag. 173). Questi squarci, parmi, com'ho detto, che parlino chiaro abbastanza; ma
vogliamo noi da Dante una qualche dichiarazione ancor più sicura ed evidente
delle altre addotte? Eccone due:
Pensai che da molti sarei stato ripreso di levezza d'animo, udendo me essere
dal primo amore mutato. Per lo che a torre cia questa riprensione, nullo migliore
argomento era che dire qual era quella donna che m'aveva mutato
(pag. 210).
Dico ed affermo che la donna di cui m'innamoraiAPPRESSO LO
PRIMO AMORE, fu la bellissima e onestissima figlia dell'Imperatore
dell'Universo, alla quale Pittagora pose nome Filosofia
(pag. 201). Dal periodo infatti che trovasi sul finire della Vita
Nuova, e che dice:
Apparve a me una mirabil visione, nella quale vidi cose che mi fecero proporre
di non dir più degnamente trattare di lei ec.
apparisce evidentemente che appena estinta Beatrice, cominciava l'Alighieri a
cambiare il suo amore, e a dargli una nuova e più sublime direzione;
poichè applicatosi con quanto studio poteva all'acquisto delle filosofiche
discipline (27), mirava già a far l'apoteosi della
gentile donzella, col celebrarne in un grandioso Poema le virtù, anzi col formar
di lei la Sapienza medesima. Questo secondo amore che, non v'ha dubbio, dee dirsi totalmente
spirituale, nuovo di forma e di sostanza, da Dante veramente creato e sentito, siccome dal
Petrarca forse pure immaginato, fu quello che ogni influenza sulla mente innamorata
operando, divenne in lui principio e seme d'ogni ben fare, stimolo a virtù,
eccitamento a valore, e fonte di tanti concetti impossibili a formarsi da ogni altro umano
discorso; amore infine, il quale levandolo da queste nebbie terrestri, il fe'poggiare sopra
il cielo, e quivi contemplando l'ultimo nostro desio indiarsi. Ma tanto è vero
che la Beatrice, della quale ei volle formare quell'altissimo simbolo, era stata pur troppo
una donna, sì come le altre, mortale, che tale ella stessa si manifesta
ripetutamente ancor nella Divina Commedia.
Nel Canto XXX e XXXI del Purgatorio, rimproverando a Dante i suoi mondani trascorsi, Beatrice va dicendo così:
- Sì tosto come in su la soglia fui
- Di mia seconda etade, e mutai vita,
- Questi si tolse a me, e diessi altrui.
- Quando di carne a spirto era salita
- E bellezza e virtù cresciuta m'era
- Fu'io a lui men cara e men gradita.
Avvisti qui il Lettore fra le altre quell'espressione non punto equivoca
Quando di carne a spirto era salita; e poscia consideri queste altre che seguono:
- O Dante,
perchè me'vergogna porte
- Del tuo errore, e perchè altra volta
- Udendo le Sirene sie più forte,
- Pon giù'l seme del piangere ed ascolta;
- Sì udirai com'in cotraria parte
- Muover doveati mia carne sepolta.
- Mai non t'appresentò natura ed arte
- Piacer, quanto le belle membra, in ch'io
- Rinchiusa fui, e ch'or son terra sparte:
-
10E se'l sommo piacer sì ti fallìo
- Per la mia morte, qual cosa mortale
- Dovea poi trarre te nel suo disìo?
Se Beatrice era dunque un essere di carne, che presso al secondo stadio della sua
esistenza mutò vita, e divenne spirito; se la natura non avea mai fatto tanto di
bello quanto eran belle le membra nelle quali quell'essere animato stava rinchiuso, e le
quali divennero ben presto terra e cenere, non è egli veramente da dirsi e
asseverantemente da ripetersi, che la Beatrice del giovine Dante fosse una donna vera, in
carne e in ossa e colle sue giunture? Se nel Serventese dall'Alighieri composto, e che oggi
sventuratamente è perduto, erano celebrate le sessanta più belle donne
fiorentine, fra le quali stava pure Beatrice, come mai potrà egli asserirsi che
sola quest'ultima non fosse una donna? E se Beatrice
non fosse stata infatti una donna, come mai avrebbe potuto Dante esclamare
- Dal primo giorno ch'io vidi il suo viso
- In questa vita ec.?
Parad[iso]. XXX, 28.
- Dice di lei Amor: cosa mortale
- Com'esser puote sì adorna e pura?
Canz. I., st. 4.
Come mai avrebbe temuto cotanto, che ella morisse, raccontando,
- Che sospirando dicea nel pensiero:
- Ben converrà che la mia donna mora;
Canz. II, st. 3.
e che questo pensiero mettea in lui gravissimo shigottimento? Come mai in una grave
malattia di Beatrice avrebbe indiretto una Canzone alla Morte, supplicandola a rattenere il
colpo già mosso contro di lei? Come raccontare ch'ella aveva un fratello, da cui
fu pregato a comporre alcun verso in morte di essa? Come confessare di aver cominciato a
sentire un qualche affetto per un'altra gentil femmina un anno appresso la dipartita di
quella prima(28)?
Queste obiezoni che io faccio ai seguaci del buon Canonico, non sono appena una
metà di quelle che potrei loro fare, e che qui non riporto per non tediare di
troppo il mio Lettore. Il quale se vorrà finir di convincersi che la Beatrice
della Vita Nuova era una donna che mangiava e beveva e vestia panni, non avrà da far
altro che per un poco considerare il seguente Sonetto, scritto da Dante nella sua
adolescenza, e da lui indirizzato al suo primo amico Guido Cavalcanti:
- Guido, vorrei, che tu, Lapo ed io
- Fossimo presi per incantamento,
- E messi in un vascel, ch'ad ogni vento
Transcribed Footnote (page 230):
(28) Vita Nuova, pag. 63, eConvito, pag. 101, 102.
- Per mare andasse a voler vostro e mio;
- Sicchè fortuna od altro tempo rio
- Non ci potesse dare impedimento,
- Anzi vivendo sempre in un talento,
- Di stare insieme crescesse'l desìo.
- E Monna Vanna, a Monna Bice poi
-
10Con quella ch'è in sul numero del trenta
- Con noi ponesse il buono incantatore;
- E quivi ragionar sempre d'amore,
- E ciascuna di lor fosse contenta,
- Siccome credo che sariamo noi.
La
Bice quì nominata è, come ognuno conosce,
la Beatrice di Dante;
Vanna o Giovanna era l'amorosa di Guido Cavalcanti;
quella
ch'e in sul numero del trenta, cioè quella che nel
Serventese in lode delle sessanta belle fiorentine cadeva in sul numero trenta (come la
Beatrice, apprendiamo dallaVita Nuova, cadeva in sul numero nove),
era la donna di Lapo Gianni, la quale, se non erro, chiamavasi Monna Lagia. Potrà
egli mai il Lettore supporre, che fra queste femmine fiorentine la sola Beatrice fosse una
Scienza od un Simbolo, e che Dante volesse condurla seco a diporto, come nel Sonetto si
esprime? Se tale d'altronde fosse da dirsi colei, converrebbe dir tali, cioè
simboli e scienze, anche le amanti di Guido e di Lapo, e così una grande
stranezza condurrebbe ad un'altra maggiore, come di fatto ha condotto il Rossetti, il quale
s'è dato affatto a credere, che le donne de'nostri primi Poeti siano tutte
fantastiche e ideali (29), e che il linguaggio da essi tenuto
sia un gergo convenzionale e furbesco della setta ghibellina o imperiale.
Io non denego punto a questo moderno interpe-
Transcribed Footnote (page 231):
(29)“La Donna di Guido Cavalcannti era la stessa che quella di
tutti gli altri allegorici Rimatori”.Rossetti vol II, pag. 471.
tre la lode di uomo dottissimo e assai studioso delle opere del
divino Poeta e degli altri nostri antichi Scrittori: affermo anzi che molte cose pertineti
alla storia siano da esso state ben vedute, e ben dichiarate nella Divina Commedia, e presentate al Lettore con un apparato imponente d'erudizione storica e
filologica: nientedimeno quella effrenata intemperanza di novità, che lo ha
portato a rinvenire un gergo settario in un linguaggio erotico-platonico, che al
più potrà dirsi iperbolico, è ciò che non puossi
consentire da chi non è timido amico del vero. Forte mi duole, che ad un llustre
figlio d'Italia balestrato dalle fortune plitiche nelle nebbie del Settentrione, e tuttavia amantissimo
- Di questa terra,
- Che fuor di se lo serra,
- Vuota d'amore, e nuda di pietade,
io sia costretto in questa disquisizion letteraria a dimostrarmi contrario: ma l'amore
ch'io porto agli scritti ed alla fama di Dante, mi chiede imperiosamente, ch'io dimostri
l'insussistenza del sistema Rossettiano: sistema che il forte e sublime linguaggio del Poeta
divino riduce a quello meschinissimo de'logogrifi e degli acrostici, e che, come il nordico
fantastico miticismo, minaccia d'operare nella filologia e nella esegesi storica e
letteraria, una dannosissima e vergognosa rivoluzione. Della quale insussistenza se io qui
non terrò lungo discorso, avvegnachè me lo riserbi a tempo e luogo
più opportuno, darò per lo meno un cenno in ciò che possa
aver relazione al presente Libro della Vita Nuova.
Avevano i Ghibellini (dice il Rossetti (30) )
un gergo convenzionale, a tutti i più distinti lor personaggi
comune, per mezzo del quale fingendo par-
Transcribed Footnote (page 232):
(30) Vol. II, p. 351.
lar d'una cosa, parlavano d'un'altra, e così riuscivano a tener
fra loro non interrotta comunacazione . . . . . Secondo codesto gergo il Ghibellinismo fu
detto
Vita,
ed il Guelfismo Morte:
perciò
Dante chiamò
Vita Nuova
il nuovo corso di sua vita politica, e Nascimento
appellò l'istante in cui v'entrò(31). Altrove poi il Rossetti contradicendosi narra (32), che
Dante ancor giovinetto cantò rime d'amore, e fece una specie di
romanzo sparso di prosa e di poesia, che intitolò la
Vita Nuova,
cioè il suo innamoramento, che
diè quasi un nuovo corso alla sua vita.
Senza ch'io mi diffonda a far rilevare minutamente la contadizione, in cui questo
Scrittore è caduto, dirò che il titolo
Vita Nuova non altro suonando (siccome più sopra ho pienamente provato) che
Vita giovanile, distrugge quel di lui supposto: che accenni un
Nuova corso di vita politica, cioè di vita ghibellina. E on ha egli il
Rossetti daltronde veduto, oppur non ha voluto vedere, come quello ch'ei chiama nuova vita
politica, e che io dico innamoramento dell'età giovanile, ebbe luogo, per quanto
lo stesso Autore in quest'istesso Libro racconta, nella sua età d'anni nove? Qual
conseguenza, secondo quel peregrino supposto, verrebbe da ciò? Che Dante fino ad
oltre gli otto anni fu guelfo, e in sul compire de'nove si fe'ghibellino!!!
Donna o Madonna (segue a dire il Rossetti (33) )
chiamavano i Ghibellini la Potestà Imperiale, ed a questa ciascuno
applicava un nome proprio, che, secondo la mente sua, avesse un qualche senso allegorico.
Questa donna, cioè Domina, era per conseguenza quella mente dominatrice, quella
sapienza generale, per la quale la terra tutta regger si do-
Transcribed Footnote (page 233):
(31) Vol. II., pag. 355.
Transcribed Footnote (page 233):
(32) Vita di Dantepag. XXXVII.
Transcribed Footnote (page 233):
(33) Vol. II., pag. 355.
vesse, concentrata in un sol uomo potentissimo, immagine di Dio
regolator dell'Universo.
Quindi conseguita che la Beatrice di Dante è un vocabolo ideale e
fittizio, da essolui immaginato per servire all'allegoria, e uniformarsi al gergo della
fazione imperiale(34). Ma se tale si è questa
femmina, e perchè il Rossetti ci dice (35): che Dante
fornito d'animo assai gentile fu sommamente inclinato all'amore, a cui
dobbiamo i più grandi poeti;
e che
il suo primo affetto fu la fanciulla Beatrice Portinari, di cui
s'invaghì prima ch'ancor di puerizia uscisse
; e che
la morte glie la rapì, ed ei la pianse amaramente? E perchè ci dice altrove (36) parlando
della Commedia:
In questo viaggio misterioso Dante avea bisogno d'una guida; Virgilio era il
suo autor prediletto, Beatrice fu l'adorata sua donna; e quindi chiamò l'uno e
l'altra ad accompagnarlo?
Asserisce poi questo Scrittore, e di frequente ripete, che la paura del Papa e del Guelfo
partito fu quella che ai Ghibellini fe'rinvenire quel linguaggio convenzionale, furbesco e
anfibologico, il quale non dovesse porsi in uso che dagl'iniziati ne'loro misteri,
nè potesse essere inteso da'guelfi loro nemici. Scopo di questa
filosofico-poetica setta era quello di stabilire l'unità dell'Italia, e in un col
reggimento civile riformare la disciplina ecclesiastica per il bene della patria loro, e
della umanità(37). Grande per altro era la gelosia,
con cui i segreti di questa setta venivano custoditi; ed a ragione; perciocchè
trattavasi della vita (38).
Donna o
Madonna
Transcribed Footnote (page 234):
(34) Nel Commento alla Commedia e nello Spirito Antipapale,
passim.
Transcribed Footnote (page 234):
(35) Vita di Dantepag. XX.
Transcribed Footnote (page 234):
(36) Vita di Dantepag. XXXI.
Transcribed Footnote (page 234):
(37) Vol. II, pag. 312.
Transcribed Footnote (page 234):
(38) Vol. II, pag. 405.
chiamavan essi (com'ora ho notato) la Potestà
Imperiale,
Vita il Ghibellinismo,
Morte il Guelfismo o
Papismo,
Salute l'Imperatore,
Iddio l'Impero ec.; e
spesso per significare le stesse cose usavano vocaboli equivalenti, e così a
Vita sostituivano
Cortesìa da
Corte, perchè l'Imperatore n'era il capo; a
Morte
sostituivano
Pietà da
Pietas Religione,
perchè regolatore n'era il Papa.
Amore poi, parola che offriva
loro due proprietà, poichè tronca (
Amor) invertesi e
dice
Roma, intera dividesi e dice
Amo Re, significava
l'affetto per l'Imperatore e l'Impero (39). Ond'è
che questo moderno Interpretre non può tenersi dall'esclamare:
Quanta e qual era la paura di Dante, che occhio profano non giungesse a
leggere nell'anima sua il vero senso del suo amore
, cioè del suo ghibellinismo!
Della Morte ei tremava in doppio senso e tutti di quella setta doveano avere
lo stesso batticuore! Essi si vigilavano a vicenda con non interrotta sentinella, e misero
chi si lasciasse fuggir dalle labbra un sol motto che potesse compromettere la pace di
tutti gli altri! Non vi era per lui luogo di rifugio, e il solo suo silenzio eterno potea
trarre gli altri d'affanno
(40)!
Cotesti antichi poeti ghibellini erano dunque, secondo il Rossetti, paurosi cotanto della
guelfa potenza, che a manifestarsi vicendevolmente i loro sentimenti non aveano altro
espediente, che quello d'un gergo composto di segni convenzionali ed arcani. Essi tremavano
al solo nome di Guelfo come i fanciulli al nome dell'Orco, e guardinghi e diffidenti si
spiavano l'un l'altro, paventando ognora i ceppi, i pugnali e i veleni de'quali il
Guelfismo
Transcribed Footnote (page 235):
(39) V. tutto il Capitolo II, del volume II,pag. 354 ed
altrove.
Transcribed Footnote (page 235):
(40) Vol. II, pag. 412.
servivasi contro i propri avversarii (41). Dante altresì, che era timido e pauroso sì come gli
altri (42), dovè appigliarsi al partito di
nascondere sotto i segni convenzionali della sua setta, e sotto frasi e maniere fatte a
mosaico, i suoi liberi sensi tendenti alla civile e religiosa rigenerazion dell'Italia;
perciocchè in quei semibarbari tempi nei quali egli visse, tempi di oppressioni e
di vendette, avrebbe ben presto pagato a prezzo di sangue il fio di cotanta arditezza.
Questa ragione a chi non avesse vedute le opere dell'Alighieri, nè conoscesse la
storia del di lui secolo, potrebbe sembrare sodisfaciente: ma qual è quegli, il
quale, iniziato per alcun poco nella nostra Letteratura, non sappia che Dante fiero ed
indomito per carattere, compiacendosi ne'patimenti siccome prove a dimostrar sua fortezza, e
ne'propri difetti siccome inevitabili seguaci a virtù tutte lontane dalle battute
vie, non avea ritegno ad urtare uomini ed opinioni? Alcune delle sue Canzoni, varie delle
sue Epistole, molti passi del Convito, ed il Trattato della Monarchia non racchiudono forse alti, arditi e liberi sensi?
Ma che dico? La Divina Commedia stessa, il capolavoro di Dante, è forse meno l'opera di una immensa
dottrina, che di una bile generosa? In questo Poema particolarmente egli prende occasione di
esalare tutta l'amarezza d'un cuore esulcerato. Il suo risentimento vi comparisce senza
alcun velo. Tutto ciò che l'ignoranza e la barbarie, gli odj civili, l'ambizione,
l'ostinata rivalità del trono e dell'altare, una politica falsa e sanguinaria
ebbero mai d'odioso e di detestabile, tutto entra nel piano che il poeta si
propose.
Transcribed Footnote (page 236):
(41) Lo dice e lo ripete cento volte nella Disanima del Sistema Allegorico, e nello
Spirito Antipapale.
Transcribed Footnote (page 236):
(42) Ivi.
Il colorito e la tinta di questi differenti oggetti è
sempre propozionato alla loro nerezza, ed il pennello di Dante non comparisce mai tanto
sublime, quanto allorchè tratteggia fieramente quegli orrori. Quale scrittore
pertanto, o fra gli antichi o fra i moderni, svelando le turpitudini di tanta gente del suo
secolo, ha osato senza alcun velame d'allegoria, e senza ricorrere ad un arcano linguaggio,
parlar più forte e più libero di Dante?
Per fare che i buoni imparassero a sperare (dice uno Scrittore della vita de lui),
e i tristi a temere, presentò loro un Libro, ogni pagina del quale
ha impressa in fronte questa sentenza:
Discite justitiam moniti et non temnere Divos.
Nell'eseguire sì ardito disegno si determinò a parlar
liberamente de'suoi contemporanei e massime de'potenti, cagione delle comuni
calamità; e ne assegna per ragione quella stessa per cui la tragedia si versa
sempre sulle vicissitudini di uomini illustri, dal che vien detta
tragedia reale;
vale a dire perchè gli esempi tratti da gente ignota sono meno
istruttivi di quelli che si desumono da cognitissimi personaggi: onde non timido amico del
vero, e rimossa da se ogni menzonga, fè come il vento che le più
alte cime più alte cime più percuote. Molti de'suoi contemporanei e
conoscenti, di soverchio timidi e circospetti, lo tacciavano d'imprudente, e lo
consigliavano a raffrenarsi; ma ei gl'incolpava di pigri e di vili, e fe'dirsi dalla
Filosofia, Purg. V, 13.
- Vien dietro a me, e lascia dir le genti:
- Sta', come torre, fermo, che non crolla
- Giammai la cima per soffiar di venti.
E in tutto il suo misterioso corso non dimenticò mai quel precetto
di Polibio che gli dicea: Nè dal riprendere l'amico, nè dal lodare
l'avversario ti resterai quando verità te lo imponga.
Or sa egli il Lettore chi sia mai il biografo che così scrive di Dante?
È quell'istesso Rossetti (43) che poco innanzi ce lo ha dipinto timido e meticuloso sì come una
femmina.
Se questo moderno Interpetre è spesso e gravemente caduto in contradizione con
se medesimo, non ha meno dato nel falso, quando per tirar le sentenze al proprio sistema
s'è posto a interpetrare questo e quel luogo, e a definire quel tale o quel tal
altro vocabolo. Colla parola settaria
salute, la quale oggi ha
più spesso il significato di
salvezza, venne, secondo il
Rossetti (44), chiamato l'Imperatore ancora da Dante, e ne cita
gli esempi seguenti:
Voi, i quali oppressi piangete, sollevate l'animo, imperocchè
presso è la vostra Salute
(Lettera alla venuta di Arrigo).—
E quando questa gentilissima Salute salutava, non che Amore fosse tal mezzo
che potesse obumbrare a me la intollerabile beatitudine ec.
(Vita Nuova).—
Quando la mia Donna appariva da parte alcuna, per la speranza dell'ammirabile
Salute, nullo nimico mi rimanea, anzi mi giugnea una fiamma di carità la quale
mi facea perdonare a chiunque m'avesse offeso
(Ivi).
Sicchè appare manifestatamente, che nella sua Salute abitava la
mia beatudine
(Ivi).
- Piacciavi di mandar vostra salute . . . .
- Dunque vostra salute omai si muova.
Canz. XI.
Ma io rispondo dicendo, che questo vocabolo nel primo esempio ha indubbiamente il
significato di
salvezza; nel secondo è lezione errata, e dee
leggersi
gentilissima Donna, come leggono più testi; negli
altri quattro dipoi ha quello di
saluto, salutazione, come s'incontra di
frequente negli antichi Scrittori, e come appare ancor dagli esempi seguenti:
A'perfidi e crudeli dell'Isola di Cicilia Martino
Transcribed Footnote (page 238):
(43) Vita di Dante, pag. XXXIII.
Transcribed Footnote (page 238):
(44) Vedi fra gli altri luoghi la pag. 374 del Vol. II.
Papa quarto quella salute, della quale degni sete.
Gio. Villani 1. 66. 2.—
Per questo quella salute, che per me desidero, ti mando.Bocc[accio]. Filoc. 3. 196.—
Ch'appena gli potei render salute.Petr[arch]. cap. 2.
Nel Sonetto che incomincia
Nelle man vostre, o dolce donna mia, e che il Rossetti sull'asserzione d'alcuni Editori suppone di Dante, si rinviene
l'espressione
La morte che non ho servita. Questa frase è,
secondo lui, ghibellina e settaria, ed equivale a quest'altra:
Il Guelfismo che
non mi ha avuto a seguace
o sivvero
a cui non ho prestato servigio.
Ma del verbo
servire nel significato di
meritare
s'incontrano diecine e centinaja d'esempj nei nostri antichi Scrittori di prose, non che di
versi; ed eccone alcuni:
I nostri sudditi, che, contro a noi, hanno servita morte, domandan
patti.
Gio. Villani 1. 67. 4.—
Perchè menate voi a imendere questo cavaliere? ed elli risposero:
perocchè egli ha bene morte servita.
Nov. ant. 60. 3.—
Avendo dal Comune di Firenze le paghe ch'avea servite.Matt. Villani 11. 18.—
Non ti voglion rendere il trionfo che tu hai servito nelle lontane
battaglie.
Tav. Dicer.— Poich'egli è adunque evidente, che
quelle semplici e nude parole non altro suonano se non
La morte che non ho
meritata
, il settario della frase non esiste che nella fantasia del sistematico
Interpetre.
Crucciose invettive contro cotesta
Morte, vale a dire contro il
Guelfismo, s'incontrano, dice il Rossetti(45), in molti degli
antichi Poeti: e delle varie di Dante c'invita a veder quella della Vita Nuova, di cui ecco il principio
- Morte villana, di pietà nemica,
- Di dolor madre antica, ec.
e l'altra del Canzoniere,
- Morte poich'io non trovo a cui mi doglia.
Transcribed Footnote (page 239):
(45) Vol. II. pag. 377.
Io non vo'passare in rassegna i tanti e tanti esempj ch'ei cita
de'nostri antichi Rimatori, ma fermerommi su questi di Dante; e a prima giunta
dirò, che il Rossetti non riporta mai per intero un componimento, nè
lo dispiega in tutte le sue parti, facendo osservare la continuità dell'allegoria
e la regolarità dell'arcano e misterioso linguaggio; ma con fino artifizio ne
riporta solo de'squarci, e bene spesso goffamente alterati, comelà dove(46) cambiò l'avverbio
imperò
nel vocabolo
Impero,
- Difendimi, o Signor, dallo gran vermo,
- E sanami, Impero, ch'io non ho osso,
- Che conturbato possa omai star fermo.
Dante, Sal. I.
Se la Canzone alla Morte (la quinte del Canzoniere), possa mai sotto la scorza delle parole racchiudere quegli arcani sensi, che il
Rossetti pretende, e non sia piuttoso un componimento d'amore, nel quale Dante supplichi
caldamente la Morte a rattenere il colpo già mosso contro Beatrice, potrassi
scorgere agevolmente da chi voglia gettarvi su l;occhio, anco per sola una volta;
nè io mi so persuadere come mai quell'Interpetre siasi ripromesso dal Lettore una
sì grande e sì cieca credenza. Relativamente poi a'due versi della
Ballata, dirò, che se
Morte è
Guelfismo, e
Pietà è sinonimo di
Morte, qual discorso sarebbe mai questo,
Morte Villana di
Pietà nemica
, cioè
Guelfismo villano, del Guelfismo
nemico
? Inoltre, come mai questa setta, la quale non esisteva se non da pochi anni,
avrebbe potuto esser chiamata
Di dolor madre antica? Veda adunque il
Lettore quali e quante bellezze racchiudano bisticci sì fatti!
Quando morì Beatrice, Dante scrisee a'Principi
Transcribed Footnote (page 240):
(46) Vol. II, p. 286.
della Terra (47). E a qual proposito, esclama il
Rossetti (48), scrivere a'Principi della Terra (ai Sovrani del
Mondo), per la morte di Madonna Beatrice Portinari (cioè d'una privata donzella)?
Si sappia, egli prosegue, che i Principi della Terra sono i Cardinali, perchè
tale era lo specioso titolo conferito loro da Pio II; e chi sia Beatrice lo appureremo in
appresso, ciò non essendo, com'egli s'esprime, di veruna utilità nella
questione presente. Così l'Interpetre del Ghibellinismo francamente discorre,
quasichè non si sappia che
terra significava e significa non
tanto il nostro pianeta, quanto
città, paese. Aprasi il libro
di Giovanni Villani, e il detto vocabolo vi si rinverrà con questo significato,
sto per dire, a ogni pagina. Che vale adunque quella frase della Vita
Nuova? Vale che Dante scrisse della morte di Beatrice a'principali cittadini della
Città di Firenze. Ecco alcuni esempj della voce in quistione, usata perfino dal Tasso,
-
Goffredo alloggia nella terra (in Gerus.)
e vuole
- Rinnovar poi l'assalto al nuovo sole.
Gerus. lib. C. XXX. 5o.
È una usanza in tutte le terre marine.Bocc[accio]. nov. 80. I.—
A una sua possessione forse tre miglia alla terra vicina.Bocc[accio]. Nov. 94. 4.—
Standosi domesticamente co'cittadini per la terra in pace e in sollazzo.Matt. Villani 9. 27.—
Di continuo si facea solenne guardia per la terra di dì e di
notte.
Cron. d'Amar. 224.
Nulla poi io dovrei dire del modo strano e inusitato con cui il Rossetti fassi a provare
l'esistenza degli arcani o settari vocaboli ascosi da Dante ne'versi del suo Poema,
perciocchè non della Commedia, ma sì della Vita Nuova io intendo qui far
di-
Transcribed Footnote (page 241):
(47) Vita Nuova, pag. 55.
Transcribed Footnote (page 241):
(48) Vol. II. p. 439.
Note: Capitalized letters on this page are thus capitalized in the original text.
--Ed.
scorso; pure non posso a meno di porre sotto gli occhi del Lettore soli due
tratti, il primo indicante il modo con cui il Poeta ha celato il nome di Arrigo, il secondo
con cui ha nascosto il nome del Papa “Dante (dice il novello
Interpetre(49) ) s'è valuto molte volte di
tal mezzo (del mezzo che si usa negli acrostici e ne'logogrifi) per presentarci netto netto
il nome dell'Imperatore Enrico od Arrigo . . . . . .
L'ombra d'Argo, che
Dante nomina nell'ultimo Canto del Paradiso, è l'ombra d'ARriGO. E quest'ombra appunto manderà una voce
dal Cielo
come di cuor che si rammarca, la quale dirà alla
Chiesa corrotta
O navicella mia, com'mal se'carca! E se volete saper per
sicuro chi è che grida così, non avete a far altro che trascrivere
quel verso co'due seguenti, e guardare alle parole finali: eccoli:
- O navicella mia, com'mal se'cARca
- Poi parve a me che la terra s'apRIsse
- Tr'ambo le ruote, e vidi uscirne un DraGO.
Quel solenne dialogo fra Dante e Beatrice (Purg[atorio].
XXXI), nel quale Madonna accusa l'amante di essersi tolto a lei, e dato altrui; quella terzina
- Confusione e
paura insieme miste
- Mi pinsero un tal sì fuor della bocca,
- Al quale intender
fur mestier le viste;
e il paragone che immediatamente vien dopo, . . . . c'invitano a ricercare chi
è cotesta
Beatrice. Or raccomandiamoci a s. Lucia, esaminiamo
quella similitudine, e vedremo qual è mai quella parola mal compiuta per paura:
- Come il balestro frange quando scocca
- Da troppa tesa, la sua corda e l'arco,
- E con men foga l'asta il segno tocca,
- Sì scoppia'io sott'esso il grave cARco,
Transcribed Footnote (page 242):
(49) Vol. II, p. 499.
- Fuori sgorgando lacrime e sospiRI,
- E la voce allentò per lo suo varCO.
Dunque la voce allentò l'ultima sillaba GO, talchè pronunziata
con men foga divenne CO. E si sappia che io non avrei mai pensato a farne ricerca, se non
me lo avesse avvertito Dante medesimo in un certo luogo della Vita
Nuova. Ben ci ha servito la vista, o Messere, a riconoscere colei che tu
denominasti
la gloriosa Donna della mia mente, la quale fu chiamata da molti
Beatrice, i quali non sapeano che si chiamare
. Basti per ora riguardo ad un tal nome:
gli altri esempj gli ammucchierò a luogo più opportuno. Nè
io gl'indicherò: Dante che mi ha svelato ove son questi, Dante ci
additerà pure ove son gli altri. Povero Poeta! ti sei tanto affaticato a
lavorare quella chiave ingegnosissima, sperando che si troverebbe finalmente un'anima
possente che ne scoprisse l'uso, ma lo sperasti invano per cinque secoli. Essa è
corsa per cento mani, e nessuno ha saputo che farsene! Ma la formasti di sì
complicato magistero, che s'io qui cessassi, nessuno forse potrebbe seguire a volgerla per
trarne le maraviglie che chiudesti! Mi si perdoni questa vanità (50)!
Siccome nostro Signore fu ravvisato in alcune figure simboliche, quali sono l'arca di
confederazione, l'arco di pace ec., così Dante ci offrì in figura
nell'ARCO SESTO delle Bolgie Infernali, ARriCO SESTO, dicendo
tutto spezzato
al fondo è l'arco sesto
. E ad allontanare ogni dubbio sulla giustezza di
questa interpretazione, mostrerò che quella frase
giace tutto
spezzato al fondo
è uno de'soliti cenni, il quale ne avvisa che il resto
del nome giace al fondo della prima sillaba, ma tutto spezzato. Vedetelo:
Transcribed Footnote (page 243):
(50) Vol. II. p. 501.
- Tutto spezzato al fondo l'ARco sesto
- E se l'andar avati puR vI piace,
- Andatavene su per questa GrOtta (51).
Il Poeta descrivendo la bocca della voragine, da cui usciva orrendo fetore, disse
ch'era formata da alcune
pietre rotte, e tosto col suo solito giochetto
di sillabe indicò che significassero figuratamente
Pietre e
Pietra:
- In su l'estremità d'un'alta riPA,
- Che facevan gran
Pietre rotte in cerchio,
- Venimmo sopra più crudele stiPA.
E temendo che il suo lavoro di tarsia, essendo fuori di similitudine, non fosse bene
scorto, pose lì presso il nome del PAPA in faccia ad una
Pietra(52). Così nel Canto primo, dove si parla della
Lupa, ne'due emistichj quinarj de'v. 48. e 49., è scritto:
- Sì che PArea che l'aer ne temesse;
- Ed una luPA che di tutte brame, ec. (53).
”
Or quale giudico, quale confutazione farò io d'interpretazioni sì
fatte, per le quali fra le altre stupende cose apprendiamo che la Vita
Nuova scritta da Dante nel 1291, parla non della morte di Beatrice, ma della morte
d'Arrigo, avvenuta ventidue anni dopochè il libro era scritto? Non andrebb'egli
perduto qualunque discorso io mi studiassi tenervi sopra, sia che parlassi a persona, che
già di per se n'avesse veduta la ridicolezza, sia che volessi far ricredere chi
dalla parte del Rossetti pertinacemente si stesse? Il Sole è lucido: chi lo vuol
credere opaco, sel creda. E dappoichè il Rossetti implora dal Pubblico il perdono
della sua vanità di chiamarsi il primo scuopritore di tali arcani sensi di Dante,
io sono il primo di buon grado a concederglielo e ad
Transcribed Footnote (page 244):
(51) Vol. II, pag. 523.
Transcribed Footnote (page 244):
(52) Vol. II. p. 529.
Transcribed Footnote (page 244):
(53) Vol. II, pag. 523.
esclamar secolui
povero Poeta! pur con lui conchiudendo:
quanti altri artifizj (del parlare enimmatico)
vi sarann'eglino (secondo un simil sistema)
negli scritti di que'Socj di setta, senza contar quelli che il Rossetti v'ha
già discoverti! Nè solo mosaici di sillabe illusorie, ma
pur anco anagrammi ed acrostici bizzarri esser vi deggiono
(54)!
Lasciamo finalmente il fortunato Interpetre Napoletano scuopritore di nuovi mondi, e
torniamo al Biscioni, del quale ora vo'porre in vista alcune maliziette, ed alcune false e
vane interpetrazioni, onde sempre più s'apprenda in qual conto tener si debbano i
trovati ingegnosi di chi per voglia di novità s'è allontanato dalle
vie del semplice e del vero. Io ho detto più sopra, che la Vita
Nuova fu scritta da Dante nel ventesimosesto o al più ventesimosettimo
anno dell'età sua. Il Biscioni peraltro pretende provare che lo fosse nell'anno
ventesimoquarto; nè ciò è senza molta malizia;
poichè se fosse così, Dante avrebbe narrato la morte della sua amata
innanzi che la Portinari morisse, e così vero sembrerebbe quello che il Biscioni
opina, vale a dire che la Beatrice, di cui nella Vita Nuova si
tien discorso, non sia le più volte nominata figlia di Folco. Asserisce il
Boccaccio che Dante compose quella prima Operetta nel suo anno ventesimosesto, duranti
ancora le lacrime per la morta Beatrice(55); ed il Villani
aveva già detto(56), che la compose nella sua
giovanezza. A tutto questo s'aggiunga quanto Dante medesimo intorno a ciò
manifesta(57), cioè che quando scrisse la Vita Nuova non avea fatto studj di scienze, e che ad essi solo si diede
un anno
Transcribed Footnote (page 245):
(54) Vol. II, p. 394.
Transcribed Footnote (page 245):
(55) Vita di Dante parte II.
Transcribed Footnote (page 245):
(56) Lib. IX. cap. 136.
Transcribed Footnote (page 245):
(57) Ne ho citati i passi, trenta pagine più sopra.
e più dopo la morte della sua donna (la quale
mancò ai vivi il 9 Giugno del 1290 secondo che abbiamo da lui medesimo, non che
dal suo primo biografo il già citato Boccaccio), ed avremo un'altra sicura
conferma dell'error del Biscioni: poichè se un anno o due aggiungeremo al 1290,
avremo che l'Alighieri, nato nel Maggio 1265, scriveva il Libretto in questione nel
ventesimosesto o ventesimosettimo anno dell'età sua. E questo per altre indagini
non infeconde di resultati sarà opportuno ch'io mi dilunghi alquanto nel
dimostrare.
Il concetto de Dante nel comporre le tre sue Opere (la Vita
Nuova, Il Convito e la Divina Commedia), ridicolosamente opina il Biscioni (58), essere stato
quello di far sì che fossero corrispondenti alle tre principali etadi dell'uomo,
che cioè la Vita Nuova corrispondesse all'Adolescenza,
il Convito alla Gioventù, la Commedia alla Vecchiezza, e come tali dovessero dimostrare le qualità proprie di
quelle. Tutto questo, secondo il Biscioni, desumesi da ciò che Dante dice nel
Tratt. I. Cap. I. del Convito con queste parole:
Quella (la Vita Nuova)
fervida e passionata, questa (il Convito)
temperata e virile essere si conviene. Chè altro si conviene e dire
e operare ad un'etade che ad altra, perchè corti costumi sono idonei e
laudabili ad un'etade, che sono sconci e biasimevoli ad altra, siccome di sotto nel quarto
Trattato sarà propria ragione mostrata. Ed io in quella dinanzi
(nella Vita Nuova),
all'entrata di mia gioventute parlai, e in questa dipoi (nel Convito)
quella già trapassata. E di fatti in quel quarto Trattato al Cap. XXIV si veggiono indicati i termini di
quelle età, nelle quali Dante divide la vita umana; l'Adolescenza che dura per
insino al venticinquesimo anno; la Gioventù dal
Transcribed Footnote (page 246):
(58) Pag. XXIV.
venticinquesimo al quarantesimoquinto; la Vecchiezza dal
quarantesimoquinto fino al settantesimo; e la Senettù da questo per infino alla
morte. Sicchè, dice il Biscioni (e qui, per confutarlo convienmi riportare le sue
stesse parole) “si può con tutta ragione conchiudere che la
Vita Nuova sia stata ad arte dall'Autore composta sotto
sembianza di giovanili concetti, ma che però in sustanza essa sia di virili
pensieri tutta quanta ripiena. Da questa costituzione di tempi, che non a caso è
stata stabilita da Dante, si viene a scuoprire un anacronismo del Boccaccio. Egli vuole che
il nostro Autore componesse la Vita Nuova nel suo anno
ventesimosesto; e Dante medesimo afferma che ciò fu
dinanzi
all'entrata di sua gioventute
, cioè avanti il venticinquesimo, che al
più sarà stato l'anno ventiquattresimo. Oltre a ciò, il
Boccaccio afferma che la Bice Portinari aveva quasi meno un anno di Dante, e che ella
morì di ventiquattro anni; e Dante stesso nella Vita
Nuova racconta la morte della sua Beatrice ed anco l'anniversario, o com'egli dice
l'annovale di lei, con molte altre cose dopo quel tempo seguite. Ora se nel suo anno
ventiquattresimo il Poeta trattò di cose occorse più d'un anno dopo
la morte di Beatrice; ed ella avente quasi meno un anno di lui, morì d'anni
ventiquattro, indubitato sarà o ch'ella, quando Dante narrò la sua
morte, non era ancor morta, o che morisse d'anni ventidue, o che d'altra donna intendesse
l'Autor di parlare, il che sarà più probabile. Non si ved'egli
chiaro, che il Boccaccio a bello studio fece comporre a Dante la Vita
Nuova due anni dopo il suo vero tempo, per accordare la sua asserzione col termine
della vita della vera Beatrice Portinari” (59)?
Transcribed Footnote (page 247):
(59) Pag. XXV.
Fino a questo punto, combattendo le opinioni del Biscioni, uomo d'altronde dotto, e in
più maniere di studj versato, io ho tenuto inverso di lui un contegno ed un
linguaggio tale, quale conviensi all'urbanità delle Lettere: ma in questo suo
paragrafo, ed in altri ancora che porrò sott'occhio dappoi, egli ha ammucchiato
tanti spropositi, tante contradizioni e tante falsità maliziose, che,
perdonerammi il Lettore, se io andrò lasciando un po'il freno al mio sdegno. Se
Dante non ci avesse egli stesso indicato l'anno, il mese, ed il giorno in cui dal secolo
partì Beatrice, se nel suo Libro dellaVita Nuova non ci
avesse narrato ciò che in fatto d'amore gli avvenne ne'diciotto mesi che
seguitarono a quella lacrimata dipartita; l'asserzion del Biscioni potrebbe al
più tenersi sì come una congettura: ma dappoichè non
ignoriamo che quella vezzosa femmina morì nel 1290 quando Dante contava 25 anni
d'età; dappoichè Dante medesimo dice di avere scritto la Vita Nuova un anno e più posteriormente a quell'epoca, e
dappoichè tutto ciò era pur troppo noto al Biscioni, come mai questi
si lascia a dire, che l'Alighieri scriveva il controverso Libretto al più
nell'anno ventiquattresimo? Come mai egli ha l'impudenza di far comparire il Boccaccio un
biografo sì malizioso che falsando le date abbia voluto a bello studio accomodare
i fatti alle sue non vere asserzioni? Tutto il furbesco artifizio del Biscioni intorno la
presente ricerca consiste in questo, di non far trapelare al Lettore la vera epoca della
morte della Portinari narrata da Dante colle seguenti parole:
Io dico che secondo l'usanza d'Italia l'anima sua nobilissima si
partì nella prima ora del nono giorno del mese; e secondo l'usanza di Siria si
partì nel nono mese dell'anno, perchè il primo mese è
ivi
Tirsi,
il quale a noi è Ottobre (e se il primo è Ottobre, il nono sarà Giugno), e
secondo
l'usanza nostra ella si partì in quello anno della
nostra dizione, cioè degli anni Domini, in cui il perfetto numero
(il dieci)
nove volte era compiuto in quel centinajo, nel quale in questo mondo ella fu
posto; ed ella fu de'Cristiani del terzodecimo centinajo
(60). Dunque la prima ora del nono giorno del Giugno 1290 fu
l'estrema per colei che destò nel petto di Dante i primi palpiti dell'amore.
Nella Commedia altresì (Purg[atorio]. XXXII, 1) dicendo il Poeta che fisamente
guardava Beatrice, adopra le frasi seguenti
- Tanto eran gli occhi miei fisi ed attenti
- A disbramarsi la decenne sete
- Che gli altri sensi m'eran tutti spenti.
Or chi non vede che quella voce
decenne accenna il lasso de'dieci
anni dalla morte di Beatrice decorsi fin a quel punto nel quale Dante finge di rivederla su
nella vetta del Purgatorio, che fu nell'Aprile del 1300? Oltre di questo, se nel Convito manifesta l'Autore (siccome ho già detto) d'aver composta l'Operetta sua
prima, quando per anco non erasi dato agli studj scientifici; se manifesta che ad essi
applicossi alcun tempo appresso la morte della Portinari, e se nell'ultimo paragrafo della
Vita Nuova racconta che lì faceva fine a quell'opera,
poichè, essendosi determinato a parlar di Beatrice in un modo più
degno, erasi dato a studiare quanto poteva, non avremo noi netto e sicuro il fine del 1291,
o il principio del 1292, quando l'Alighieri stava su'ventisette anni? Or bene,
interrogherammi il Lettore, tuttociò essendo evidente e verissimo, come sta che
in quello squarcio del Convito, da cotesto Interpetre addotto, dice l'Alighieri d'avere scritto la Vita Nuova,
dinanzi (o innanzi) l'entrata di sua gioventù, che è quanto dire,
innanzi l'anno venti-
Transcribed Footnote (page 249):
(60) Vita Nuova, pag. 54.
cinquesimo
? Oh qui sì,
risponderò io, che tutti gli addebiti dal Biscioni dati al Boccaccio potranno
giustamente rivolgersi ad esso il Critico? Oh qui sì, che ad esso il Critico, e
non già al Criticato, si vedranno appartenere gli anacronismi, i falsamenti e le
stravolte interpetrazioni! Dante nel passo da cui il Biscioni ha tolto coteste parole, dopo
aver nominate per ordine le sue due Opere in prosa italiana, dapprima cioè la
Vita Nuova, e poscia il Convito, prosegue dicendo:
ed io in quella dinanzi, all'entrata di mia gioventute parlai, e in questa
dipoi, quella già trapassata
. Fa egli forse d'uopo della dottrina di Prisciano per rilevare che gli avverbi
dinanzi e
dipoi appartengono non già alle parole che loro susseguitano, ma sibbene a
quelle che loro precedono? Fa egli forse di mestieri dell'acutezza d'Eustazio per
interpetrare che suonino quelle frasi, e per intendere come per esse dice Dante avere
scritta la Vita Nuova in sull'entrare della sua
gioventù, e d'aver dettato il Convito nella etade, che alla gioventù viene appresso, cioè nella
virilità?
Vero è che va errato il Boccaccio nel riferire che Dante nella età
provetta vergognassesi molto d'avere scritto l'amatorio libro della Vita
Nuova, dappoichè veggiamo che l'Autore stesso ne fa grata ricordanza in
altra sua Opera (61); ma il volere come pretende il Biscioni,
che ella sia siccome il Convito
di virili (cioè filosofici)
pensieri tutta quanta ripiena, è errore forse più gratuito e più strano di
quello del Certaldese. E le parole di Dante nell'Introduzione al Convito —
quella (la Vita Nuova)
fervida e passionata, questa (il Convito)
temperata e virile essere si conviene — a chiare note lo dicono; essendochè per la distinzione
assoluta e decisa, che in esse racchiudesi, viene a manifestarci l'Au-
Transcribed Footnote (page 250):
(61) Nel Convito, Trat. I. cap. I. verso la fine.
tore di aver da giovane scritta la Vita
Nuova con modo e intorno argomento tutt'affatto differente da quello dell'Opera,
ch'egli aveva allora fra mano; sì perchè (egli dice)
altro si conviene e dire e operare ad un'etade che ad altra; sì perchè (egli prosegue)
certi costumi (ed il Lettore avvisti bene questo vocabolo)
sono idonei e laudabili ad un'etade, che sono ad altra sconci e
biasimevoli
. E qui notar debbo come il Biscioni sostenendo l'identità dell'argomento
di queste due Opere, e riportando (62) il paragrafo di Dante
che incomincia,
Se nella presente Opera, la quale è nominata Convito ec., maliziosamente tralascia le parole da me ora addotte, che dello stesso paragrafo
fanno parte, e che chiaramente palesano l'assurdità della sua asserzione.
Che dirò poi di quel bizzarro trovato, che Dante colle sue opere intendesse
rappresentare le tre principali etadi dell'uomo? Dirò, che le opinioni, qualunque
elle siano, hanno tanto più d'uopo di dimostrazioni e di prove, quanto meno si
appoggiano sulle verità già comprovate ed antiche: e rinviando il
Lettore a ciò che dissi nel § VII. della mia Dissertazion sul Convito, ove contro un seguace dell'opinion Biscioniana tenni non lungo discorso,
dirò altresì, che l'unico argomento dal Biscioni portato in campo a
sostegno della propria opinione, nulla vale e nulla conchiude, poichè a
tutt'altro che alle Opere Dantesche egli appare d'aver relazione. E se di questo visionario
Interpetre volessi un momento prendermi giuoco, non potrei io concedergli tutto, secolui
asserendo che la Vita Nuova, il Convito, e la Divina Commedia rappresentino l'Adolescenza, la Virilità e la Senettù
con le qualità proprie di quelle, e secondo questo principio
conchiudere e dirgli: come dunque la Vita Nuova, che
rappresentar
Transcribed Footnote (page 251):
(62) Pag. XVIII.
dee l'Adolescenza e le proprie sue qualità,
vorrà esprimere, siccome voi dite, virili e filosofici concetti, e non piuttosto
parlare d'amore ch'è la passione propria di quell'età?
Curioso poi ne torna il vedere, com'egli in appoggio delle proprie opinioni citi bene
spesso de'passi, che fann'anzi contro di esse. Dopo avere dapprima insinuato, che le donne
di Dante sono in sostanza una sola ed identica, cioè la Sapienza, viene a dirci
dappoi, che desse son due, la Filosofia morale cioè, e la Scienza delle cose
divine (63): la riprova e dimostrazione di ciò
deducesi, secondo lui, dal noto dialogo fra Dante e Beatrice là nel XXX del Purgatorio, del quale ho fatto io pure qualche parola più sopra, e del quale ei
riporta parecchi ternarii. E i ternarii da lui riportati racchiudendo le note frase
Quando di carne a spirto era salita ec. ec., le quali danno chiaro a vedere
che la Beatrice che quivi ragiona è colei delle cui corporali bellezze fu
innamorato il Poeta, e contenendo un aspro e severo rimprovero per l'amore quasi del tutto
da esso obliato, mostrano il difetto de'suoi sillogismi, e distruggono i suoi deboli e
vacillanti argomenti. Come infatti la Sapienza Divina potrebbe a Dante rimproverare d'aver
dato opera alla morale Filosofia o scienza umana se più chiamare si voglia, che
pur da essa divina trae origine, e immediatamente procede?
Non mi valse il richiamarti al diritto sentiero colle ispirazioni e
co'sogni
, ella rimprovera a Dante:
tanto ti abbandonasti al tuo accecamento, che per ritrartene mi fu d'uopo
mostrarti i castighi delle genti perdute
. Nè qui solo s'arresta; ma:
dimmi, dimmi, ella prosegue (Canto XXXI),
se questo, di che io ti rimprovero, sia vero: tanta accusa conviene esser
congiunta alla tua confessione, ec. ec.
E Dante confuso
Transcribed Footnote (page 252):
(63) Pag. XXXV e XXXVI.
e pauroso, a voce bassa risponde di sì: quindi dopo la tratta d'un
amaro sospiro esclama piangendo:
Le cose caduche di questa terra col falso loro piacere trassero a se li miei
passi, appenachè il vostro bel viso si nascose per morte
. Tutto questo, e il molto più che nel dialogo si discorre, e il dirvisi
che l'Alighieri dandosi in preda ad altri amori avea seguito fallaci immagini di bene, che
non rendono intera alcuna promessa; e l'esortazione al Poeta a mostrarsi un'altra volta
più forte nell'udir le Sirene ingannevoli, nè a porsi altrimenti
d'attorno a giovinette o ad altre vanitadi, le quali han sì brev'uso,
può egli veramente dirsi il linguaggio della Scienza Divina, che a Dante
rimprovera l'essersi tolto da lei coll'aversi dato alle umane discipline,
quasichè fosse delitto l'applicarvisi, e l'uno studio non sia piuttosto scala a
quell'altro? Veda dunque il Lettore a che adduce una critica superficiale e imperfetta.
Manifesta l'Alighieri nel Convito (64) che, a togliere ogni falsa opinione, per la quale fosse
sospettato, il suo amore essere per sensibile dilettazione, aveasi posto a dichiarare i
vocaboli, le frasi e i concetti nelle sue filosofiche Canzoni contenuti. E il Biscioni,
avvistato quel passo, e legatolo coll'altro della Vita Nuova(65), nel quale l'Autor medesimo confessa, che pesavigli
duramente il parlare che alcuni del suo amore facevano oltre i termini della cortesia, dice
al solito che queste due Opere hanno insiem tra di loro una stretta corrispondenza, ed al
solito esclama:
Chi non vede che Dante vuole, che Beatrice non fosse creduta donna vera,
com'egli prevedeva dover seguire?
Io però ne'passi indicati non so punto vedere quella corrispondenza e
quel legame che il Biscioni vi scorge. E se il primo parla
Transcribed Footnote (page 253):
(64) Tratt. III, cap. 3.
Transcribed Footnote (page 253):
(65) Pag. 14.
dicendo che l'Amore, nel Convito descritto, non era di sensuale dilettazione (e in ciò non v'è
principio di dubbio), l'altro della Vita Nuova parla non meno
chiaro, esponendo come Dante a celare l'amor suo per Beatrice, forse allora maritata a
Simone de'Bardi, mostravasi tanto preso d'un'altra femmina, che molta gente ne ragionava
oltra i termini della cortesia: lo che dando all'Alighieri, come quegli ch'amava per
gentilezza di cuore, voce e fama d'amatore vizioso, pesavagli duramente. Anzi io dico
all'opposto, che se la femmina del Convito è la Filosofia(66), se l'amore per essa
è lo studio(67), se il senso è il
core(68), se il riso, gli occhi ec. sono le sue persuasioni e
dimostrazioni (69) ec., e se tutto questo ripetutamente
l'Alighieri fa noto e dispiega al Lettore; e perchè non fec'egli altrettanto
nellaVita Nuova, candidamente dicendo e dichiarando che gli amori
in questo libro descritti non doveano intendersi alla lettera, ma che si stavano a
rappresentare de'simboli?
Un anno appresso la morte di Beatrice, Dante incominciò a innamorarsi
d'un'altra gentile donzella, giovane, bella, e savia, principalmente per questo che gli si
mostrava pietosa nella sua tribolazione(70). Ond'è
che due contrarj pensieri faceano battaglia nell'animo suo; l'uno del primo amore per
Beatrce già morta, l'altro d'un nuovo affetto per codesta gentile. Ed il Monti
opinò che sotto la figura d'una tal nuova femmina, Dante rappresentasse la
filosofia, pel grande amor della quale andava dimenticando l'amore di Beatrice, em-
Transcribed Footnote (page 254):
(66) Pagg. 175, 197, 282 ed altrove.
Transcribed Footnote (page 254):
(67) Pag. 293.
Transcribed Footnote (page 254):
(68) Pag. 136.
Transcribed Footnote (page 254):
(69) Pag. 314.
Transcribed Footnote (page 254):
(70) Vita Nuovapag. 63.
Note: Footnote 71 runs onto the next five pages in original text. --Ed.
blema della Teologia. Veramente quello che ho già detto
più volte, che, cioè, soltanto nel dar cominciamneto al Convito, Dante dichiarò d'aver fatto succedere al primo naturale affetto l'amore
per la Sapienza, fa rilevare l'erroneità dell'opinione del Monti; e chiunque
d'altronde legga il racconto del nostro giovine innamorato, e vegga in qual modo confessi
d'esere stato tentato di una nuova passione per quella compassionevol donzella, non
può a meno di ritenere, ch'ivi parli del tutto fuori d'allegoria. Egli vi dice
primieramente, che vedea colei farsi da una finestra, e guardarlo in atto pietoso; e
secondariamente chiama vilissimo il pensiero che di lei parlavagli, e dicelo anche
avversario della ragione, desiderio malvagio e vana tentazione, come quello che movea da un
amor sensuale. Or, come questo sarà egli da ritenersi per un linguaggio
allegorico da potersi convenientemente applicare alla morale Filosofia?
Il Marchese Trivulzio nella Prefazione alla stampa della Vita
Nuova da lui procurata in Milano (Prefazione che nella massima parte qui in nota
(71)
Transcribed Footnote (page 255):
(71) “Che nella Vita Nuova si tratti della
rigenerazione operata nell'Antore da Amore, è indubitato. Ma quest'amore
è poi reale o allegorico? reale od allegorica la donna che nè
l'oggetto? Il Canonico Biscioni risponde: La Beatrice di Dante non essere (come
già avea molto tempo innanzi opinato Mario Filelfo) donna vera, e
perciò non quella de'Portinari ec. ec. . . . . . Chi poi dal Biscioni passa a
Monsignor Dionisi, l'ode tessere la storia della passione amorosa che Dante ebbe nella
sua adolescenza per la famosa Beatrice, contro di chi opinò e scrisse, lei non
essere stata figlia di Folco Portinari, nè donna vera ec. . . . Degli altri
Critici quale si accosta al Biscioni, e quale al Dionisi; e chi senza alcuna
preoccupazione si fa a leggere la Vita Nuova rimane irresoluto
s'ei debba attenersi piuttosto all'una opinione che all'altra. Poichè talvolta
incontrasi in cose che gli farebbero conchiudere trattarsi qui d'un amore reale con donna
vera, o direbbe il Dionisi, con donna
- In carne e in ossa e colle sue giunture;
e talvolta ei trovasi per modo assorto fra le astrazioni ed il mistero, che gli
è forza di confessare non poter essere questo amore di Dante altro che
allegorico. Se non che
- Hi motus animorum atque haec certamina tanta
- Pulveris exigui jactu compressa quiescent;
e questa pugno di polvere lo prenderemo dal Convito Tratt. II, cap. 1. Ivi l'Autore dice chiaramente, che
le Scritture
si possono intendere, e debbonsi sponere massimamente per quattro sensi,
i quali
sono da lui individuati nel letterale, che dicesi anche istorico, nell'allegorico, nel
morale e nell'anagogico, cioè sopra senso. E queste medesime cose egli ripete
nella Lettera latina, con cui dedica la terza Cantica della Divina Commedia a Can grande della Scala; dove, come pure nel Convito, arreca gli esempj a dichiarazione di ciascun senso.”
“Ora, dove'egli spiega il senso anagogico, prende ad esempio il Salmo
In exitu Israel de Ægypto, domus Jacob de populo barbaro: Facta
est Judaea santificatio ejus, Israel potestas ejus
; e dice (Trattato II, cap. I):
Che avvegna, essere vero secondo la lettera, sie manifesto, non meno
è vero quello che spiritualmente s'intende, cioè che nell'uscita
dell'anima dal peccato, essa si è fatta santa e libera in sua podestate
;
soggiungendo poi, che
in dimostrare questo, sempre lo letterale dee andare
innanzi, siccome quello nella cui sentenza gli altri sono inchiusi; . . . . che in
ciascuna cosa naturale e artificiale è impossibile procedere alla forma,
senza prima essere disposto il suggetto, sopra che la forma dee stare, siccome
impossibile è la forma di loro venire, se la materia, cioè lo suo
suggetto, non è prima disposta ed apparecchiata; . . . . che la letterale
sentenza sempre sia suggetto e materia dell'altre
, e cose simili. Dal che noi
deduciamo, che letteralmente ed istoricamente la Beatrice della Vita
Nuova sia la figlia del fiorentino Folco Portinari, di cui Dante
innamorò in età di nove anni; in cui egli contemplò ed
amò finch'ella visse il complesso di tutte le virtù morali ed
intellettuali, che vicina e lontana occupava tutti i suoi pensieri, quantunque ei
cercasse di far credere altrimenti ad ognuno cui lodò nelle sue Rime fra le
sessanta più belle della città, confondendola tra esse, e ponendone
il nome sul numero nono; e che immaturamente rapitagli dalla morte gli fu cagione
d'amarissimo dolore e di alto sbigottimento; di che forse cercò di consolarsi
accasandosi colla Gemma de'Donati. Su questo fondamento istorico della vera Beatrice,
adorna d'ogni virtù, e donna del cuore di Dante, noi crediamo senza tema
d'errare, che sia piantata l'allegoria della Beatrice fantastica, donna della sua mente,
a cui pose amore nella sua puerizia, cioè della Sapienza, ch'egli coltivava
collo studio di tutte le scienze e di tutte le arti, d'alcuna delle quali credevasi per
gli altri ed era fatto credere da lui, ch'ei fosse unicamente invaghito. E si noti che
nel Convito (Tratt. II, cap. 15) egli scrive della Sapienza con Salomone:
Sessanta sono le regine, e ottanta le amiche concubine; e delle ancelle adolescenti non
è numero: una è la colombia mia e la perfetta mia
. Ma la
Sapienza che tutti a se traeva gli spiriti del giovinetto Dante era la Scienza morale,
quella che nel Convito paragona al nono cielo, e senza la quale dice che
l'altre scienze
sarebbono celate alcun tempo, e non sarebbe generazione nè vita di
felicità, e indarno sarebbono scritte, e per antico trovate
; quella che
mette capo nella Scienza divina, ch'è
piena di tutta pace e
perfettamente ne fa il Vero vedere, nel quale si cheta l'anima nostra
(Tratt. II,
cap. 15), siccome il nono cielo precede immediatamente all'Empireo, a cui egli dice che
ha comparazione la Teologia. Per tal modo, morta la Beatrice allegorica, cioè
raffreddatosi in Dante l'amore d'una tale Sapienza (e forse ciò avvenne nel
tempo che la Portinari morì) indarno col cedere agli allettamenti d'altra
donna, vale a dire di quella filosofia ch'è puramente mondana e non si sublima
a così alto scopo, egli cerca di consolarsi, finchè Beatrice
dall'alto cielo, ov'era salita cioè dov'era stata trasportata da lui a
significare la Scienza delle divine cose, non gli si mostra di nuovo nel suo Poema per
farlo felice.
Le quali cose tutte perfettamente riscontransi nelle parole ch'ei pone in bocca a
Beatrice beata, nel trentesimo del Pugatorio:
Questi fu tal nella sua vita
nuova ec. ec.
Per egual maniera il Petrarca dal contemplare tutte le perfezioni
giunte con mirabili tempre nella sua donna, facevasi scala al Fattore. Se non che
l'amante della bella Avignonese non può tanto abbandonarsi ai voli del suo
amore platonico, che perda di vista colei che n'è l'oggetto: chè
anzi di pensiero in pensiero, di monte in monte la va cercando e raffigurando per tutto,
e dopo la morte di lei porta invidia alla terra avara, che chiude il velo che egli ha
tanto amato; dolendosi pur sempre di essere separato dalla donna leggiadra e gloriosa,
che fu già colonna d'alto valore, ed è fatta nudo spirito e poca
terra. Laddove l'Alighieri dall'avere amate ed ammirate una volta in Beatrice tutte le
virtù, tanto vien sollevato alla speculazione delle cose superiori, che
dimentica quanto in essa ha di terreno e di materiale per ascendere nella regione delle
forme a contemplare nella Beatrice beata salita a gloriare sotto le insegne di Maria,
l'immagine ch'egli s'è formata della Scienza divina. E tanto si perde fra
queste astrazioni, che ne fa perfino dubitare se Beatrice possa mai aver esistito fuori
della sua fantasia.
Ben è il vero, che sarebbe opera perduta quella di chi volesse trovare
come ogni circostanza istorica si confronti perfettamente colle allegorie della Vita Nuova, ovvero e converso. Per riescire in tale inchiesta,
bisognerebbe vivere a minor distanza di tempo dall'Alighieri; o che egli, invece
d'avvolgere a bello studio ogni cosa nel mistero, avesse voluto a noi rivelarla.
Nè forse ogni particella di questo libro contiene ambidue i sensi; ma quale
sarà semplicemente istorica, e quale semplicemente allegorica, bastando che il
doppio senso possa convenire alla somma dell'opera e delle principali sue parti. Quel
poco però che abbiamo accennato, e il più che il Lettore,
potrà da se medesimo andare appuntando su quelle tracce, è
sufficiente a disspiare le mistiche nebbie, in cui gli Eruditi avevano finora lasciata
involta quest'operetta; ove tengasi per definito che qui Dante tocca letteralmente
de'suoi amori colla Sapienza e colle Scienze che di quella sono amiche ed ancelle. E se
alcune circostanze parranno o troppo sottili, o troppo strane, e, vogliam pur dirlo,
meschine, si rifletta che quando Dante scriveva la Vita Nuova
era ancor giovinetto, ch'egli amava le sottigliezze, come può vedersi nel
Convito, ove spiega se stesso, e che le nostre Lettere uscivano per lui dalle tenebre in
cui giacevano da molti secoli.”
Così il
Trivulzio.
riporto), facendo osservare che Dante istesso dichiara nel Convito, come le Scritture
si possono intendere e debbonsi esporre massimamente per quattro
sensi
, i quali sono da lui individuati nel letterale che dicesi anche istorico,
nell'allegorico, nel morale e nell'anagogico, conchiude doversi tenere per de-
finito, che nella Vita Nuova Dante
tocchi letteralmente de'suoi amori colla Beatrice Portinari, e allegoricamente de'suoi amori
colla Sapienza. Questa
ingegnosa interpretazione se non è interamente vera,
molto di verità ritiene, inquantochè pone per primo, trattarvisi
storicamente degli amori per la
figlia di Folco, e d'altronde le astrazioni platoniche, i modi
mistici, ed iperbolici sparsivi dall'Autore, possono agevolmente far credere starvi sotto
nascosa una qualche allegoria, od almeno un qualche metaforico senso, da non potersi a prima
giunta avvistare. Se non che io ripeterò quello che ho detto di sopra, domandando
il perchè non l'abbia l'Autore avvertito, mentre avvertillo più volte
nella sua Opera filosofica e nella sua Visione poetica: ond'è che non avendo egli
di questo doppio senso dato al Lettore contezza, io ritengo che la Vita
Nuova parli sì con le più ardite figure rettoriche, e con
que'colori poetici ch'erano allora d'uso fra'rimatori, ma si aggiri sempre sull'amore di
Dante per la Portinari, e on per la Filosofia, o la Scienza delle cose divine, alla quale il
suo Autore non avea per anco incominciato a dar opera. Quando Dante ha voluto nelle sue
scritture racchiuder più sensi, parmi l'abbia fatto in modo da offrirlo
facilmente all'immaginazion del Lettore. La Selva, il Colle e le Belve ch'aprono la scena
del suo Poema, chi non vede esser simboli? Chi non vede esser allegorico l'amor del
Convito, avvegnachè l'Autore non l'avesse manifestato? Chi non
scorgerà che il seguente Sonetto faccia parole di due amori, il primo naturale,
il secondo intellettuale?
- Due donne in cima della mente mia
- Venute sono a ragionar d'amore;
- L'una ha in se cortesia e valore,
- Prudenza ed onestate in compagnia.
- L'altra ha bellezza e vaga leggiadra,
- E adorna gentilezza le fa onore,
- Ed io, mercè del dolce mio signore,
- Stommene a piè della lor signoria.
- Parlan bellezza e virtù all'intelletto,
-
10E fan question, com'un cuor puote stare
- Infra due donne con amor perfetto.
- Risponde il fonte del gentil parlare,
- Che amar si può bellezza per diletto,
- E amar puossi virtù per alto oprare.
La leggiadria delle forme è l'oggetto dell'amor sensuale; la bellezza della
virtù è l'oggetto di quello intellettuale. L'amar bellezza per diletto
è il fine dell'uno; l'amar virtù per alte opere è il fine
dell'altro. Quegli poi che il Poeta chiama fonte del gentil parlare, si è Amore,
nella guisa ch'altrove chiamollo il fonte del gentile operare. E due, non v'ha dubbio, sono
stati gli amori di Dante, il primo vero e naturale, il secondo allegorico e spirituale. Il
primo noi lo troviamo definito in un verso delle sue Liriche,
Amore e cor gentil sono una cosa;
e in suo verso egualmente, noi troviamo la definizione del secondo,
Amor che muove sua virtù dal cielo:
ma la Vita Nuova (e per gli argomenti e le prove, che sono
andato finora adducendo credo averlo bastantemente provato) si aggira tutta quanta sul
primo, descritto forse in un modo mistico ed iperbo-
lico, ma non già sul secondo, il quale non avea per
allora presa assoluta signoria sulla mente del giovine Dante. Se questi infatti si
determinò a non parlar più di Beatrice, insintantochè non
potesse in altro modo più degno trattare di lei, e se per venire a ciò
si mise a studiare di tutta forza; se egli si proponeva dire un giorno di lei quello che mai
era stato detto d'alcuna, e se dopo più lustri, e dopo studj continuati e
profondi, attenne la sua promessa formando della sua amata il personaggio principale del suo
Poema, anzi il più alto simbolo dell'umano intelletto, qual'è la
Scienza delle cose divine, come potrà egli dirsi che la Commedia sia una continuazione della Vita Nuova, anzi un secondo
lavoro congiunto con quel primo, e connesso sì per i modi, sì per
l'allegorie, e sì per lo scopo? La Vita Nuova, io
ripeto, è un'ingenua storia de'giovenili amori di Dante per la vezzosa figlia di
Folco, nè ha connessione alcuna col Convito, come sostiene il Biscioni, o sivvero colla Commedia, come pretende il Rossetti.
Restami ora a parlare del modo da me tenuto nel pubblicare la presente edizione di questo
Libro di Dante. Nella stampa del Sermartelli ed in parecchi MSS. furono (come avverte pure
il Biscioni) tolte via tutte le Dichiarazioni e Divisioni de'poetici componimenti, le quali
l'Autore stesso a guisa di chiose o sommarii avea poste per entro a questa sua operetta.
Nelle stampe moderne peraltro tali Dichiarazioni furono restituite a'lor luoghi; ed io
parimente ciò facendo, ho creduto bene di stamparle in un carattere corsivo,
affinchè a prima vista distintamente conoscansi od anche si saltino da chi in
leggendo non ami le interruzioni, e voglia piuttosto tener dietro alle diverse narrative,
che intorno i suoi amori fa in questo libro l'Autore. Nè ho creduto opportuno di
collocarle a modo di note, come hanno praticato gli Editori Pesaresi, perchè nei Co-
dici esse seguono immediatamente i componimenti ai quali
appartengono, e sono quindi inframezzate col testo nella guisa che pur lo sono nel Convito, ove le Divisioni o Somarii delle Canzoni stanno per entro il corpo dell'opera, come
può vedersi nel secondo Capitolo di ciaschedun Trattato.
Rapporto alla lezione io ho tenuto a riscontro le quattro principali edizioni che di esso
libro abbiamo (Sermatelli 1576, Biscioni 1723, Poliani 1827, e Nobili 1829), e ne ho
trascelta quella che m'è apparsa la migliore od almen la più vera.
Oltredichè ho pur riscontrato un Codice della Libreria del Sig. Cav.
Balì Niccolò Martelli, dalla cui gentilezza, pel mezzo del Sig.
Canonico Basi, ho potuto ottenere di consultarlo a mio agio (72): e dirò che la lezione di questo prezioso Codice, e la stampa
procurataci dal Trivulzio (Poliani 1827) sono più specialmente state il
fondamento di questa mia edizione. Nella quale io avrei volentieri riportate in postilla
tutte le varianti che le stampe ed i Codici ne presentano, e che da me sono state fedelmente
notate, se lo avesse comportato il formato di essa. Il quale per esser di troppo piccolo ed
a ciò disadatto, mi fa procrastinare un tale divisamento fino ad altro tempo, a
quello cioè, nel quale io pubblicherò una seconda magnifica edizione
di queste Opere minori di Dante.
Transcribed Footnote (page 263):
(72) Questo è quel medesimo Codice di cui mi valsi pel confronto delle Rime
liriche, e di cui feci menzione a p. XVII del mio Ragionamento. Esso è
membranaceo in fol. picc., ed appartiene al sec. XIV: contiene un frammento d'un Antico
Novelliere, Proverbia Salomonis, le Vite de'Filosofi e loro sentenze. Nomina Lapidum et
(eorum) virtutum, Expositio somnium, Varie Rime di Dante e del Cavalcanti, ed in fine la
Vita Nuova.
Finalmente io mi sono studiato pel primo di fare a questo Libretto, nella guisa che
praticai nel Canzoniere, delle illustrazioni e note filologiche, istoriche e critiche,
affinchè più agevole ad ogni condizion di Lettori ne riuscisse
l'intelligenza, ed affinchè non si vedesse con nostro rammarico uno
de'più antichi ed eleganti scritti che vanti l'italiano idioma, andarne nel
pubblico privo d'ogni qualunque Commento.
In quella parte del libro della mia memoria, dinanzi alla quale poco si potrebbe
leggere, si trova una rubrica (1), la quale dice:
Incipit vita nova. Sotto la quale rubrica io trovo scritte le parole le quali è mio
intendimento d'assemprare (2) in questo libello (3), e se non tutte, almeno la loro sentenzia.
Nove fiate già, appresso al mio nascimento, era tornato lo cielo della
luce(4) quasi ad un medesimo punto, quanto alla sua propria
gi-
Transcribed Footnote (page 265):
(1)
Rubrica vale argomento o sommario d'un libro o d'un capitolo,
esposto brevemente: e così dicevasi dal color rosso, col quale ordinariamente
scrivevasi.
Transcribed Footnote (page 265):
(2)
Assemprare, ritrarre, copiare,
ad exemplum
dicere.
Forse qui è detto per
assembrare,
cioè
raccorre, unire.
Transcribed Footnote (page 265):
(3)
Libello per
libretto. Altre volte Dante nel
processo chiama libello questa sua opera. E nel Convito Tratt. II, cap. 2, favellando di essa:
E siccom'è
ragionato per me nello allegato libello.
Transcribed Footnote (page 265):
(4) Il Sole. Intendi: già erano trascorsi quasi nove anni.
Note: Footnote runs over onto nest page. --Ed.
razione, quando alli miei occhi apparve prima la gloriosa Donna della mia
mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice, e quali (1) non
sa-
Transcribed Footnote (page 266):
(1) Tutte le edizioni e due Codici da me veduti hanno
i quali, invece
di
e quali, com'ho stampato nel testo. Ma che la prima sia lezione
erronea apparirà da ciò che sono per dire. In questo luogo dice
Dante che la sua Donna
fu chiamata da molti Beatrice: or come
potrebb'egli tosto soggiungere
i quali (molti) non sapeano che si
chiamare
, cioè non sapeano come chiamarla? Ben s'accorse della
contradizione il Trivulzio, e però nel suo testo stampò:
i quali non sapeano che sì (così) chiamare;
correzione ingegnosa, ma a mio giudicio non vera. Narra Dante in questo libretto (e il
Lettore vedrallo a suo luogo) che studiavasi nascondere altrui l'oggetto della sua
passione; e che a ciò ottenere pose in opera alcuni artifizj che per alcun
tempo servirongli, ma che finalmente il suo segreto fu da molti discoperto, mentre ad
altri rimase tuttavia occulto. Or, saputo ciò, non è egli facile a
vedersi che in questo inciso Dante ha voluto dirce lo stesso?
Alli miei occhi
apparve prima la gloriosa donna della mia mente, la quale fu da molti chiamata Beatrice,
e quali non sapeano che si chiamare
, cioè, ed altri non sapeano come
chiamarla. Che se ad alcuno venisse difficoltà nell'ammettere una correzione
del testo, non autenticata da Codici, io risponderò che mentre a por la mano
nelle scritture de'nostri antichi deesi procedere con cautela e parsimonia grandissima,
non hassi poi ad avere un soverchio scrupolo alloraquando il contesto ed una critica sana
e giudiziosa ci siano di guida e d'appoggio. La correzione
pingeva con la
zanca
, da me fatta nel testo della Commedia, Inf. XIX, 45 sulla lezione erronea
piangeva, non è
ella stata generalmente approvata, abbenchè non autenticata nè da
antiche stampe, nè da Codice alcuno?
peano che si chiamare. Ella era già in questa vita
stata tanto che nel suo tempo lo cielo stellato era mosso verso la parte d'oriente delle
dodici parti l'una d'un grado (1): sì che quasi dal
principio del suo anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi alla fine del mio nono anno.
Ella apparvemi vestita di noblissimo colore umile ed onesto sanguigno, cinta ed ornata alla
guisa che alla sua giovanissima etade si convenia. In quel punto dico veracemente che lo
spirito della vita (2), lo quale dimora nella segretissima
camera del cuore, cominciò a tremare sì fortemente che apparia
ne'menomi polsi orribilmente (3); e tremando disse queste
parole:
Ecce deus fortior me, qui veniens dominabitur mihi. In quel punto lo spirito animale, il quale dimora nell'alta camera (4), nella quale tutti li spiriti sensitivi portano le loro
percezioni, si cominciò a maravigliare molto,
Transcribed Footnote (page 267):
(1) Cioè la dodicesima parte d'un secolo, vale a dire otto anni e un terzo.
Ciò si prova non tanto dal contesto, quanto da quello che dice Dante nel Convito, pag. 134, con queste parole:
quel cielo si muove seguendo il
movimento della stellata spera da Occidente in Oriente, in cento anni uno grado.
Transcribed Footnote (page 267):
(2) Lo spirito o il principio vitale.
Transcribed Footnote (page 267):
(3) Nella sua Canz. X, St. 5 e 6, l'Alighieri fa la storia del suo innamoramento con
queste stesse circostanze, e quasi colle stesse parole. Può anche vedersi il C.
XXX del Purg. v. 34 e segg.
Transcribed Footnote (page 267):
(4) Nel cervello.
e parlando spezialmente alli spiriti del viso (1), disse queste parole:
Apparuit jam beatitudo vestra. In quel punto lo spirito naturale, il quale dimora in quella parte ove si ministra lo
nutrimento nostro, cominciò a piangere, e piangendo disse queste parole:
Heu miser! quia frequenter impeditus ero deinceps. D'allora innanzi dico ch'Amore signoreggiò l'anima mia, la quale fu
sì tosto a lui disponsata, e cominciò a prendere sopra me tanta
sicurtade e tanta signoria per la virtù che gli dava la mia imaginazione, che me
convenia fare compiutamente tutti i suoi piaceri. Egli mi comandava molte volte che io
cercasse per vedere quest'Angiola giovanissima: ond'io nella mia puerizia molte fiate
l'andai cercando, e vedeala di sì nobili e laudabili portamenti, che certo di lei
si potea dire quella parola del poeta Omero: “Ella non pare figliuola
d'uomo mortale, ma di Dio (2)”. Ed avvegna che la sua imagine, la quale continuamente meco stava,
fosse baldanza d'amore a signoreggiarmi, tuttavia era di sì nobile
virtù, che nulla volta sofferse che Amore mi reggesse senza il fedele consiglio
della ragione in quelle cose là dove cotal consiglio fosse utile a udire. E
però che soprastare alle passioni ed atti di tanta gioventudine pare alcuno
parlare fabuloso, mi
Transcribed Footnote (page 268):
(1) Della vista.
Viso per
vista è usato
spesso da Dante nel Convito e nella Commedia.
Transcribed Footnote (page 268):
(2) Omero di Elena, lib. III, 158:************,
Ella rassomiglia maravigliosamente nel volto alle Dee immortali.
partirò da esse; e trapassando molte cose, le quali si potrebbero
trarre dall'essemplo onde nascono queste, verrò a quelle parole, le quali sono
scritte nella mia memoria sotto maggiori paragrafi.
Poichè furono passati tanti di, che appunto erano compiuti li nove anni
appresso l'apparimento soprascritto di questa gentilissima, nell'ultimo di questi
dì avvenne, che questa mirabile donna apparve a me vestita di colore bianchissimo
in mezzo di due gentili donne, le quali erano di più lunga etade e passando per
una via volse gli occhi verso quella parte ov'io era molto pauroso; e per la sua ineffabile
cortesia, la quale è oggi meritata (1) nel grande
secolo, mi salutò virtuosamente tanto, che mi parve allora vedere tutti i termini
della beatitudine. L'ora che lo suo dolcissimo salutare mi giunse era fermamente nona di
quel giorno; e perocchè quella fu la prima volta che le sue parole vennero a'miei
orecchi, presi tanta dolcezza, che come inebriato mi partii dalle genti. E ricorso al
solingo luogo d'una mia camera, puosimi a pensare di questa cortesissima; e pensando di lei,
mi sopraggiunse un soave sonno, nel quale m'apparve una maravigliosa visione: chè
mi parea vedere nella mia camera una nebula di colore di fuoco, dentro alla quale io
discernea una figura d'uno Signore (2),
Transcribed Footnote (page 269):
(1)
Meritata per
rimeritata, rimunerata. Il verbo
meritare in significato attivo usollo anche altrove, Son. 80:
Lo re che merta i suoi servi ec.
Transcribed Footnote (page 269):
(2) Costui era Amore.
di pauroso (1) aspetto a chi lo
guardasse: e pareami con tanta letizia (2), quanto a se, che
mirabil cosa era: e nelle sue parole dicea molte cose, le quali io non intendea se non
poche, tra le quali io intendea queste:
Ego dominus tuus. Nelle sue braccia mi parea vedere una persona dormire nuda, salvo che involta mi
parea in un drappo sanguigno leggermente, la quale io riguardando molto intentivamente,
conobbi ch'era la donna della salute, la quale m'avea lo giorno dinanzi degnato di salutare.
E nell'una delle mani mi parea, che questi tenesse una cosa, la quale ardesse tutta; e
pareami che mi dicesse queste parole:
Vide cor tuum. E quando egli era stato alquanto, pareami che disvegliasse questa che dormia; e tanto
si sforzava per suo ingegno, che le facea mangiare quella cosa che in mano gli ardeva, la
quale ella mangiava dubitosamente (3). Appresso ciò,
poco dimorava, che la sua letizia si convertia in amarissimo pianto: e così
piangendo si ricogliea questa donna nelle sue braccia, e con essa mi parea che se ne gisse
verso
Transcribed Footnote (page 270):
(1)
Pauroso ha doppio senso, e si dice non tanto di chi ha paura,
quanto di chi la incute, lat.
formidolosus. Così lo stesso
Dante, Inf. II, 70
Temer si dee di sole quelle cose ec.
Dell'altre nò, che non son paurose.
Transcribed Footnote (page 270):
(2) Cioè pieno di tanta letizia.
Transcribed Footnote (page 270):
(3) `
Dubitosamente per
paurosamente come
dubitoso per
pauroso, voce mal definita dal
Vocabolario. Così nella Canz. II, St. 4.
Poi vidi cose dubitose
molte.
il cielo: ond'io sostenea sì grande angoscia, che lo
mio deboletto sonno non potè sostenere (1), anzi si
ruppe, e fui disvegliato. Ed immantinente cominciai a pensare, e trovai che l'ora, nella
quale m'era questa visione apparita, era stata la quarta della notte; sì che
appare manifestamente ch'ella fu la prima ora delle nove ultime ore della notte. E pensando
io a ciò che m'era apparito, proposi di farlo sentire a molti i quali erano
famosi trovatori (2) in quel tempo: e con ciò fosse
cosa ch'io avessi già veduto per me medesimo (3)
l'arte del dire parole per rima, proposi di fare un Sonetto, nel quale io salutassi tutti i
fedeli (4) d'Amore; e pregandoli che giudicassero la mia
visione, scrissi loro ciò ch'io avea nel mio sonno veduto; e cominciai allora
questo Sonetto:
- A ciascun'alma presa (5) e gentil core
- Nel cui cospetto viene il dir presente,
- A ciò che mi riscrivan suo parvente (6),
- Salute in lor signor, cioè Amore.
- Già eran quasi ch'atterzate l'ore (7)
- Del tempo ch'ogni stella è più
lucente (8),
Transcribed Footnote (page 271):
(1)
Sostenere in significato neutro, per
sostenersi.
Transcribed Footnote (page 271):
(2)
Trovatori; poeti, dal provenzale
troubadors. E
i nostri antichi diceano pure
trovare per
poetare.
Transcribed Footnote (page 271):
(3) Cioè, appreso da me stesso.
Transcribed Footnote (page 271):
(4)
Fedeli per
servitori, soggetti.
Transcribed Footnote (page 271):
(5)
Presa per
innamorata, e si trova pure in altri
antichi.
Transcribed Footnote (page 271):
(6) Parere;
suo, il loro.
Transcribed Footnote (page 271):
(7) Cioè, erano quasi le quattr'ore.
Transcribed Footnote (page 271):
(8) Vale a dire, della notte, poichè nel giorno lo splendore delle Stelle
è vinto da quello del Sole.
- Quando m'apparve Amor subitamente (1),
- Cui essenza membrar mi dà orrore.
- Allegro mi sembrava Amor, tenendo
-
10Meo core in mano, e nelle braccia avea
- Madonna,involta in un drappo dormendo.
- Poi la svegliava, e d'esto core ardendo
- lei paventosa umilmente pascea:
- Appresso gir lo ne vedea piangendo.
Questo Sonetto si divide in due parti: nella prima parte saluto, e domando
risponsione; nella seconda significo a che si dee rispondere. La seconda Parte comincia
quivi:
Già eran.
A questo Sonetto fu risnosto da molti e diverse sentenza, tra li quali fu
risponditore quegli cui io chiamo primo de'miei amici (2); e
disse allora uno Sonetto, lo quale comincia:
Vedeste, al mio parere, onne valore. E questo fu quasi il principio dell'amistà tra lui e me, quando egli seppe
ch'io era quegli che gli avea ciò mandato (3). Lo
verace giudicio (4) dei detto sogno non fu veduto allora per
alcuno, ma ora è manifesto alli più semplici.
Transcribed Footnote (page 272):
(1) All improvviso, dal lat.
subito.
Transcribed Footnote (page 272):
(2) Questi che Dante chiama primo de'suoi amici, è Guido Cavalcanti. Fra gli
altri poeti, i quali, scrissero a Dante il loro parere intorno quella sua visione, si fu
uno Cino da Pistoja col Sonetto
Naturalmente chere ogni amadore, ed un
altro Dante da Majano con quello
Di ciò che stato sei
dimandatore.
Transcribed Footnote (page 272):
(3)
Mandato qui forse vale
comandato, come opina il
Salvini, dal franc.
mandè.
Transcribed Footnote (page 272):
(4) La vera interpetrazione, il vero senso.
Da questa visione innanzi cominciò il mio spirito naturale ad essere
impedito ne la sua operazione, perocchè l'anima era tutta data nel pensare di
questa gentilissima; ond'io divenni in picciolo tempo poi di sè frale e debole
condizione, che a molti amici pesava della mia vista (1); e
molti pieni d'invidia si procacciavano di sapere di me quello ch'io voleva del tutto celare
ad altrui. Ed io, accorgendomi del malvagio domandare che mi faccano, per la volontade
d'Amore, il quale mi comandava secondo lo consiglio della ragione, rispondea loro, che Amore
era quelli che cosè m'avea governato (2): dicea
d'Amore, perocchè io portava nel viso tante delle sue insegne, che questo non si
potea ricovrire. E quando mi domandavano: per cui t'ha cosè distrutto questo
Amore? ed io sorridendo li guardava, e nulla dicea loro. Uno giorno avvenne, che questa
gentilissima sedea in parte ove s'udiano parole della Regina della gloria, ed io eraa in
luogo dal quale vedea la mia beatitudine: e nel mezzo di lei e di me per la retta linea
sedea una gentile donna di molto piacevole aspetto, la quale mi mirava spesse volte,
maravigliandosi del mio sguardare, che parea che sopra lei terminasse; onde molti
s'accorsero del suo mirare. Ed in tanto vi fu posto mente, che partendomi da questo luogo,
mi sentii dire appresso: vedi come cotale donna distrugge la persona di costui; e
Transcribed Footnote (page 273):
(1) Del mio aspetto.
Transcribed Footnote (page 273):
(2)
Governato, cioè concio, fatto di me un tal governo.
nominandola, intesi che diceano di colei che in mezzo era stata
nella linea retta che movea dalla gentilissima Beatrice, e terminava negli occhi miei.
Allora mi confortai molto, assicurandomi che il mlo segreto non era comunicato, lo giorno
(1), altrui per mia vista: ed immantinente pensai di fare di
questa gentile donna schermo della veritade; e tanto ne mostrai in poco di tempo, che il mio
segreto fu creduto sapere dalle più persone che di me ragionavano. Con questa
donna mi celai alquanti mesi e anni, e per più fare credente altrui, feci per lei
certe cosette per rima, le quali non è mio intendimento di scrivere qui, se non
in quanto facessero a trattare di quella gentilissima Beatrice; e però le
lascierò tutte, salvo che alcuna cosa ne scriverò, che pare che sia
loda di lei. Dico che in questo tempo che questa donna era schermo di tanto amore, quanto
dalla mia parte, mi venne una volontà di voler ricordare il nome di quella
gentilissima, ed accompagnarlo di molti nomi di donne, e specialmente del nome di questa
gentildonna; e presi i nomi di sessanta le più belle donne della cittade, ove la
mia donna fu posta dall'altissimo Sire, e composi una epistola sotto forma di serventese
(2), la quale io non scriverò;
Transcribed Footnote (page 274):
(1)
Lo giorno, cioè
quel giorno, illo
die.
Così in una Canzone di Giuliano de'Medici, attribuita al Poliziano:
Ch'io mi credetti il giorno Fosse ogni Dea di ciel discesa in terra.
Transcribed Footnote (page 274):
(2) Serventese dicevasi un poetico componimento talvolta in quadernarii, talaltra in
ottave, ma più specialmente in terza rima.
e non n'avrei fatto menzione, se non per dire quello che
componendola maravigliosamente addivenne, cioè che in alcuno altro numero non
sofferse il nome della mia donna stare, se non in sul nove, tra'nomi di queste donne.
La donna, con la quale io avea tanto tempo celata la mia volontà,
convenne che si partisse della sopradetta cittade, e andasse in paese lontano: per che io
quasi sbigottito della bella difesa che mi era venuta meno, assai me ne disconfortai
più che io medesimo non avrei creduto dinanzi (1).
E pensando che, se della sua partita io non parlassi alquanto dolorosamente, le persone
sarebbero (2) accorte più tosto del mio nascondere,
proposi di farne alcuna lamentanza in un Sonetto, il quale io scriverò,
perciocchè la mia donna fu immediata cagione di certe parole, che nel Sonetto
sono, siccome appare a chi lo intende: e allora dissi questo Sonetto (3):
- O voi che per la via d'Amor passate,
- Attendete e guardate,
- S'egli è dolore alcun, quanto il mio, grave;
- E prego sol ch'audir mi sofferiate;
Transcribed Footnote (page 275):
(1) Per l'innanzi.
Transcribed Footnote (page 275):
(2) Si sarebbero, tralasciata la particella
si, come di frequente
s'incontra negli antichi.
Transcribed Footnote (page 275):
(3) Dante chiama talvolta la Ballata, siccome nel caso presente, col nome di Sonetto,
perciocchè questo nome non era in quel secolo particolarmente adoprato a
significare il noto componimento di 14 versi, ma si adoprava generalmente a indicare
qualunque breve componimento poetico.
- E poi imaginate
- S'io son d'ogni tormento ostello e chiave.
- Amor non già per mia poca bontate,
- Ma per sua nobiltate,
- Mi pose in vita sì dolce e soave,
-
10Ch'io mi sentia dir dietro spesse fiate:
- Deh! per qual dignitate
- Così leggiadro questi lo core have!
- Or ho perduto tutta mia baldanza,
- Che si movea d'amoroso tesoro,
- Ond'io pover dimoro
- In guisa che di dir mi vien dottanza (1):
- Sicchè volendo far come coloro,
- Che per vergogna celan lor mancanza,
- Di fuor mostro allegranza,
-
20E dentro dallo cor mi struggo e ploro.
Questo Sonetto ha due parti principali: chè nella prima intendo
chiamare i fedeli d'Amore per quelle parole di Geremia profeta:
0 vos omnes, qui transitis per viam, attendite et videte, si est dolor sicut dolor
meus;
e pregare che mi sofferino d'udire. Nella seconda narro
là ove Amore m'avea posto, con altro intendimento che l'estreme parti del
Sonetto non mostrano: e dico ciò che io ho perduto. La seconda parte comincia
quivi:
Amor non già.
Appresso il partire di questa gentildonna, fu piacere del Signore degli Angeli di
chiamare alla sua gloria una donna giovane e di gentile aspetto molto, la quale fu assai
graziosa in questa sopradetta cittade; lo cui corpo io vidi
Transcribed Footnote (page 276):
(1) Dubitanza, timore.
giacere sanza l'anima in mezzo di molte donne, le quali piangevano assai
pietosamente. Allora ricordandomi che già l'avea veduta fare compagnia a quella
gentilissima, non potei sostenere alquante lagrime; anzi piangendo mi proposi di dire
alquante parole della sua morte in guiderdone di ciò che alcuna fiata l'avea
veduta con la mia donna. E di ciò toccai alcuna cosa nell'ultima parte delle
parole che io ne dissi, siccome appare manifestamente a chi le intende: e dissi allora
questi due Sonetti, dei quali comincia il primo
Piangete amanti; il
secondo
Morte villana.
- Piangete amanti, poichè piange Amore (1),
- Udendo qual cagion lui fa plorare:
- Amor sente a pietà donne chiamare (2)
- Mostrandoamaro duol per gli occhi fuore;
- Perchè villana morte in gentil core
- Ha messo il suo crudele adoperare,
- Guastando ciò che al mondo è da laudare
Transcribed Footnote (page 277):
(1) Ad intelligenza di questo Sonetto, nel quale va fra le altre cose dicendo il Poeta,
che
vide Amore in forma vera lamentarsi sopra il corpo della morta avvenente
donzella, e riguardar verso il cielo,
convien sapere che sotto il nome d'
Amore, Dante ha voluto celare la sua Beatrice, la quale in forma vera, e
non ideale siccome Cupido, fu da lui veduta lamentarsi sopra il corpo della sua morta
compagna. Anche nell'ultimo verso del Sonetto
Io mi senti' svegliar
Dante adombrò la sua donna nel vocabolo
Amore.
Transcribed Footnote (page 277):
(2)
Chiamare per
clamare; e quindi
a
pietà chiamare
significa
esclamare pietosamente.
- In gentil donna, fuora dell'onore (1).
- Udite quant'Amor le fece orranza (2);
-
10Ch'io 'l vidi lamentare in forma vera
- Sovra la morta immagine avvenente:
- E riguardava ver lo ciel sovente,
- Ove l'alma gentil già locata era,
- Che donna fu di sì gaja sembianza.
Questo primo Sonetto si divide in tre parti. Nella prima chiamo e sollecito i
fedeli d'Amore a piangere; e dico che lo Signore loro piange, e che udendo la cagione
perch'e'piange, si acconcino più ad ascoltarmi. Nella seconda narro la cagione:
nella terza parlo d'alcuno onore che Amore fece a questa donna. La seconda parte comincia
quivi:
Amor sente;
la terza quivi: Udite.
- Morte villana, di pietà nemica,
- Di dolor madre antica,
- Giudicio incontrastabile gravoso,
- Poi ch'hai data materia al cor doglioso,
- Ond'io vado pensoso,
- Di te biasmar la lingua s'affatica.
- E se di grazia ti vuoi far mendica (3),
- Convenesi ch'io dica
- Lo tuo fallir d'ogni torto tortoso (4),
Transcribed Footnote (page 278):
(1) Costruisci ed intendi:
Guastando, fuora dell'onore (che non
può dalla morte ricevere detrimento)
tutto ciò, che al
mondo è da laudare in gentil donna,
cioè la
gioventù, la bellezza ec.
Transcribed Footnote (page 278):
(2) Contratto d'
onoranza, onore.
Transcribed Footnote (page 278):
(3) Priva affatto. Il Dionisi legge
ti vo', e spiega: e se voglio
renderti affatto priva d'ogni grazia, cioè farti odiosa e abominevole ec.
Transcribed Footnote (page 278):
(4) Reo, colpevole.
-
10Non però ch'alla gente sia nascoso,
- Ma per farne cruccioso (1)
- Chi d'amor per innanzi si nutrica.
- Dal secolo hai partito cortesia,
- E ciò, che in donna è da pregiar, virtude:
- In gaja gioventude
- Distrutta hai l'amorosa leggiadria.
- Più non vo' discovrir qual donna sia,
- Che per le proprietà sue conosciute:
- Chi non merta salute
-
20Non speri mai d'aver sua compagnia (2).
Questo Sonetto si divide in quattro parti. Nella prima chiamo la Morte per
certi suoi nomi proprii; nella secondu parlando a lei dico la ragione perch'io mi movo a
biasimarla; nella terza la vitupero: nella quarta mi volgo a parlare a indiffinita persona,
avvegnachè quanto al mio intendimento sia diffinita. La seconda parte comincia
quivi:
Poi ch'hai data;
la terza quivi: E se di grazia;
la quarta quivi: Chi non merta.
Appresso la morte di questa donna alquanti dì, avvenne cosa, per la
quale mi convenne partire della sopradetta cittade, ed ire verso quelle parti ov'era la
gentil donna ch'era stata mia difesa, avvegnachè non tanto lontano fosse lo
termine del mio andare, quanto ella era. E tuttochè io fossi alla compagnia di
molti, quan-
Transcribed Footnote (page 279):
(1) Indignato.
Transcribed Footnote (page 279):
(2) Questi ultimi due versi non alludono alla morta donzella, per cui fu scritta la
Ballata, ma a Beatrice, secondo che Dante ha accennato nella pagina precedente.
to alla vista, l'andare mi dispiacea sì che quasi li
sospiri non poteano disfogare l'angoscia che il cuore sentia, però ch'io mi
dilungava dalla mia beatitudine. E però lo dolcissimo Signore, il quale mi
signoreggiava per virtù della gentilissima donna, nella mia immaginazione apparve
come peregrino leggermente vestito, e di vili drappi. Egli mi parea sbigottito, e guardava
la terra, salvo che talvolta mi parea che li suoi occhi si volgessero ad uno fiume bello,
corrente e chiarissimo, il quale sen già lungo questo cammino là ove
io era. A me parve che Amore mi chiamasse e dicessemi queste parole: lo vengo da quella
donna, la quale è stata lunga sua difesa, e so che il suo rivenire non
sarà; e però quel cuore ch'io ti facea avere da lei (1), io l'ho meco, e portolo a donna, la quale sarà tua
difensione come questa era (e nomollami sì ch'io la conobbi bene). Ma tuttavia di
queste parole ch'io t'ho ragionate, se alcune ne dicessi, dille per modo che per loro non si
discernesse lo simulato amore che hai mostrato a questa, e che ti converrà
mostrare ad altrui. E dette queste parole, disparve tutta questa mia immaginazione tutta
subitamente, per la grandissima parte che mi parve ch'Amore mi desse di sè: e
quasi cambiato nella vista mia cavalcai quel giorno pensoso molto, e accompagnato da molti
sospiri. Appresso lo giorno (2) cominciai questo Sonetto:
- Cavalcando l'altr'ier per un cammino
- Pensoso dell'andar che mi sgradia,
Transcribed Footnote (page 280):
(1) Da lei, cioè presso di lei.
Transcribed Footnote (page 280):
(2) Cioè,
appresso quello giorno.
- Trovai Amore in mezzo della via
- In abito leggier di peregrino.
- Nella sembianza mi parea meschino (1),
- Come avesse perduto signoria,
- E sospirando pensoso venia,
- Per non veder la gente, a capo chino.
- Quando mi vide, mi chiamò per nome,
-
10E disse: io vegno di lontana parte,
- Ov'era lo tuo cor per mio volere,
- E recolo a servir novo piacere (2).
- Allora presi di lui sì gran parte,
- Ch'egli disparve, e non m'accorsi come.
Questo Sonetto ha tre parti. Nella prima parte dico siccome io trovai Amore, e
qual mi parea: nella seconda dico quello ch'egli mi disse, avvegnachè non
compiutamente, per tema ch'io avea di discovrire lo mio segreto: nella terza dico com'egli
disparve. La seconda comincia quivi:
Quando mi vide;
la terza quivi:
Allora presi.
Appresso la mia tornata, mi misi a cercare di questa donna, che lo mio signore
m'avea nominata nel cammino de'sospiri. Ed acciocchè il mio parlare sia
più breve, dico che in poco tempo la feci mia difesa tanto, che troppa gente ne
ragionava oltra li termini della cortesia;
Transcribed Footnote (page 281):
(1)
Meschino, servo. Così nel C. IX, v. 43 dell'Inf.
le meschine Della Regina dell'eterno pianto. Così Inf. XXVIII,
39 ed altrove.
Transcribed Footnote (page 281):
(2)
Piacere, qui vale
venustà, bellezza di
forme.
Così nel Canto V, v. 104 dell'Inf.
Amor . . . . mi
prese del costui piacer sì forte, Che
ec. E un antico Poeta disse:
Piacer (bellezza) di forma, dato per natura.
onde molte fiate mi pesava duramente. E per questa cagione,
cioè di questa soverchievole voce, che parea che m'infamasse viziosamente, quella
gentilissima, la quale fu distruggitrice di tutti i vizj, e regina delle virtù,
passando per alcuna parte mi negò il suo dolcissimo salutare, nel quale stava
tutta la mia beatitudine. Ed uscendo alquanto del proposito presente, voglio dare ad
intendere quello che il suo salutare in me virtuosamente operava. Dico che quando ella
apparia da parte alcuna, per la speranza dell'ammirabile salute (1), nullo nemico mi rimanea, anzi mi giungea una fiamma di caritade, la quale mi
facea perdonare a chiunque m'avesse offeso: e chi allora m'avesse addimandato di cosa
alcuna, la mia risponsione sarebbe stata solamente
Amore con viso vestito
d'umiltà. E quando ella fosse alquanto propinqua al salutare, uno spirito d'Amore
distruggendo tutti gli altri spiriti sensitivi, pingea fuori i deboletti spiriti del viso
(2), e dicea loro: “Andate ad onorare la
donna vostra”; ed egli si rimanea nel loco loro (3). E chi avesse voluto conoscere Amore, far lo potea mirando lo tremore degli
occhi miei. E quando questa gentilissima donna salutava, non che Amore fosse tal mezzo che
potesse obum-
Transcribed Footnote (page 282):
(1)
Salute per
saluto, salutazione, è
usato spesse volte da Dante in questo libro ed altrove. Così Gidino da
Somacampagna
Poi da mia parte da'mille salute A ciascun ec.
Così altri antichi.
Transcribed Footnote (page 282):
(2) Della vista, gli spiriti visivi.
Transcribed Footnote (page 282):
(3) Cioè negli occhi.
Note: All three footnotes on this page in the original text are numbered 1, probably
through printer error. --Ed.
brare a me la intollerabile beatitudine, ma egli quasi per soverchio di
dolcezza divenia tale, che lo mio corpo, lo quale era tutto sotto il suo reggimento, molte
volte si movea come cosa grave inanimata: sicchè appare manifestamente che nella
sua salute (1) abitava la mia beatitudine, la quale molte
volte passava e redundava (1) la mia capacitade.
Ora, tornando al proposito, dico che, poichè la mia beatitudine mi fu
negata, mi giunse tanto dolore, che partitomi dalle genti, in solinga parte andai a bagnare
la terra d'amarissime lagrime: e poichè alquanto mi fu sollevato questo
lagrimare, misimi nella mia camera là ove potea lamentarmi senza essere udito. E
quivi chiamando misericordia alla donna della cortesia, e dicendo: “Amore,
ajuta il tuo fedele ” m'addormentai come un pargoletto battuto
lagrimando. Avvenne quasi nel mezzo del mio dormire, che mi parea vedere nella mia camera
lungo me sedere un giovane vestito di bianchissime vestimenta, e pensando molto. Quanto alla
vista sua mi riguardava là ov'io giacea; e quando m'avea guardato alquanto,
pareami che sospirando mi chiamasse, e dicessemi queste parole:
Fili mi, tempus est ut praetermittantur simulata nostra (1). Allora mi parea ch'io'l conoscessi,
Transcribed Footnote (page 283):
(1) Nel di lei saluto.
Transcribed Footnote (page 283):
(2) Soverchiava.
Transcribed Footnote (page 283):
(3) Cioè
le nostre simulazioni, del far credere alla gente
che Dante fosse innamorato non di Beatrice, ma d'altre femmine. Parecchi testi leggono
simulacra, ma non ne levo un senso si chiaro come dalla prima lezione che
ho ritrovata nel Codice Martelli.
perocchè mi chiamava così come assai fiate
nelli miei sonni m'avea già chiamato. E riguardandolo mi parea che piangesse
pietosamente, e parea che attendesse da me alcuna parola: ond'io assicurandomi, cominciai a
parlare così con esso: Signore della nobiltade (1),
perchè piangi tu? E quegli mi dicea queste parole:
Ego tanquam centrum circuli, cui simili modo se habent circumferentiae partes; tu
autem non sic
. Allora pensando alle sue parole, mi parea, che mi avesse parlato molto oscuro,
sì che io mi sforzava di parlare, e diceagli queste parole: Ch'è
ciò, Signore, che tu mi parli con tanta scuritade? E quegli mi dicea in parole
volgari: Non dimandar più che utile ti sia (2). E
però cominciai con lui a ragionare della salute (3), la quale mi fu negata; e domandailo della cagione; onde in questa guisa da
lui mi fu risposto: Quella nostra Beatrice udio da certe persone, di te ragionando, che la
donna, la quale io ti nominai nel camino de' sospiri, ricevea da te alcuna noja. E
però questa gentilissima, la quale è contraria di tutte le noje non
degnò salutare
Transcribed Footnote (page 284):
(1)
Signore della nobiltà, modo ebraico, postilla il
Salvini, cioè
Signor nobile; come poco sopra
donna della cortesia, cioè
donna cortese.
Transcribed Footnote (page 284):
(2) Cioè: non dimandare più oltre di quello che utile ti sia: modo
ellittico.
Transcribed Footnote (page 284):
(3) Del saluto.
la tua persona, temendo non fosse nojosa (1). Onde conciossiacosachè veracemente sia conosciuto per lei alquanto
lo tuo segreto per lunga consuetudine, voglio che tu dica certe parole per rima, nelle quali
tu comprenda la forza ch'io tegno sovra te per lei, e come tu fosti suo tostamente dalla tua
puerizia: e di ciò chiama testimonio colui, che'l sa; e come tu preghi lui che
glie le dica: ed io, che sono quello, volentieri le ne ragionerò; e per questo
sentirà ella la tua volontade, la quale sentendo, conoscerà le parole
degl'ingannati. Queste parole fa'che sieno quasi d'uno mezzo, sì che tu non parli
a lei immediatamente, chè non è degno. E non le mandare in parte
alcuna senza me, onde potessero essere intese da lei, ma falle adornare di soave armonia,
nella quale io sarò tutte le volte che farà mestiere. E dette queste
parole, disparve, e lo mio sonno fu rotto. Ond'io ricordandomi, trovai che questa visione
m'era apparita nella nona ora del dì; e anzi che io uscissi di questa camera,
proposi di fare una Ballata, nella quale seguitassi (2)
ciò che'l mio Signore m'avea imposto, e feci questa Ballata.
- Ballata, io vo'che tu ritruovi Amore,
- E con lui vadi a Madonna davanti,
Transcribed Footnote (page 285):
(1)
Nojosa in senso passivo, per
nojata, nella
guisa ch'altrove adoprò in senso passivo
doloroso e pauroso.
Sicchè appare che questi vocaboli sono di significato comune.
Transcribed Footnote (page 285):
(2)
Seguitassi, cioè narrassi seguitatamente,
fedelmente.
- Sicchè la scusa mia, la qual tu canti,
- Ragioni poi con lei lo mio Signore (1).
- Tu vai, Ballata, sì cortesemente,
- Che senza compagnia
- Dovresti in tutte parti avere ardire;
- Ma se tu vuogli andar sicuramente,
- Ritrova l'Amor pria,
-
10Chè forse non è buon sanza lui gire;
- Perocchè quella, che ti debbe udire,
- Se, com'io credo, è inver di me adirata,
- E tu di lui non fossi accompagnata,
- Leggeramente ti faria disnore.
- Con dolce suono, quando se'con lui,
- Comincia este parole,
- Appresso ch'averai chiesta pietate:
- Madonna, quegli che mi manda a vui (2),
- Quando vi piaccia, vuole,
-
20Sed (3) egli ha scusa, che la m'intendiate.
- Amore è quei che per vostra beltate
- Lo face, come vuol, vista cangiare:
- Dunque, perchè gli fece altra guardare,
- Pensatel voi, dacch'e'non mutò'l core (4).
Transcribed Footnote (page 286):
(1) Intendi: Sicchè la mia scusa, la quale da te, o Ballata, si espone coi
versi, sia poscia con lei (cioè con la mia donna) ragionata verbalmente dal mio
Signore (vale a dire da Amore).
Transcribed Footnote (page 286):
(2)
Vui in luogo di
voi, per la rima, come
nui, sui ec. in luogo di
noi, suoi ec.
Transcribed Footnote (page 286):
(3)
Sed, se, come
ned, ched ec., aggiuntavi la
consonante
d per la giusta misura del verso, e per ischivar la durezza
nell'incontro di due vocali. Si rinviene frequentemente negli antichi Poeti.
Transcribed Footnote (page 286):
(4)
Intendi: Amore è quei che a motivo della vostra
beltà fa a sua voglia cambiare a Dante la vista,
vale a dire,
fa a sua voglia dirigere a Dante lo sguardo. E il perchè Amore fece a Dante
guardare altra femmina, il potete dunque immaginare da per voi, dacchè sapete
ch'ei non mutò il core. E ritroverete che quello fu uno strattagemma per celare
altrui l'affetto che per voi nutre nel seno.
- Dille: Madonna, lo suo core è stato
- Con sì fermata fede,
- Ch'avoi servir lo pronta (1) ogni pensiero:
- Tosto fu vostro, e mai non s'è smagato (2).
- Sed ella non tel crede,
-
30Di'che domandi Amor, che ne sa'l vero;
- Ed alla fine falle umil preghiero,
- Lo perdonare se le fosse a noja,
- Che mi comandi per messo ch'io moja,
- E vedrassi ubbidire al servitore.
- E di'a colui (3) ch'è d'ogni pietà
chiave,
- Avanti che sdonnei (4),
- Chè le saprà contar mia ragion buona.
- Per grazia della mia nota soave (5)
Transcribed Footnote (page 287):
(1)
Lo pronta, lo fa pronto e sollecito, lo incita, lo sprona.
Transcribed Footnote (page 287):
(2)
Smagato, smarrito, perduto, e viene, secondo il Salvini, dallo
spagnuolo
desmagado.
Transcribed Footnote (page 287):
(3)
A colui, cioè ad Amore.
Transcribed Footnote (page 287):
(4)
Avanti che sdonnei, avanti che si levi d'appresso a Madonna.
Sdonneare, partirsi da donne, come
donneare
intrattenersi con donne; ne qui vale
snamorarsi come definisce il
Vocabolario, e come dice il Briscioni.
Transcribed Footnote (page 287):
(5)
Cioè in grazia della mia soave poesia, delle mie soavi
rime.
Le parole Per grazia
fino a in bel sembiante
pace (v. 38),
sono quelle che per comando del Poeta, la Ballata dee dire ad
Amore, avanti che si levi d'appresso a Madonna.
- Rimanti qui con lei,
-
40E del tuo servo ciò che vuoi ragiona;
- E s'ella per tuo prego li perdona,
- Fa'che gli annunzi un bel sembiante parce.
- Gentil Ballata mia, quando ti piace,
- Muovi in tal punto, che tu n'aggi onore.
Questa Ballata in tre parti si divide. Nella prima dico a lei ov'ella vada, e
confortola perocchè (1)vada più sicura;
e dico nella cui compagnia si metta se vuole securamente andare, e senza pericolo alcuno.
Nella seconda dico quello, che a lei s'appartiene di fare intendere. Nella terza la
licenzio del gire quando vuole, raccomandando lo suo movimento nelle braccia della fortuna.
La seconda parte comincia quivi:
Con dolce suono.
La terza quivi:
Gentil Ballata.
Potrebbe già l'uomo opporre contra me e dire, che non
sapesse a cui fosse il mio parlare in seconda persona, perocchè la ballata non
è altro che queste parole ch'io parlo: e però dico che questo dubbio
io lo intendo solvere e dichiarare in questo libello ancora in parte più
dubbiosa: ed allora intenda chi qui dubbia, o chi qui volesse opporre in questo modo.
Appresso questa soprascritta visione, avendo già dette le parole che
Amore m'avea imposto di dire, m'incominciarono molti e diversi pensamenti a combattere, e a
tentare ciascuno quasi indefensibilmente: tra' quali pensamenti quattro m'ingombravano
più il riposo della vita. L'uno de'quali era questo: buona è
Transcribed Footnote (page 288):
(1)
Perocchè qui vale
affinchè.
la signoria d'Amore, perocchè trae lo intendimento del suo fedele
da tutte le vili cose. L'altro era questo: non buona è la signoria d'Amore,
perocchè quanto lo suo fedele più fede gli porta, tanto più
gravi e dolorosi punti gli conviene passare. L'altro era questo: Lo nome d'Amore
è sì dolce a udire, che impossibile mi pare, che la sua operazione sia
nelle più cose altro che dolce, conciossiacosachè i nomi seguitino le
nominate cose, siccome è scritto:
Nomina sunt consequentia rerum. Lo quarto era questo: La donna per cui Amore ti stringe così, non
è come le altre donne, che leggermente si mova del suo cuore. E ciascuno mi
combattea tanto, che mi facea stare come colui, che non sa per qual via pigli il suo
cammino, e che vuole andare, e non sa onde si vada. E se io pensava di voler cercare una
comune via di costoro, cioè là ove tutti si accordassero, questa via
era molto inimica verso di me, cioè di chiamare e mettermi nelle braccia della
pietà. Ed in questo stato dimorando, mi giunse volontà di scriverne
parole rimate, e dissine allora questo Sonetto:
- Tutti li miei pensier parlan d'Amore,
- Ed hanno in lor sì gran varietate,
- Ch'altro mi fa voler sua potestate,
- Altro folle ragiona il suo valore:
- Altro sperando m'apporta dolzore (1),
- Altro pianger mi fa spesse fiate;
- E sol s'accordano in chieder pietate,
- Tremando di paura ch'è nel core
Transcribed Footnote (page 289):
(1) Dolcezza.
- Ond'io non so da qual materia prenda;
-
10E vorrei dire, e non so ch'io mi dica:
- Così mi trovo in amorosa erranza.
- E se con tutti vo' fare accordanza (1),
- Convenemi chiamar la mia nemica,
- Madonna la Pietà, che mi difenda.
Questo Sonetto in quattro parti si può dividere. Nella prima dico e
propongo, che tutti i miei pensieri sono d'Amore. Nella seconda dico, che sono diversi, e
narro la loro diversitade. Nella terza dico in che tutti pare che s'accordino. Nella quarta
dico che volendo dire d'Amore, non so da quale pigli materia; e se la voglio pigliare da
tutti, conviene che io chiami la mia nemica, madonna la Pietà. Dico Madonna,
quasi per isdegnoso modo di parlare. La seconda parte comincia quivi:
Ed hanno in lor.
La terza: E sol s'accordan.
La quarta: Ond'io.
Appresso la battaglia delli diversi pensieri, avvenne, che questa gentilissima
venne in parte ove molte donne gentili erano adunate; alla qual parte io fui condotto per
amica persona, credendosi fare a me gran piacere in quanto mi menava là ove tante
donne mostravano le loro bellezze. Ond'io quasi non sapendo a che fossi menato, e fidandomi
nella persona, la quale un suo amico all'estremità della vita condotto avea,
dissi: Perchè semo noi venuti a queste donne? Allora quegli mi disse: Per fare
sì ch'
Transcribed Footnote (page 290):
(1)
Accordanza, erranza, accordo, errore. Questa desinenza in
anza è molto frequente ne'nostri antichi poeti.
elle sieno degnamente servite. E lo vero è che adunate
quivi erano alla compagnia d'una gentildonna, che disposata era lo giorno (1); e però secondo l'usanza della sopradetta cittade,
conveniva che le facessero compagnia nel primo sedere alla mensa che facea nella magione del
suo novello sposo. Sì che io credendomi far il piacere di questo amico, proposi
di stare al servizio delle donne nella sua compagnia. E nel fine del mio proponimento mi
parve sentire un mirabile tremore incominciare nel mio petto dalla sinistra parte, e
stendersi di subito per tutte le parti del mio corpo. Allora dico che poggiai la mia persona
simulatamente ad una pintura, la quale circondava questa magione; e temendo non altri si
fosse accorto del mio tremare, levai gli occhi, e mirando le donne, vidi tra loro la
gentilissima Beatrice. Allora furono sì distrutti li miei spiriti per la forza
che Amore prese veggendosi in tanta propinquitade alla gentilissima donna, che non mi rimase
in vita più che gli spiriti del viso, ed ancor questirimasero fuori de'loro
strumenti, perocchè Amore volea stare nel loro nobilissimo luogo per vedere la
mirabile donna: e avvegna ch'io fossi altro che prima, molto mi dolea di questi spiritelli
che si lamentavano forte, e diceano: Se questi non ci infolgorasse (2) così fuori del nostro luogo, noi potremmo stare a
Transcribed Footnote (page 291):
(1)
Lo giorno, quel giorno, com'ho avvertito più sopra.
Transcribed Footnote (page 291):
(2) Cacciasse velocemente, a guisa di folgore.
vedere la meraviglia di questa donna così come stanno
gli altri nostri pari. Io dico, che molte di queste donne, accorgendosi della mia
trasfigurazione, si cominciaro a maravigliare; e ragionando si gabbavano di me con questa
gentilissima: onde l'ingannato amico di buona fede mi prese per la mano, e traendomi fuori
della veduta di queste donne, midomandò, che io avessi. Allora riposato alquanto,
e risurti li morti spiriti miei, e li discacciati rivenuti alle loro possessioni, dissi a
questo mio amico queste parole: Io ho tenuti i piedi in quella parte della vita, di
là dalla quale non si può ire più per intendimento di
ritornare. E partitomi da lui, mi ritornai nella camera delle lagrime, nella quale piangendo
e vergognandomi, fra me stesso dicea: Se questa donna sapesse la mia condizione, io non
credo, che così gabbasse la mia persona, anzi credo che molta pietà ne
le verrebbe. E in questo pianto stando, proposi di dir parole, nelle quali a lei parlando
significassi la cagione del mio trasfiguramento, e dicessi che io so bene ch'ella non
è saputa (1), e che se fosse saputa, io credo che
pietà ne giungerebbe altrui: e proposi di dirle, desiderando che venissero per
avventura nella sua audienza; e allora dissi questo Sonetto:
- Con l'altre donne mia vista gabbate (2),
- E non pensate, donna, onde si mova
- Ch'io vi rassembri sì figura nova
Transcribed Footnote (page 292):
(1) Non è consapevole, non ha cognizione di ciò.
Transcribed Footnote (page 292):
(2) Insieme alle altre donne, voi gabbate il mio aspetto.
- Quando riguardo la vostra beltate.
- Se lo saveste, non potria pietate
- Tener più contra me l'usata prova (1),
- Ch'Amor quando sì presso a voi mi trova,
- Prende baldanza e tanta sicurtate,
- Che fiere (2) tra'miei spiriti paurosi,
-
10E quale ancide, e qual pinge di fuora,
- Sicch'ei solo rimane a veder vui:
- Ond'io mi cangio in figura d'altrui;
- Ma non sì ch'io non senta bene allora
- Gli guai de'discacciati tormentosi (3).
Questo sonetto non divido in parti, perchè la divisione non si fa se
non per aprire la sentenzia della cosa divisa: onde, conciossiacosachè per la
ragionata cagione assai sia manifesto, non ha mestiere di divisione. Vero è che
tra le parole ove si manifesta la cagione di questo Sonetto si trovano dubbiose parole;
cioè quando dico ch'Amore uccide tutti i miei spiriti, e li visivi rimangono in
vita, salvo che fuori degli strumenti loro. E questo dubbio è impossibile a
solvere a chi non fosse in simil grado fedele d'Amore; ed a coloro che vi sono è
manifesto ciò che solverebbe le dubitose parole: e però non
è bene a me dichiarare cotale dubitazione, acciocchè
(4)
lo mio parlare sarebbe indarno ovvero di soperchio.
Appresso la nuova trasfigurazione mi giun-
Transcribed Footnote (page 293):
(1) L'usata, la solita severità.
Transcribed Footnote (page 293):
(2)
Che fiere, diventa fiero, infierisce contro i miei spiriti.
Transcribed Footnote (page 293):
(3)
Cioè: i guai tormentosi de'discacciati spiriti.
Transcribed Footnote (page 293):
(4)
Acciocchè nel significato di
perciocchè.
se un pensamento forte, il quale poco si partia da me; anzi
continuamente mi riprendea, ed era di cotale ragionamento meco: Posciachè tu
pervieni a così schernevole vista quando tu se'presso di questa donna,
perchè pur cerchi di vederla? Ecco che se tu fossi domandato da lei, che avresti
tu da rispondere? ponendo che tu avessi libera ciascuna tua virtude (1), in quanto tu le rispondessi. Ed a questo rispondea un altro umile pensiero, e
dicea: Se io non perdessi le mie virtudi, e fossi libero tanto ch'io potessi rispondere, io
le direi, che sì tosto com'io immagino la sua mirabil bellezza, sì
tosto mi giugne un desiderio di vederla, il quale è di tanta virtude, che uccide
e distrugge nella mia memoria ciò che contra lui si potesse levare; e
però non mi ritraggono le passate passioni da cercare la veduta di costei. Ond'io
mosso da cotali pensamenti proposi di dire certe parole, nelle quali scusandomi a lei di
cotal riprensione, ponessi anche quello che mi addiviene presso di lei, e dissi questo
Sonetto.
- Ciò che m'incontra nella mente more
- Quando vengo a veder voi bella gioja;
- E quando vi son presso, io sento Amore
- Che dice: fuggi, se'l perir t'è noja (2).
- Lo viso mostra lo color del core,
- Che tramortendo, ovunque può s'appoja (3),
Transcribed Footnote (page 294):
(1)
Virtude per
potenza o facoltà
dell'anima.
Transcribed Footnote (page 294):
(2) Vale a dire, fuggi se non t'è a grado il rimanere quì
morto.
Transcribed Footnote (page 294):
(3) S'appoggia.
- E per l'ebrietà del gran tremore,
- Le pietre (1) par che gridin: moja, moja.
- Peccato face (2) chi allor mi vede,
-
10Se l'alma sbigottita non conforta,
- Sol dimostrando che di me gli doglia,
- Per la pietà, che'l vostro gabbo avvede (3),
- La qual si cria nella vista morta
- Degli occhi, ch'hanno di lor morte voglia.
Questo Sonetto si divide in due parti. Nella prima dico la cagione, per che non
mi tegno di gire presso a questa donna; nella seconda dico quello che m'addiviene per
andare presso di lei; e comincia questa parte quivi:
E quando vi son presso.
E anche questa seconda parte si divide in cinque, secondo cinque diverse
narrazioni: chè nella prima dico quello che Amore consigliato dalla ragione mi
dice quando le son presso: nella seconda manifesto lo stato del core per esemplo del viso:
nella terza dico siccome ogni sicurtade mi vien meno; nella quarta dico, che pecca quegli
che non mostra pietà di me acciocchè (4) mi sarebbe alcun con-
Transcribed Footnote (page 295):
(1)
Intendi le pietre della parete, di quella muraglia, ov'egli
tramortendo s'appoggia.
V. ciò che Dante dice quattro pagine
sopra.
Transcribed Footnote (page 295):
(2)
Rimprovero a Beatrice, la quale a quell'epoca mostravasi insensibile
all'affetto del Poeta.
Transcribed Footnote (page 295):
(3)
Intendi: Per l'angoscia che s'accorge del vostro gabbo o scherno,
la qual angoscia si crea nella vista moribonda degli occhi, che hanno voglia della
propria lor morte,
perchè son essi che col guardare danno origine
al loro morire.
Transcribed Footnote (page 295):
(4) Acciocchè
per perciocchè.
forto: nell'ultima dico perchè altri dovrebbe aver
pietà, e cioè per la pietosa vista (1)
che negli occhi mi giunge, la qual vista pietosa è distrutta, cioè
non pare altrui, per lo gabbare di questa donna, la quale trae a sua simile operazione
coloro che forse vedrebbono questa pietà. La seconda parte comincia quivi:
Lo viso mostra;
la terza: E per l'ebrietà;
la
quarta:
Peccato face;
la quinta: Per la pietà.
Appresso ciò che io dissi, questo Sonetto mi mosse una
volontà di dire anche parole nelle quali dicessi quattro cose ancora sopra il mio
stato, le quali non mi parea che fossero manifestate ancora per me. La prima delle quali si
è che molte volte io mi dolea, quando la mia memoria movesse la fantasia ad
imaginare quale Amore mi facea: la seconda si è, che Amore spesse volte di subito
m'assalia sì forte che a me non rimanea altro di vita se non un pensiero che
parlava della mia donna: la terza si è che quando questa battaglia d'Amore mi
pugnava così, io mi movea quasi discolorito tutto per veder questa donna,
credendo che mi difendesse la sua veduta da questa battaglia, dimenticando quello che per
appropinquare a tanta gentilezza m'addivenia: la quarta si è come cotal veduta
non solamente non mi difendea, ma finalmente disconfiggea la mia poca vita; e
però dissi questo Sonetto:
Transcribed Footnote (page 296):
(1) Pietosa vista
per angoscia;
ed in simile significato
adopra pure il vocabolo
pietà,
cinque versi più
sotto.
- Spesse fiate venemi alle mente
- L'oscura qualità (1) ch'Amor mi dona,
- E vienmene pietà sì, che sovente
- Io dico
: lasso! avvien egli a persona?
- Ch'amor m'assale subitanamente (2),
- Sì che la vita quasi m'abbandona:
- Campami un spirto vivo (3) solamente,
- E quel riman, perchè di voi ragiona.
- Poscia mi sforzo, che mi voglio aitare;
-
10E così smorto e d'ogni valor voto,
- Vegno a vedervi, credendo guarire:
- E se io levo gli occhi per guardare,
- Nel cor mi s'incomincia un terremoto,
- Che fa da' polsi l'anima partire.
Questo Sonetto si divide in quattro parti, secondo che quattro cose sono in
esso narrate: e perocchè sono esse ragionate di sopra, non m'intrametto (4) se non di distinguere le parti per li loro cominciamenti: onde
dico che la seconda parte comincia quivi:
Ch'Amor;
la terza quivi:
Poscia mi sforzo;
la quarta: E se io levo.
Poichè io dissi questi tre Sonetti, ne'quali parlai a questa Donna,
però che furo narratorii di tutto quasi lo mio stato, credeimi tacere,
perocchè mi parea avere di me assai manifestato. Avvegnachè sempre poi
tacessi di dire a lei, a me convenne ripigliare materia
Transcribed Footnote (page 297):
(1)
Oscura ha qui il significato d'
angosciosa.
Così nel Son. XVIII
la qualità della mia vita oscura.
Transcribed Footnote (page 297):
(2) Improvvisamente.
Transcribed Footnote (page 297):
(3)
Cioè: resta in me vivo solamente uno spirto.
Transcribed Footnote (page 297):
(4) Non m'impaccio, non mi dò pensiero.
nova e più nobile che la passata. E
perocchè la cagione della nuova materia è dilettevole a udire, la
dirò quanto potrò più brevemente.
Conciossiacosachè per la vista mia molte persone avessero compreso lo
segreto del mio cuore, certe donne le quali adunate s'erano dilettandosi l'una nella
compagnia dell'altra, sapeano bene lo mio cuore, perchè ciascuna di loro era
stata a molte mie sconfitte. Ed io passando presso di loro, siccome dalla fortuna menato,
fui chiamato da una di queste gentili donne. Quella che m'avea chiamato era di molto
leggiadro parlare; sicchè quando io fui giunto d'innanzi a loro, e vidi bene che
la mia gentilissima donna non era con esse, rassicurandomi le salutai, e domandai che
piacesse loro. Le donne erano molte, tra le quali n'avea certe che si rideano tra loro.
Altre v'erano che guardavanmi aspettando che io dovessi dire. Altre v'erano che parlavano
tra loro, delle quali una volgendo gli occhi verso me, e chiamandomi per nome, disse queste
parole: A che fine ami tu questa tua donna, poichè tu non puoi la sua presenza
sostenere? Dilloci, chè certo il fine di cotale amore conviene che sia novissimo.
E poichè m'ebbe dette queste parole, non solamente ella, ma tutte le altre
cominciaro ad attendere in vista la mia risponsione. Allora dissi loro queste parole:
Madonne, lo fine del mio amore fu già il saluto di questa donna, di cui voi forse
intendete, ed in quello dimorava la beatitudine che era fine di tutti i miei desiderii. Ma
poichè le piacque di negarlo a me,
Note: Footnote 2 runs over onto next page inoriginal text. --Ed.
lo mio signore Amore, la sua mercede (1), ha
posta tutta la mia beatitudine in quello che non mi puote venir meno. Allora queste donne
cominciaro a parlare tra loro; e siccome talor vedemo cader l'acqua mischiata di bella neve,
così mi parea vedere le loro parole mischiate di sospiri. E poichè
alquanto ebbero parlato tra loro, mi disse anche questa donna, che prima m'avea parlato
queste parole: Noi ti preghiamo, che tu ne dica ove sta questa tua beatitudine. Ed io
rispondendole dissi cotanto: In quelle parole che lodano la donna mia. Ed ella rispose: Se
tu ne dicessi vero, quelle parole che tu n'hai dette notificando la tua condizione, avresti
tu operate con altro intendimento. Ond'io pensando a queste parole, quasi vergognandomi mi
partii da loro; e venia dicendo tra me medesimo: poichè è tanta
beatitudine in quelle parole che lodano la mia donna, perchè altro parlare
è stato il mio? E proposi di prendere per materia del mio parlare sempre mai
quello che fosse loda di questa gentilissima; e pensando a ciò molto, pareami
avere impresa troppo alta materia quanto a me, sicchè non ardia di cominciare; e
così dimorai alquanti dì con desiderio di dire e con paura di
cominciare. Anvenne poi che passando per un cammino, lungo il quale correva un rio molto
chiaro d'onde, giunse a me tanta volontà di dire, che cominciai a pensare (2) il modo ch'io tenessi; e
Transcribed Footnote (page 299):
(1)
Cioè, per sua mercede.
Transcribed Footnote (page 299):
(2)
Pensare usato attivamente, quasi
pesare. Ancheil
Condillac dice che
pensare vale quasi
pesare, metafora
che esprime con molta proprietà l'atto del confrontare reiterato. Dante
l'adopra attivamente più volte.
pensai che parlare di lei non si conveniva se non che io parlassi
a donne in seconda persona; e non ad ogni donna, ma solamente a coloro che sono gentili, e
non sono pure femmine (1). Allora dico che la mia lingua
parlò quasi come per se stessa mossa, e disse:
Donne ch'avete
intelletto d'amore.
Queste parole io riposi nella mente con grande letizia, pensando
di prenderle per mio cominciamento; onde poi ritornato alla sopradetta cittade, e pensando
alquanti dì, cominciai una Canzone con questo cominciamento ordinata nel modo che
si vedrà di sotto nella sua divisione. La Canzone comincia così:
- Donne ch'avete intelletto d'amore (2),
- Io vo'con voi della mia donna dire,
- Non perch'io creda sua laude finire,
- Ma ragionar per isfogar la mente.
- Io dico che pensando (3) il suo valore,
- Amor sì dolce mi si fa sentire,
- Che s'io allora non perdessi ardire,
- Farei parlando innamorar la gente:
- Ed io non vo'parlar sì altamente,
-
10Che divenissi per temenza vile (4);
Transcribed Footnote (page 300):
(1)
Cioè: non sono femmine dotate soltanto delle comuni e
ordinarie qualità.
Transcribed Footnote (page 300):
(2) Intelligenza, cognizione d'amore.
Transcribed Footnote (page 300):
(3)
V. la nota (2)
della pag. antecedente.
Transcribed Footnote (page 300):
(4)
Intendi: Ed io non vo'cim entarmi a parlare di lei sì
altamente, che poi divenissi vile, cioè abbandonassi l'impresa, per timore
d'essermi troppo inalzato.
- Ma tratterò del suo stato gentile,
- A rispetto di lei, leggeramente,
- Donne e Donzelle amorose, con vui,
- Chè non è cosa da parlarne altrui.
- Angelo clama in divino intelletto (1),
- E dice: Sire, nel mondo si vede
- Maraviglia nell'atto, che procede
- Da un'anima che fin quassù risplende.
- Lo Cielo che non have altro difetto,
-
20Che d'aver lei, al suo Signor la chiede,
- E ciascun Santo ne grida mercede (2).
- Sola pietà nostra parte difende,
- Chè parla Dio, che di Madonna intende:
- Diletti miei, or sofferite in pace
- Che vostra speme sia quanto mi piace
- Là ov'è alcun che perder lei s'attende,
- E che dirà nell'Inferno a'malnati:
- Io vidi la speranza de'beati.
- Dice di lei Amor: cosa mortale
- Come esser puote sì adorna e pura?
- Poi la riguarda, e fra se stesso giura,
- Che Dio ne intende di far cosa nova.
- Color di perla quasi informa (1), quale
- Conviene a donna aver, non fuor misura:
- Ella è quanto di ben può far natura;
-
50Per esempio di lei beltà si prova (2).
- Degli occhi suoi, comecch'ella gli muova,
- Escono spirti d'amore infiammati,
- Che fieron gli occhi a qual (3) che allor gliguati,
- E passan sì che'l cor ciascun ritrova:
- Voi le vedete Amor pinto nel viso,
- Ove non puote alcun mirarla fiso.
- Canzone, io so che tu girai parlando
- A donne assai, quando t'avrò avanzata (4):
- Or t'ammonisco, perch'io t'ho allevata
-
60Per figliuola d'amor giovane e piana (5),
Transcribed Footnote (page 302):
(1)
Informare per
prender forma, vestire. Intendi:
Ella ha il volto d'un colore quasi di perla,
vale a dire d'un color
pallido,
quale si conviene avere a donna gentile, non però pallido fuor
di misura.
E che il volto di Beatrice fosse d'un color pallido, lo ripete
l'Autore presso la fine di questo Libro in quel periodo che comincia:
Ovunque
questa donna mi vedea, ec.
Transcribed Footnote (page 302):
(2) Pel confronto di lei si prova la bellezza, se ne fa esperimento. — Guido
Guinicelli disse:
- Il vostro viso dà sì gran lumera,
- Che non è donna ch'aggia in se beltate,
- Che a voi davanti non s'oscuri in cera.
Transcribed Footnote (page 302):
(3) A chiunque.
Transcribed Footnote (page 302):
(4) Inviata, mandata.
Transcribed Footnote (page 302):
(5) Dimessa, modesta.
- Che dove giungi tu dichi pregando:
- Insegnatemi gir; ch'io son mandata
- A quella, di cui loda io sono ornata:
- E se non vogli andar, siccome vana,
- Non ristare (1) ove sia gente villana:
- Ingegnati, se puoi d'esser palese
- Solo con donna, o con uomo cortese,
- Che ti merranno per la via tostana (2):
- Tu troverai Amor con esso lei;
-
70Raccomandami a lor come tu dei.
Questa Canzone acciocchè sia meglio intesa, la dividerò
più artificiosamente, che le altre cose di sopra, e però ne fo tre
parti. La prima parte è proemio delle seguenti parole; la seconda è
lo intento trattato(3); la terza è quasi una
servigiale (4) delle precedenti parole. La seconda comincia
quivi:
Angelo clama;
la terza quivi: Canzone, io so.
La
prima parte si divide in quattro: nella prima dico a cui dir voglio della mia donna, e
perchè io voglio dire: nella seconda dico quale mi pare a me stesso quand'io
penso lo suo valore, e come io direi se non perdessi l'ardimento: nella terza dico come
credo dire acciocchè io non sia impedito da viltà; nella quarta
ridicendo ancora a cui intendo di dire, dico la ragione per che dica loro. La seconda
comincia qui-
Transcribed Footnote (page 303):
(1) Non fermarti.
Transcribed Footnote (page 303):
(2) Spedita, breve.
Transcribed Footnote (page 303):
(3) L'argomento da me inteso, di cui ho inteso trattare.
Transcribed Footnote (page 303):
(4)
Serva, o come dice più basso,
ancella.
vi:
Io dico;
la terza quivi: Ed io non
vo'parlar;
la quarta quivi: Donne e donzelle.
Poi quando dico
Angelo clama,
comincio a trattare di questa Donna; e dividesi questa parte
in due. Nella prima dico che di lei si comprende in cielo; nella seconda dico che di lei si
comprende in terra, quivi:
Madonna è desiata.
Questa seconda
parte si divide in due; che nella prima dico di lei quanto dalla parte della
nobiltà della sua anima, narrando alquante delle sue virtudi che dalla sua anima
procedeano: nella seconda dico di lei quanto dalla parte della nobiltà del suo
corpo, narrando alquante delle sue bellezze, quivi:
Dice di lei Amor.
Questa seconda parte si divide in due; che nella prima dico d'alquante bellezze che sono
secondo tutta la persona; nella seconda dico d'alquante bellezze che sono secondo
determinata parte della persona, quivi:
Degli occhi suoi.
Questa seconda
parte si divide in due; chè nell'una dico degli occhi che sono principio
d'Amore; nella seconda dico della bocca ch'è fine d'Amore. Ed
acciocchè quinci si levi ogni vizioso pensiero, ricordisi chi legge, che di
sopra è scritto che il saluto di questa donna, lo quale era della operazione
della sua bocca, fu fine de'miei desiderii, mentre che io lo potea ricevere. Poscia quando
dico:
Canzone, io so,
aggiungo una stanza quasi come ancella delle altre,
nella quale dico quello che da questa mia Canzone desidero. E perocchè
quest'ultima parte è lieve ad in-
tendere, non mi travaglio di più divisioni. Dico bene, che a
più aprire lo intendimento di questa Canzone si converrebbe usare più
minute divisioni; ma tuttavia chi non è di tanto ingegno che per queste che son
fatte la possa intendere, a me non dispiace la mi lascia stare; chè certo io
temo d'avere a troppi comunicato il suo intendimento, pur per queste divisioni che fatte
sono, s'egli avvenisse, che molti la potessero udire.
Appresso che questa Canzone fu alquanto divolgata fra le genti,
conciofossecosachè alcuno amico l'udisse, volontà lo mosse a pregare
me, che io gli dovessi dire che è Amore, avendo forse per le udite parole
speranza di me oltrechè degna. Ond'io pensando che appresso di cotal trattato
(1), bello era trattare alcuna cosa d'Amore, e pensando che
l'amico era da servire, proposi di dire parole nelle quali trattassi d'Amore, e dissi allora
questo Sonetto:
- Amore e cor gentil sono una cosa
- Sì com il Saggio in suo dittato pone (2);
- E così senza l'un l'altro esser osa,
Transcribed Footnote (page 305):
(1) Chiama
trattato la precedente Canzone, perchè tratta in
essa delle lodi di Beatrice.
Transcribed Footnote (page 305):
(2)
Cioè: Sì come il Poeta pone nel suo scritto,
nel suo componimento.
Saggio per
poeta si trova
più volte in Dante, e negli altri antichi Rimatori, e questi, ch'è
quì dall'autore citato, si è Guido Guinicelli, il quale
cominciò una sua Canzone così:
Al cor gentil ripara
sempre amore
ec.
- Com'alma razional senza ragione.
- Fagli natura quando è amorosa
- Amor per sire e'l cor per sua magione,
- Dentro alla qual dormendo si riposa
- Talvolta brieve e tal lunga stagione.
- Beltate appare in saggia donna pui
-
10Che piace agli occhi, sì che dentro al core
- Nasce un desio della cosa piacente:
- E tanto dura talora in costui,
- Che fa svegliar lo spirito d'Amore:
- E simil face in donna uomo valente.
Questo Sonetto si divide in due parti. Nella prima dico di lui in quanto
è in potenza; nella seconda dico di lui in quanto di potenza si riduce in atto.
La seconda comincia quivi:
Beltate appare.
La prima si divide in due:
nella prima dico in che soggetto sia questa potenza; nella seconda dico come questo
soggetto e questa potenza sieno prodotti insieme, e come l'uno guarda l'altro
,
come forma materia(1).
La seconda comincia quivi: Fagli natura.
Poi quando dico: Beltate appare,
dico come questa potenza si
riduce in atto; e prima come si riduce in uomo, poi come si riduce in donna, quivi:
E
simil face in donna.
Poichè trattai d'Amore nella sopradetta rima, vennemi volontà
di dire anche in lode di questa gentilissima parole, per le quali io mostrassi come si
sveglia per lei quest'amore, e come non solamente lo sveglia là ove
dorme,
Transcribed Footnote (page 306):
(1)
Intendi: E come l'uno obbedisce all'altro, nella guisa che la
materia obbedisce alla forma.
ma là ove non è in potenza, ella
mirabilmente operando lo fa venire; e dissi allora questo Sonetto.
- Negli occhi porta la mia donna Amore,
- Per che si fa gentil ciò ch'ella mira;
- Ov'ella passa, ogn'uom ver lei si gira,
- E cui saluta fa tremar lo core.
- Sì che bassando il viso tutto smore (1),
- E d'ogni suo difetto allor sospira (2);
- Fugge davanti a lei superbia ed ira:
- Ajutatemi, donne, a farle onore.
- Ogni dolcezza, ogni pensiero umile
-
10Nasce nel core a chi parlar la sente,
- Ond'è beato chi prima la vide.
- Quel ch'ella par quando un poco sorride
- Non si può dicer nè tenere a mente:
- Sì è nuovo miracolo e gentile.
Questo Sonetto ha tre parti. Nella prima dico siccome questa donna riduce in
atto questa potenza secondo la nobilissima parte degli occhi suoi; e nella terza dico
questo medesimo, secondo la nobilissima parte della sua bocca. E intra queste due parti ha
una particella ch'è quasi domandatrice d'ajuto alla precedente parte ed alla
seguente, e comincia quivi:
Ajutatemi,
Transcribed Footnote (page 307):
(1) Diventa pallido, smorto
Transcribed Footnote (page 307):
(2)
Sospirare qui vale
pentirsi, aver dolore,
dappoichè dal contesto è evidente che non sta nè per
desiderare nè per
mandar sospiri, che sono i
soli due sensi assegnatigli dal Vocabolario. Simile significato sembra avere nella
traduzione del Salmo I, v. 5:
Ma pur benigno sei a chi sospira.
donne.
La terza comincia quivi: Ogni dolcezza.
La prima si divide in tre; che nella prima dico come virtuosamente fa gentile
ciò ch'ella vede; e questo è tanto a dire quanto adducere Amore in
potenza là ove non è. Nella seconda dico come riduce in atto Amore
ne'cuori di tutti coloro cui vede. Nella terza dico quello che poi virtuosamente adopera
ne'lor cuori. La seconda comincia:
Ov'ella passa.
La terza: E cui
saluta.
Quando poscia dico: Ajutatemi donne, do ad intendere a cui la mia
intenzione è di parlare, chiamando le donne che m'ajutino ad onorare costei. Poi
quando dico:
Ogni dolcezza,
dico quel medesimo ch' è detto
nella prima parte, secondo due atti della sua bocca, uno de'quali è il suo
dolcissimo parlare, e l'altro lo suo mirabile riso; salvo che non dico di questo ultimo
come adoperi ne'cuori altrui, perchè la memoria non puote ritener lui,
nè sue operazioni.
Appresso ciò non molti dì passatl, siccome piacque al
glorioso Sire, lo quale non negò la morte a se, colui ch'era stato genitore di
tanta meraviglia, quanta si vedeva ch'era quella nobilissima Beatrice, di questa vita
uscendo se ne gìo alla gloria eternale veracemente. Onde,
conciossiachè cotale partire sia doloroso a coloro che rimangono, e sono stati
amici di colui che se ne va; e nulla sia così intima amistà come
quella da buon padre a buon figliuolo, e da buon figliuolo a buon padre; e questa donna
fosse in altissimo grado di bon-
tade, e lo suo padre (siccome da molti si crede, e vero
è) fosse buono in alto grado; manifesto è che questa donna fu
amarissimamente piena di dolore. E conciossiacosachè, secondo l'usanza della
sopradetta cittade, donne con donne, ed uomini con uomini si sdunino a cotale tristizia,
molte donne s'adunaro colà ove questa Beatrice piangea pietosamente: ond'io
veggendo ritornare alquante donne da lei, udii lor dire parole di questa gentilissima,
com'ella si lamentava. Tra le quali parole udii come dicevano: certo ella piange
sì che qual (1) la mirasse dovrebbe morire di
pietade. Allora trapassarono queste donne, ed io rimasi in tanta tristizia, che alcuna
lagrima talor bagnava la mia faccia, ond'io mi ricopria con pormi spesse volte le mani agli
occhi. E se non fosse ch'io attendea anche udire di lei ( perocchè io era in
luogo onde ne giano la maggior parte delle donne che da lei si partiano ), io men sarei
nascoso incontanente che (2) le lagrime m'aveano assalito. E
però dimorando ancora nel medesimo luogo, donne anche passaro presso di me, le
quali andavano ragionando tra loro queste parole: Chi dee mai esser lieta di noi, che avemo
udito parlare questa donna così pietosamente? Appresso costoro, passarono altre
che veniano dicendo: Questi che quivi è, piange nè più
nè meno come se l'avesse veduta come noi l'avemo. Altre poi diceano di
Transcribed Footnote (page 309):
(1) Chi, chiunque.
Transcribed Footnote (page 309):
(2) Subito che, appena che.
me: Vedi questo che non pare esso, tal è divenuto. E
così passando queste donne, udii parole di lei e di me in questo modo che detto
è. Ond'io poi pensando, proposi di dire parole, acciocchè (1) degnamente avea cagione di dire, nelle quali io conchiudessi
tutto ciò che udito avea da queste donne. E però che volentieri le
avrei domandate se non mi fosse stata riprensione, presi materia di dire, come se io le
avessi domandate, ed elle m'avessero risposto; e feci due Sonetti; che nel primo domando in
quel modo che voglia mi giunse di domandare; nell'altro dico la loro risposta, pigliando
ciò ch'io udii da loro, siccome lo m'avessero detto rispondendo. E cominciai il
primo:
Voi che portate; il secondo:
Se' tu colui.
- Voi che portate la sembianza umile
- Con gli occhi bassi mostrando dolore,
- Onde venite, chè'l vostro colore,
- Par divenuto di pietà (2) simile?
- Vedeste voi nostra donna gentile,
- Bagnata il viso di pietà d'Amore?
- Ditelmi, donne, che'l mi dice il core;
- Perch'io vi veggio andar sanz'atto vile. (3)
- E se venite da tanta pietate,
-
10Piacciavi di restar qui meco alquanto;
- E checchè sia di lei, nol mi celate:
Transcribed Footnote (page 310):
(1) Chi, chiunque.
Transcribed Footnote (page 310):
(2) Di pena, d'angoscia.
Transcribed Footnote (page 310):
(3) Senz'atto vile, perchè, come ha detto di sopra, tornavano quasi
ingentilite, nobilitate. E nobiltà è contraria a
viltà.
- Ch'io veggio gli occhi vostri ch'hanno pianto,
- E veggiovi tornar sì sfigurate,
- Che'l cor mi trema di vederne tanto.
Questo sonetto si divide in due parti. Nella prima chiamo e dimando queste
donne se vengono da lei, dicendo loro chio il credo, perchè tornano quasi
ingentilite. Nella seconda le prego che mi dicano di lei; e la seconda a comincia
quivi:
E se venite.
- Se' tu colui, ch'hai trattato sovente
- Di nostra donna, sol parlando a nui? (1)
- Tu rassomigli alla voce ben lui;
- Ma la figura ne par d'altra gente (2).
- E perchè piangi tu sì coralmente
(3),
- Che fai di te pietà venire altrui?
- Vedestù pianger lei, chè tu non pui
(4)
- Punto celar la dolorosa mente?
- Lascia piangere a noi, e triste (5) andare;
-
10E'fa peccato chi mai ne conforta,
- Che nel suo pianto l'udimmo parlare.
- Ella ha nel viso la pietà sì scorta,
- Che qual l'avesse voluta mirare,
- Saria dinanzi a lei piangendo morta.
Questo sonetto ha quattro parti, secondo che quattro modi di parlare ebbero in
lo-
Transcribed Footnote (page 311):
(1) Parlando soltanto a noi, quando cioè ci dirigesti la tua Canzone
Donne ch'avete ec.
Transcribed Footnote (page 311):
(2) Ne par d'altra gente, perchè tu sei così sfigurato dal
dolore, ch'è assai difficile il riconoscerti.
Transcribed Footnote (page 311):
(3) Di core.
Transcribed Footnote (page 311):
(4) Non puoi. Licenza che si trova anche in altri antichi Poeti.
Transcribed Footnote (page 311):
(5) Tristamente.
ro (1) le donne per cui rispondo.
E perocchè di sopra sono assai manifesti, non mi trametto (2) di narrare la sentenzia delle parti, e però le distinguo
solamente. La seconda comincia quivi:
E perchè piangi tu;
la
terza:
Lascia piangere a noi;
la quarta: Ell'ha nel viso.
Appresso ciò pochi dì, avvenne che in alcuna parte della mia
persona mi giunse una dolorosa infermitade, ond'io soffersi per molti dì
amarissima pena, la quale mi condusse a tanta debolezza, che mi convenia stare come coloro,
i quali non si possono movere. Io dico che nel nono giorno sentendomi dolore intolerabile,
giunsemi un pensiero, il quale era della mia donna. E quando ebbi pensato alquanto di lei,
io ritornai (3) alla mia debilitata vita, e veggendo come
leggero era lo suo durare, ancora che sana fosse, cominciai a piangere fra me stesso di
tanta miseria: onde sospirando forte fra me medesimo dicea: Di necessità conviene
che la gentilissima Beatrise alcuna volta si muoja. E però mi giunse uno
sì forte smarrimento, ch'io chiusi gli occhi e cominciai a travagliare come
farnetica persona, ed imaginare in questo modo: che nel cominciamento dell'errare che fece
la mia fantasia, mi apparvero certi visi di donne scapigliate che mi diceano: Tu pur morrai.
E dopo queste donne, m'apparvero certi visi
Transcribed Footnote (page 312):
(1) Tra di loro.
Transcribed Footnote (page 312):
(2) Non m'impaccio, non mi do cura.
Transcribed Footnote (page 312):
(3) Io ritornai,
sottintendi col pensiero.
diversi (1) ed orribili a vedere, i quali mi
diceano: Tu se'morto. Così cominciando ad errare la mia fantasia, venni a quello
che non sapea dove io fossi, e veder mi parea donne andare scapigliate piangendo per via,
maravigliosamente tristi, e pareami vedere il sole oscurare sì che le stelle si
mostravano d'un colore che mi facea giudicare che piangessero: e parevami che gli uccelli
volando cadessero morti, e che fossero grandissimi terremoti. E maravigliandomi in cotale
fantasia, e paventando assai, imaginai alcuno amico che mi venisse a dire: Or non sai? la
tua mirabile donna è partita di questo secolo. Allora incominciai a piangere
molto pietosamente, e non solamente piangea nella imaginazione, ma piangea con gli occhi,
bagnandoli di vere lagrime. Io imaginava di guardare verso il cielo, e pareami vedere
moltitudine di Angeli, i quali tornassero in suso ed avessero dinanzi loro una nebuletta
bianchissima. A me parea che questi Angeli cantassero gloriosamente, e le parole del loro
canto mi parea che fossero queste:
Osanna in excelsis; ed altro non mi
parea udire. Allora mi parea che il cuore ov'era tanto amore mi dicesse: Vero è
che morta giace la nostra donna. E per questo mi parea andare per vedere lo corpo nel quale
era stata quella nobilissima e beata
Transcribed Footnote (page 313):
(1)
Diversi qui vale
strani, come nell'Inf. c. 6.
Cerbero fiera crudele e diversa, e c. 7.
Entrammo
giù per una via diversa
. Così il Sacchetti nella Nov. 37.
uomo di diversa natura.
anima. E fu sì forte la erronea fantasia, che mi
mostrò questa donna morta: e pareami che donne le coprissero, la testa con un
bianco velo: e pareami che la sua faccia avesse tanto aspetto d'umiltade, che parea che
dicesse: Io sono a vedere lo principio della pace. In questa imaginazione mi giunse tanta
umiltade per veder lei, che io chiamava la Morte, e dicea: Vieni a me, e non m'esser
villana; perocchè tu dei esser gentile, in tal parte se'stata: or vieni a me che
molto ti desidero: tu vedi ch'io porto già lo tuo colore. E quando io avea veduto
compiere tutti i dolorosi misterii (1) che alle corpora
de'morti s'usano di fare, mi parea tornare nella mia camera, e quivi mi parea guardare verso
il cielo; e sì forte era la mia imaginazione, che piangendo cominciai a dire con
vera voce: O anima bellissima, com'è beato colui che ti vede! E dicendo queste
parole con doloroso singulto di pianto, e chiamando la Morte che venisse a me, una donna
giovane e gentile, la quale era lungo il mio letto, credendo che il mio piangere e le mie
parole fossero lamento per lo dolore della mia infermità, con grande paura
cominciò a piangere; onde al-
Transcribed Footnote (page 314):
(1)
Misterii qui vale
ministerii, officii sacri, dal
Provenzale
mestier, che valeva non solo
bisogno,
necessità
, ma pur anco
officio, ministerio. Raimondo
Feraldo:
Qui dira messas ui mestiers? (chi dirà messe e
mestieri?) Così il Sacchetti
lo ritrovo star malinconoso e
pensoso, come se facesse mestiero
(l'esequie)
di qualche suo
parente
.
tre donne, che per la camera erano, s'accorsero che io piangeva
per lo pianto che vedeano fare a questa: onde facendo lei partire da me, la quale era meco
di propinquissima sanguinità congiunta, elle si trassero verso me per
isvegliarmi, credendo che io sognassi, e diceammi: Non dormir più e non ti
sconfortare. E parlandomi cosi, cessò la forte fantasia entro quel punto ch'io
volea dire: 0 Beatrice, benedetta sii tu. E già detto avea: 0 Beatrice . . .
quando riscuotendomi apersi gli occhi, e vidi ch'io era ingannato; e con tutto ch'io
chiamassi questo nome, la mia voce era sì rotta dal singulto del piangere, che
queste donne non mi poterono intendere. Ed avvegnachè io mi vergognassi molto,
tuttavia per alcuno ammonimento d'amore mi rivolsi loro. E quando mi videro, cominciaro a
dire: Questi par morto; e a dir fra loro: procuriam di confortarlo. Onde molte parole mi
diceano da confortarmi, e talora mi domandavano di che io avessi avuto paura. Ond'io essendo
alquanto riconfortato, e conosciuto il falso imaginare, risposi loro: Io vi dirò
quello ch'ho avuto. Allora, cominciandomi dal principio, fino alla fine dissi loro
ciò che veduto avea, tacendo il nome di questa gentilissima. Onde io poi sanato
di questa infermità, proposi di dir parole di questo che m'era avvenuto,
perocchè mi parea che fosse amorosa cosa a udire, e sì ne dissi questa
Canzone:
- Era la voce mia sì dolorosa,
- E rotta sì dall'angoscia e dal pianto,
- Ch'io solo intesi il nome nel mio core;
- E con tutta la vista vergognosa (4)
- Ch'era nel viso mio giunta cotanto,
-
20Mi fece verso lor volgere Amore:
- Egli era tale a veder mio colore,
- Che facea ragionar di morte altrui (5).
- Deh confortiam costui,
- Pregava l'una l'altra umilemente;
- E dicevan sovente:
- Che vedestù, che tu non hai valore?
- E quando un poco confortato fui,
- Io dissi: donne, dicerollo a vui.
Transcribed Footnote (page 316):
(1) D'affanno, di dolore,
come alla pag. 310
nota 2
Transcribed Footnote (page 316):
(2) Vuote di significato.
Transcribed Footnote (page 316):
(3) S'appressarono per farmi risentire, svegliare.
Transcribed Footnote (page 316):
(4) Dimostrazioue, apparenza di vergogna.
Transcribed Footnote (page 316):
(5)
Intendi: Il colore del mio volto era tale a vedersi, che faceva
altrui ragionare di mia prossima morte.
- Mentre io pensava (1) la mia fragil vita,
-
30E vedea'l suo durar com'è leggiero,
- Piansemi amor nel core ove dimora;
- Per che l'anima mia fu sì smarrita,
- Che sospirando dicea nel pensiero:
- Ben converrà, che la mia donna mora.
- Io presi tanto smarrimento allora,
- Che chiusi gli occhi vilmente gravati;
- Ed eran sì smagati (2),
- Gli spirti miei, che ciascun giva errando:
- E poscia, immaginando (3),
-
40Di conoscenza e di verità fuora,
- Visi di donne m'apparver crucciati,
- Che mi dicean: Morra'tu pur, morrati (4).
- Poi vidi cose dubitose (5) molte
- Nel vano immaginare, ov'io entrai;
- Ed esser mi parea non so in qual loco,
- E veder donne andar per via disciolte (6),
- Qual lagrimando e qual traendo guai,
- Che di tristizia saettavan foco.
- Poi mi parve vedere appoco appoco
-
50Turbar lo sole (7) e apparir la stella (8),
Transcribed Footnote (page 317):
(1)
Pensare in significato attivo, come pure alla pag. 299 nota 2
Transcribed Footnote (page 317):
(2) Distratti, smarriti.
Transcribed Footnote (page 317):
(3) Farneticando, vagellando.
Transcribed Footnote (page 317):
(4)
Morrati, contrazione di
morraiti, ti
morirai
.
Transcribed Footnote (page 317):
(5) Paurose, piene di paura. Così fra Iacopone:
Il mondo
è dubitoso
.
Transcribed Footnote (page 317):
(6) Scapigliate.
Transcribed Footnote (page 317):
(7) Oscurarsi, tralasciata la particella
si, come di frequente
s'incontra negli antichi.
Transcribed Footnote (page 317):
(8)
La stella, sineddoche, per
le stelle, pel
cielo stellato. Così nel Convito, p. 277.
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--Ed.
- E pianger egli ed ella;
- Cader gli augelli volando per l'are (1),
- E la terra tremare;
- Ed uom m'apparve scolorito e fioco,
- Dicendomi: che fai? non sai novella?
- Morta è la donna tua, ch'era sì bella.
- Levava gli occhi miei bagnati in pianti,
- E vedea che parean pioggia di manna
- Gli Angeli che tornavan suso in cielo,
-
60Ed una nuvoletta (2) avean davanti,
- Dopo la qual gridavan tutti Osanna;
- E s'altro avesser detto, a voi direlo (3).
- Allor diceva Amor: più non ti celo;
- Vieni a veder nostra donna che giace.
- L'immaginar fallace
- Mi condusse a veder mia donna morta;
- E quando l'avea scorta,
- Vedea che donne la covrian d'un velo;
- Ed avea seco umiltà sì verace,
-
70Che parea che dicesse: io sono in pace (4).
- Io diveniva nel dolor sì umile,
- Veggendo in lei tanta umiltà formata,
- Ch'io dicea: Morte, assai dolce ti tegno;
- Tu dei omai esser cosa gentile,
- Poichè tu se'nella mia donna stata (5),
Transcribed Footnote (page 318):
(1) Contrazione di
aere.
Transcribed Footnote (page 318):
(2) Questa nuvoletta, s'imaginava Dante farneticando che fosse l'anima di Beatrice.
Transcribed Footnote (page 318):
(3) Contrazione di
direilo.
Transcribed Footnote (page 318):
(4) Così il Tasso, Gerus. XII, 68.
E in atto di morir lieto e
vivace, dir parea: S'apre il cielo; io vado in pace
.
Transcribed Footnote (page 318):
(8) Il Petrarca nel Trionfo della Morte. Cap. I, v. ult. prendendo il concetto da
questi due versi, disse elegantemente:
Morte bella parea nel suo bel
viso
.
- E dei aver pietate e non disdegno:
- Vedi che sì desideroso vegno
- D'esser de'tuoi, ch'io ti somiglio in fede(1).
- Vieni, che'l cor ti chiede.
-
80Poi mi partia, consumato ogni duolo,
- E quando io era solo
- Dicea guardando verso l'alto regno:
- Beato, anima bella, chi te vede.
- Voi mi chiamaste allor, vostra mercede (2).
Questa Canzone ha due parti. Nella prima dico parlando a indiffinita persona,
com'io fui levato d'una vana fantasia da certe donne, e come promisi loro di dirla. Nella
seconda dico, come io dissi a loro. La seconda comincia quivi:
Mentr'io pensava.
La prima parte si divide in due. Nella prima dico quello che certe donne, e che
una sola dissero e fecero per la mia fantasia, quanto è dinanzi ch'io fossi
tornato in verace cognizione. Nella seconda dico quello che queste donne mi dissero,
poich'io lasciai questo farneticare, e comincia quivi:
Era la voce mia.
Poscia quando dico: Mentr'io pensava,
dico com'io dissi loro questa mia
imaginazione, e intorno a ciò fo due parti. Nella prima dico per ordine questa
imaginazione: nella seconda dicen-
Transcribed Footnote (page 319):
(1) Veramente.
Transcribed Footnote (page 319):
(2)
Intendi: Voi allora, o donne, per la compassione che avevate di
me, mi risvegliaste dal mio farneticare: e così terminò la
visione.
do a che ora mi chiamaro, le ringrazio chiusamente; e questa
parte comincia quivi:
Voi mi chiamaste.
Appresso questa vana imaginazione, avvenne un dì che sendendo io pensoso
in alcuna parte, ed io mi sentii cominciare un tremito nel core, così come s'io
fossi stato presente a questa donna. Allora dico che mi giunse una imaginazione d'Amore: che
mi parve vederlo venire da quella parte ove la mia donna stava; e pareami che lietamente mi
dicesse nel cor mio: Pensa di benedire lo dì ch'io ti presi (1), perocchè tu lo dei fare. E certo mi parea avere lo core
così lieto, che mi parea che non fosse lo core mio per la sua nova condizione. E
poco dopo queste parole, che'l core mi disse con la lingua d'Amore, io vidi venire verso me
una gentil donna, la quale era di famosa beltade, e fu già molto donna di questo
mio primo amico (2). E lo nome di questa donna era Giovanna,
salvo che per la sua beltade, secondo ch'altri crede, imposto l'era nome Primavera, e
così era chiamata. E appresso lei guardando vidi venire la mirabile Beatrice.
Queste donne andaro presso di me così l'una appresso l'altra, e parvemi che Amore
mi parlasse nel core, e dicesse: Quella prima è nominata Primavera
Transcribed Footnote (page 320):
(1) Ch'io t'innamorai.
Prendere per
innamorare.
Così Inf. V, 104:
Mi prese del costui piacer sì
forte
, ed altrove.
Transcribed Footnote (page 320):
(2) Di Guido Cavalcanti, com'ho avvertito più sopra.
solo per questa venuta d'oggi; chè io mossi lo
impositore del nome a chiamarla
Primavera, cioè
prima verrà, lo dì che Beatrice si mostrerà dopo
l'imaginazione del suo fedele. E se anco vuoli considerare lo primo nome suo, tanto
è quanto dire Primavera, perchè lo suo nome Giovanna è da
quel Giovanni, lo quale precedette la verace luce dicendo:
Ego vox clamantis in deserto: parate viam Domini. Ed anche mi pare che mi dicesse queste altre cose: E chi volesse sottilmente
considerare, quella Beatrice chiamerebbe Amore per molta simiglianza che ha meco. Ond'io
ripensando, proposi di scriverne per rima al primo mio amico (tacendo certe parole le quali
pareano da tacere) credendo io che ancora il suo cuore mirasse la beltà di questa
Primavera gentile; e dissi questo Sonetto:
- Io mi senti' svegliar dentro dal core
- Uno spirto amoroso, che dormia;
- E poi vidi venir da lungi Amore,
- Allegro sì ch'appena il conoscia (1);
- Dicendo: or pensa pur di farmi onore,
- E'n ciascuna parola sua ridia;
- E, poco stando meco'l mio signore,
- Guardando in quella parte onde venia,
- Io vidi Monna (2) Vanna e Monna Bice
Transcribed Footnote (page 321):
(1)
Conoscia per
conoscea, come più
sotto
ridia per
ridea; desinenza che s'incontra in
altri antichi Poeti. Iac. da Lent.
Quando vi vedia; Fra Guittone
Che'l Deo d'amor facia.
Transcribed Footnote (page 321):
(2)
Monna, accorciamento frequentissimo di
Madonna.
-
10Venire inver lo loco là ov'io era,
- L'una appresso dell'altra meraviglia.
- E sì come la mente mi ridice,
- Amor mi disse: Questa è Primavera,
- E qualla ha nome Amor, sì mi somiglia.
Questo Sonetto ha molte parti; la prima delle quali dice come io mi sentii
svegliare lo tremore usato nel core, e come parve che Amore m'apparisse allegro da lunga
(1) parte. La seconda dice come mi par che Amore mi dicesse
nel core, e quale mi parea. La terza dice, come poi che questo fu alquanto stato meco
cotale, io vidi ed udii certe cose. La seconda parte comincia quivi:
Dicendo, or pensa
pur;
la terza quivi: E poco stando.
La terza parte si divide
in due: nella prima dico quello ch io vidi, nella seconda dico quello ch'io udii, e
comincia quivi:
Amor mi disse.
Potrebbe qui dubitar persona degna di dichiararle ogni dubitazione, e dubitar
potrebbe di ciò ch'io dico d'Amore, come se fosse una cosa per se, e non
solamente sostanza intelligente, ma come se fosse sostanza corporale. La qual cosa, secondo
verità, è falsa: chè Amore non è per
sè siccome sostanza, ma è un accidente in sostanza. E che io dica di
lui come se fosse corpo ed ancora come se fosse uomo, appare per tre cose che io dico di
lui. Dico che'l vidi di lungi venire, onde, conciossiacosachè
venire dica moto locale (e localmente mobile per se, secondo il
Transcribed Footnote (page 322):
(1) Da lontana.
Note: Footnote 2 runs onto next page in original text. --Ed.
filosofo, sia solamente corpo), appare che io ponga Amore essere corpo. Dico
anche di lui che rideva, ed anche che parlava, le quali cose pajono esser proprie dell'uomo,
e specialmente esser risibile; e però appare ch'io pongo lui esser uomo. A cotal
cosa dichiarare, secondo ch'è buono al presente, prima è da intendere
che anticamente non erano dicitori d'Amore in lingua volgare, anzi erano dicitori d'Amore
certi poeti in lingua latina; tra noi, dico (avvegna forse che tra altra gente addivenisse,
e avvegna ancora, siccome in Grecia), non volgari ma litterati poeti queste cose trattavano.
E non è molto numero d'anni passato che apparirono prima (1) questi poeti volgari. Che dire per rima in volgare tanto è quanto
dire per versi in latino, secondo alcuna proporzione. E segno che sia picciol tempo
è che se volemo cercare in lingua d'
oco e in lingua di
sì(2), noi non troveremo cose dette anzi
Transcribed Footnote (page 323):
(1) Per la prima volta, primamente.
Transcribed Footnote (page 323):
(2) Dante, sì come tutti gli altri antichi scrittori, dalla particella
affermativa distingue i diversi linguaggi. Anche nel Poema Inf. XXXIII, accennando la
Toscana, la chiama
il paese là ove il sì suona, ed
Inf. XVIII, accennando la Provincia Bolognese, dice che in essa le lingue degli uomini
eranò
apprese a dicer sipa; ed altrove parlando della favella
francese le denomina la lingua dell'
oì. L'espressione adunque
in lingua d'oco accenna la lingua della Provenza, provincia detta
ancora
Linguadoca, e che ne'più bassi tempi della
Latinità fu detta
Occitania, ed era l'antica
Gallia Narbonensis. Tutte quelle particelle affermative derivano dal latino; la
nostra dal
sic o
sic est; la provenzale dall'
hoc est; la francese dall'
hoc illud est, che ben si
ritrova nell'antico
ouill, oggi divenuto
oui.
lo presente tempo per CL anni (1).
E la cagione per che alquanti grossi ebbero fama di saper dire, è che quasi
furono i primi che dissero in lingua di sì. E lo primo che cominciò a
dire siccome poeta volgare, si mosse però che volle fare intendere le sue parole
a donna, alla quale era malagevole ad intendere i versi latini(2). E questo è contro a coloro che rimano sopra altra materia che
amorosa; conciossiacosachè cotal modo di parlare fosse dal principio trovato per
dire d'Amore (3). Onde conciossiacosachè a'poeti
sia conceduta maggior licenza di parlare che alli prosaici dicitori, e questi dicitori per
rima non sieno altro che poeti volgari, è degno e ragionevole che a loro sia
maggior licenza largita di parlare che agli altri parlatori volgari: onde se alcuna figura o
colore rettorico è conceduto alli poeti, conceduto è a'rimatori.
Dunque se noi vedemo che li poeti hanno parlato alle cose
Transcribed Footnote (page 324):
(1) Vale a dire, innanzi il 1150.
Transcribed Footnote (page 324):
(2) Dal passo del Boccaccio (Giorn. VII, nov. 3) in cui si dice che frate Rinaldo
cominciò a fare delle Canzoni, de'Sonetti e delle Ballate, si
rileva che l'oggetto di chi scriveva tali poesie volgari era quello di entrare nella
grazia di qualche donna.
Transcribed Footnote (page 324):
(3) Poiche Dante teneva questa opinione che non sia da rimare sopra altra materia che
amorosa, sarà forse stata questa la ragione per la quale mise sotto allegoria
d'Amore le lodi della Filosofia nelle sue Canzoni e particolarmente in quelle del Convito.
inanimate come se avessero senso e ragione, e fattole parlare insieme, e non
solamente cose vere, ma cose non vere (cioè che detto hanno, di cose le quali non
sono, che parlano, e detto che molti accidenti parlano siccome fossero sostanze ed uomini),
degno è lo dicitore per rima fare lo simigliante, non senza ragione alcuna, ma
con ragione, la quale poi sia possibile d'aprire (1) per
prosa. Che li poeti abbiano così parlato come detto è, appare per
Virgilio, il quale dice, che Giuno, cioè una Dea nemica dei Trojani,
parlò ad Eolo signore delli venti, quivi nel primo dell'Eneida:
AEole, namque tibi etc., e che questo Signore le rispose quivi:
Tuus, o regina, quid optes etc.. Per questo medesimo poeta parla la cosa che non è animata alla cosa
animata nel terzo dell'Eneida quivi:
Dardanidae duri etc. Per Lucano parla la cosa animata alla cosa inanimata quivi:
Multum, Roma, tamen debes civilibus armis. Per Orazio parla l'uomo alla sua scienza medesima, siccome ad altra persona; e non
solamente sono parole d'Orazio, ma dicele quasi medio (2) del
buono Omero, quivi nella sua Poetria (3):
Dic mihi Musa, virum etc. Per Ovidio parla Amore
Transcribed Footnote (page 325):
(1) Di dichiarare, di dispiegare per mezzo d'un Commento in prosa.
Transcribed Footnote (page 325):
(2)
Medio qui vale certamente
interpetre,
benchè il Vocabolario non lo registri.
Transcribed Footnote (page 325):
(3)
Poetria è un qualunque componimento poetico, e
conseguentemente qui sta per
Poema.
come se fosse persona umana, nel principio del Libro di Remedio
d'Amore quivi:
Bella mihi video, bella parantur, ait. E per questo puote essere manifesto a chi dubita in alcuna parte di questo mio
libello. E acciocchè non ne pigli alcuna baldanza persona grossa (1), dico che nè li poeti parlano così senza
ragione, nè que'che rimano deono così parlare, non avendo alcuno
ragionamento in loro di quello che dicono; perocchè grande vergogna sarebbe a
colui che rimasse cosa sotto veste di figura o di colore rettorico, e poi domandato non
sapesse dinudare le sue parole da cotal vesta, in guisa ch'avessero verace intendimento. E
questo mio primo amico ed io ne sapemo bene (2) di quelli che
così rimano stoltamente.
Questa gentilissima donna, di cui ragionato è nelle precedenti parole,
venne in tanta grazia delle genti, che quando passava per via, le persone correano per
vederla; onde mirabile letizia me ne giungea: e quando ella fosse presso ad alcuno, tanta
onestà venia nel core di quello, ch'egli non ardia di levare gli occhi,
nè di rispondere al suo saluto; e di questo molti siccome esperti mi potrebbero
testimoniare a chi nol credesse. Ella coronata e vestita d'umiltà s'andava, nulla
gloria mostrando di ciò ch'ella vedeva ed udiva. Dicevano molti,
poichè passata era: Questa
Transcribed Footnote (page 326):
(1) Cioè di grosso intendimento.
Transcribed Footnote (page 326):
(2) Ne conosciamo bene. Pel primo amico intende al solito il Cavalcanti.
non è femina, anzi è uno de'bellissimi
Angeli del cielo. Ed altri dicevano: Questa è una meraviglia; che benedetto sia
lo Signore che sì mirabilmente sa operare! Io dico ch'ella si mostrava
sì gentile e sì piena di tutti li piaceri (1), che quelli che la miravano comprendevano in loro una dolcezza onesta e soave
tanto che ridire nol sapevano; nè alcuno era lo quale potesse mirare lei che nel
principio non gli convenisse sospirare. Queste e più mirabili cose da lei
procedeano mirabilmente e virtuosamente. Ond'io pensando a ciò, volendo
ripigliare lo stile della sua loda, proposi di dire parole nelle quali dessi ad intendere
delle sue mirabili ed eccellenti operazioni; acciocchè non pure coloro che la
poteano sensibilmente (2) vedere, ma gli altri sapessono di
lei quello che le parole ne possono fare intendere. Allora dissi questo Sonetto:
- Tanto gentile e tanto onesta pare
- La donna mia quand'ella altrui saluta,
- Ch'ogni lingua divien tremando muta,
- E gli occhi non ardicon di guardare.
- Ella sen va sentendosi laudare
- Benignamente d'umiltà vestuta,
- E par che sia una cosa venuta
- Di cielo in terra a miracol mostrare.
Transcribed Footnote (page 327):
(1) Di tutte le bellezze.
Piacere per bellezza l'ho notato
più sopra a pag. 281 nota 21.
Transcribed Footnote (page 327):
(2) Intendi: Acciocchè non solamente coloro che ne poteano aver cognizione
per mezzo de' sensi del corpo, come della vista e dell'udito, ma gli altri ancora ec.
- Mostrasi sì piacente a chi la mira,
-
10Che dà per gli occhi una dolcezza al core,
- Che intender non la può chi non la prova.
- E par che della sua labbia (1) si muova
- Uno spirto soave, e pien d'amore,
- Che va dicendo all'anima: sospira.
Questo Sonetto è sì piano ad intendere, per quello che
narrato è dinanzi, che non ha bisogno d'alcuna divisione; e però
lasciando lui,
Dico che questa mia donna venne in tanta grazia, che non solamente era onorata e
laudata, ma per lei erano onorate e laudate molte. Ond'io veggendo ciò, e
volendol manifestare a chi ciò non vedea, proposi anche di dire parole nelle
quali ciò fosse significato, e dissi questo Sonetto, lo quale narra, come la sua
virtù adoperava nelle altre.
- Vede perfettamente ogni salute
- Chi la mia donna fra le donne vede;
- Quelle che van con lei, sono tenute
- Di bella grazia a Dio render mercede.
- E sua beltate è di tanta virtute,
- Che nulla invidia all'altre ne procede (2);
- Anzi le face andar seco vestute
- Di gentilezza, d'amore e di fede.
- La vista sua face ogni cosa umile,
Transcribed Footnote (page 328):
(1)
Labbia per
faccia, volto, trovasi
frequentemente usato non solo da Dante, ma ancor da parecchi altri antichi Scrittori.
Poi si rivolse a quella enfiata labbia, Inf. VII, 7 ec.
Transcribed Footnote (page 328):
(2) Nulla invidia all'altre ne procede, poichè, come disse Cino,
Non dà invidia quel ch'è meraviglia, Lo quale vizio regna
ov'è paraggio
.
-
10E non fa sola sè parer piacente,
- Ma ciascuna per lei riceve onore.
- Ed è negli atti suoi tanto gentile,
- Che nessun la si può recare a mente,
- Che non sospiri in dolcezza d'Amore.
Questo Sonetto ha tre parti. Nella prima dico tra che gente questa donna
più mirabile parea (1). Nella seconda dico, come
era graziosa la sua compagnia. Nella terza dico di quelle cose ch'ella virtuosamente
operava in altrui. La seconda comincia quivi:
Quelle che vanno.
La terza
quivi:
E sua beltate.
Quest'ultima parte si divide in tre: nella prima
dico quello che operava nelle donne, cioè per loro medesime: nella seconda dico
quello che operava in loro per altrui: nella terza dico come non solamente nelle donne
operava, ma in tutte le persone, e non solamente nella sua presenza, ma ricordandosi di lei
mirabilmente operava. La seconda comincia quivi:
La vista.
La terza
quivi:
Ed è negli atti.
Appresso ciò, cominciai a pensare un giorno sopra quello che detto avea
della mia donna, cioè in questi due Sonetti precedenti, e veggendo nel mio
pensiero ch'io non avea detto di quello che al presente tempo adoperava in me, parvemi
difettivamente aver parlato; e però proposi di dire parole, nelle quali io
dicessi come mi parea esser disposto alla sua operazione, e come operava in me la
Transcribed Footnote (page 329):
(1) Tra qual gente (cioè tra le femmine) questa donna appariva.
sua virtude; e non credendo ciò poter narrare in
brevità di Sonetto, cominciai allora una Canzone la quale comincia:
- Sì lungamente m'ha tenuto Amore
- E costumato (1) alla sua signoria,
- Che sì com'egli m'era forte (2) in pria,
- Così mi sta soave ora nel core:
- Però quando mi toglie sì'l valore
- Che gli spiriti par che fuggan via,
- Allor sente la frale anima mia
- Tanta dolcezza, che'l viso ne smore.
- Poi prende Amore in me tanta virtude,
-
10Che fa li miei sospiri gir parlando;
- Ed escon fuor chiamando
- La donna mia per darmi più salute:
- Questo m'avviene ovunque (3) ella mi vede;
- E sì è cosa umil, che nol si crede.
Quomodo sedet sola civitas plena populo! facta est quasi vidua domina
gentium.
Io era nel proponimento ancora di questa Canzone, e compiuta n'avea questa
sovrascritta stanza, quando lo Signore della giustizia chiamò questa gentilissima
a gloriare sotto l'insegna di quella reina benedetta Maria, lo cui nome fue in grandissima
reverenza nelle parole di questa Beatrice beata. E avvegnachè forse piacerebbe al
presente trattare alquanto della sua partita da noi, non è mio intendimento di
trattarne qui per tre ragioni. La prima si è, che ciò non è
del pre-
Transcribed Footnote (page 330):
(1) Avvezzo, assuefatto.
Transcribed Footnote (page 330):
(2) Disaggradevole, insopportabile.
Transcribed Footnote (page 330):
(3) Ogniqualvolta.
Note: Footnote 2 runs onto next page in original text. --Ed.
sente proposito, se volemo guardare nel proemio che precede questo libello; la
seconda si è che, posto che fosse del presente proposito ancora, non sarebbe
sufficiente la mia penna a trattare, come si converrebbe, di ciò. La terza si
è che, posto che fosse l'uno e l'altro, non è convenevole a me
trattare di ciò, per quello che trattando mi converrebbe essere lodatore di me
medesimo (la qual cosa è al postutto biasimevole a chi'l fa), e però
lascio cotale trattato ad altro chiosatore. Tuttavia, perchè molte volte il
numero del nove ha preso luogo tra le parole dinanzi, onde pare che sia non senza ragione, e
nella sua partita cotale numero pare che avesse molto luogo, conviensi dire quindi alcuna
cosa, acciocchè pare al proposito convenirsi. Onde prima dirò, come
ebbe luogo nella sua partita, e poi ne segnerò alcuna ragione, perchè
questo numero fu a lei cotanto amico. Io dico, che secondo l'usanza d'Italia l'anima sua
nobilissima si partì nella prima ora del nono giorno del mese; e secondo l'usanza
di Siria, ella si partì nel nono mese dell'anno, perchè il primo mese
è ivi Tismim (1) il quale a noi è
Ottobre. E secondo l'usanza nostra ella si partì in quello anno della nostra
indizione, cioè degli anni Domini, in cui il perfetto numero (2) nove volte era compiuto in quel centi-
Transcribed Footnote (page 331):
(1) Forse dee leggersi
Tisri, dice il Pelli
nella Vita di
Dante
.
Transcribed Footnote (page 331):
(2) Per il perfetto numero intende
il dieci. Così nel Convito p. 189 “lo venti significa il movimento dell'alterazione:
chè conciossiacosachè dal dieci in sù non si vada se non
esso dieci alterando cogli altri nove e con se stesso, la più bella alterazione
che esso riceva si è la sua di sè medesimo ec.”
najo, nel quale in questo mondo ella fu posta: ed ella fu
de'Cristiani del terzodecimo centinajo (1). Perchè
questo numero le fosse tanto amico (2), questa potrebb'essere
una ragio-
Transcribed Footnote (page 332):
(1) Queste frasi vengono a dire che Beatrice morì la prima ora del 9 Giugno
1290. E dappoichè da quanto dice l'autore sul principio di questo libretto si
rileva che ella aveva otto o nove mesi meno di Dante, può stabilirsi che alla
sua morte ella contava 24 anni e 3 mesi d'età.
Transcribed Footnote (page 332):
(2) Avrà già il Lettore osservato, come spesso nel procedimento
del Libro vada Dante notando il nove, qual numero fatale ne'suoi amori con Beatrice.
—
Nove fiate ec. pag. 265 —
Dal
principio del suo anno nono ec
. pag. 267. —
Erano compiti li
nove anni ec
. pag. 269 —
L'ora era fermamente nona ec.
ivi —
Fu la prima ora delle nove ultime ec. pag. 271
—
Non sofferse stare se non in sul nove ec. pag. 275
—
M'era apparita nella nona ora del dì ec. pag.
285. —
Io dico che nel nono giorno ec. pag. 312. —
Quì pertanto dà la spiegazione del perchè questo numero
fosse cotanto simpatico della sua amata, dicendo che al momento ch'ella venne nel mondo
tutti e nove i mobili cieli, congiunti insieme, piovvero sopra di lei i loro benefici
influssi. E quest'idea la ripetè nel Son. XLV e nella Ballata V. Non
dovrà far meraviglia cotesta puerile e a bello studio cercata coincidenza del
numero nove L'Astrologia giudiciaria formava parte degli studj e dell'istruzione di quel
tempo: ond'è che l'alta mente di Dante, imbevuta dall'adolescenza dei
pregiudizj del secolo, non seppe affatto liberarsene, e così pagò un
tributo all'umana credulità. Anche il Petrarca volle trovare una coincidenza
nella morte di Laura, dicendo ch'essa morì lo stesso mese, lo stesso giorno, la
stessa ora, nella quale era nata.
ne; conciossiacosache, secondo Tolomeo e secondo la cristana
verità (1), nove siano li cieli che muovono, e
secondo comune opinione astrologica li detti cieli adoperino quaggiù secondo la
loro abitudine insieme (2); questo numero fu amico di lei per
dare ad intendere che nella sua generazione tutti e nove li mobili cieli perfettissimamente
s'aveano insieme. Questa è una ragione di ciò; ma più
sottilmente pensando, e secondo la infallibile verità, questo numero fu ella
medesima; per similitudine dico, e ciò intendo cosi: Lo numero del tre
è la radice del nove, perocchè senz'altro numero per se medesimo
moltiplicato fa nove, siccome vedemo manifestamente, che tre via tre fa nove. Dunque se il
tre è fattore per se medesimo del nove, e lo Fattore de'miracoli per se medesimo
è Tre, cioè Padre, Figliuolo e Spirito Santo, li quali sono tre ed
uno, questa
Transcribed Footnote (page 333):
(1)
Cristiana verità qui non significa una
verità di fede, ma una opinione universalmente ricevuta. Infatti nel Convito tratt. 11. cap. 3, riproducendo quest'opinione, n'allega solo gli Astrologi ed i
Filosofi. E nel Tratt. IV, cap. 6 dice che la dottrina d'Aristotile
puotesi
appellare quasi cattolica opinione
, cioè quasi universale.
Transcribed Footnote (page 333):
(2) Secondo che si hanno insieme.
Note: Footnote 2 runs onto next page in original text. --Ed.
donna fu accompagnata dal numero del nove, a dare ad intendere che ella era un
nove, cioè un miracolo, la cui radice è solamente la mirabile
Trinitade. Forse ancora per più sottil persona si vedrebbe in ciò
più sottil ragione, ma questa è quella ch'io ne veggio, e che
più mi piace.
Poichè la gentilissima donna fu partita da questo secolo, rimase tutta
la sopradetta cittade quasi vedova e dispogliata di ogni dignitade, ond'io ancora lagrimando
in questa desolata cittade, scrissi a'principi della terra (1)
alquanto della sua condizione, pigliando quello cominciamento di Geremia:
Quomodo sedet sola civitas! E questo dico, acciocchè altri non si meravigli, perchè io
l'abbia allegato di sopra, quasi come entrata della nuova materia che appresso viene. E se
alcuno volesse me riprendere di ciò che non scrivo qui le parole che seguitano a
quelle allegate, scusomene, perocchè lo intendimento mio non fu da principio di
scrivere altro che per volgare: onde conciossiacosachè le parole che seguitano a
quelle che sono allegate, sieno tutte latine, sarebbe fuori del mio intendimento se io le
scrivessi; e simile intenzione so che ebbe questo mio amico, a cui ciò scrivo,
cioè ch'io gli scrivessi solamente in volgare (2).
Poichè gli occhi miei ebbero per alquan-
Transcribed Footnote (page 334):
(1) A'principali personaggi della città.
Transcribed Footnote (page 334):
(2) Di queste parole apparisce che Guido Cavalcanti non amava la lingua latina; e questa
sembra essere la sola ragione per la quale cotesto amico di Dante (secondo il passo
dell'Inf. X, 62) ebbe Virgilio a disdegno,
- Colui (Virgilio) per qui mi mena
- Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno.
Che egli disdegnasse Virgilio siccome simbolo della Poesia in genere, non
può essere, dappoichè Guido occupava uno de' primi seggi fra i
rimatori del suo tempo; che lo disdegnasse come simbolo della scienza umana, non
può essere parimente, dappoichè Guido coltivava con trasporto le
filosofiche discipline. La sola ragione di un tale disdegno sembra dunque esser quella che
ho qui sopra accennata. Vedeva Guido che il volgare italiano era bello, ricco, armonioso,
atto a modificarsi secondo il vario genere de'componimenti, e tale da rivaleggiare colla
lingua madre: amava quindi, che i dotti abbandonata, la lingua latina dettassero le loro
scritture nell'idioma ch'aveano succhiato col latte.
to tempo lagrimato, e tanto affaticati erano ch'io non potea
disfogare la mia tristizia, pensai di voler disfogarla con alquante parole dolorose; e
però proposi di fare una Canzone, nella quale piangendo ragionassi di lei, per
cui tanto dolore era fatto distruggitore dell'anima mia; e cominciai allora:
Gli occhi dolenti ec.
Acciocchè questa Canzone paja rimanenere viepiù vedova
dopo il suo fine, la dividerò prima ch'io la scriva; e cotal modo
terrò da qui innanzi. Io dico che questa cattivella (1) Canzone ha tre parti. La pri-
Transcribed Footnote (page 335):
(1)
Cattivella non ha qui senso di
malavagia, ma di
tapina.
Note: Footnote 2 runs onto next page in original text. --Ed.
ma è proemio: nella seconda ragiono di lei: nella terza parlo alla
Canzone pietosamente. La seconda comincia quivi:
Ita n'è Beatrice.
La terza quivi: Pietosa mia Canzone.
La prima si divide in tre.
Nella prima dico per che (1) mi movo a dire: nella seconda
dico a cui voglio dire: nella terza dico di cui voglio dire. La seconda comincia quivi: E
perchè mi ricorda. La terza quivi:
E dicerò.
Poscia
quando dico:
Ita n'è Beatrice,
ragiono di lei, e intorno a
ciò fo due parti. Prima dico la cagione, per che tolta ne fu; appresso dico come
altri piange della sua partita, e comincia questa parte quivi:
Partissi della sua.
Questa parte si divide in tre: nella prima dico chi non la piange; nella seconda
dico chi la piange; nella terza dico della mia condizione. La seconda comincia quivi:
Ma n'ha tristizia e doglia.
La terza: Dannomi angoscia.
Poscia
quando dico:
Pietosa mia Canzone,
parlo a questa mia Canzone designandole
a quali donne sen vada, e steasi con loro
.
- Gli occhi, dolenti per pietà del core,
- Hanno di lagrimar sofferta pena
- Sì che per vinti son remasi omai.
- Ora s'io voglio sfogar lo dolore
- Ch'appoco appoco alla morte mi mena,
- Convenemi parlar traendo guai (2).
Transcribed Footnote (page 336):
(1) Per qual cagione.
Transcribed Footnote (page 336):
(2)
Intendi: Gli occhi, che per la compassione del cuore si dolevano,
hanno nel lagrimare sofferto pena così grande che omai sono restati abbattuti.
Ora se io voglio sfogare il dolore che appoco appoco mi conduce alla morte, non posso
più piangere (perchè gli occhi sono a questo impotenti), ma
conviemmi parlare, traendo lamenti compassionevoli.
- E perchè mi ricorda ch'io parlai
- Della mia donna, mentre che vivia (1),
- Donne gentili, volentier con vui,
-
10Non vo' parlarne altrui,
- Se non a cor gentil che'n donna sia.
- E dicerò di lei piangendo pui (2)
- Che se n'è gita in ciel subitamente (3),
- Ed ha lasciato Amor meco dolente.
- Ita n'è Beatrice in l'alto cielo,
- Nel reame ove gli Angeli hanno pace,
- E sta con loro; e voi, donne ha lasciate.
- Non la ci tolse qualità di gelo,
- Nè di calor siccome l'altre face;
-
20Ma sola fu sua gran benignitate.
- Chè luce (4) della sua umilitate
- Passò li cieli con tanta virtute,
- Che fè maravigliar l'eterno Sire,
- Sì che dolce desire
- Lo giunse (5) di chiamar tanta salute;
- E fella di quaggiuso a sè venire;
- Perchè vedea ch'esta vita nojosa
Transcribed Footnote (page 337):
(1)
Vivìa per
vivea, come
piangìa, dicìa, facìa ec.
Transcribed Footnote (page 337):
(2) Poi, dappoi.
Transcribed Footnote (page 337):
(3) All'improvviso.
Transcribed Footnote (page 337):
(4) Perciocchè la luce, lo splendore.
Transcribed Footnote (page 337):
(5) Sì che fu preso da un dolce desiderio.
- Non era degna di sì gentil cosa (1).
- Partissi della sua bella persona
-
30Piena di grazia l'anima gentile
- Ed èssi (2) glorïosa in loco degno.
- Chi non la piange, quando ne ragiona,
- Core ha di pietra sì malvagio e vile
- Ch'entrar non vi può spirito benegno (3).
- Non è di cor villan sì alto ingegno,
- Che possa immaginar di lei alquanto,
- E però non gli vien di pianger voglia:
- Ma n'ha tristizia e doglia
- Di sospirare e di morir di pianto,
-
40E d'ogni consolar (4) l'anima spoglia
- Chi vede nel pensiero alcuna volta
- Qual ella fu, e com'ella n'è tolta.
- Dannomi angoscia li sospiri forte,
- Quando il pensiero nella mente grave
- Mi reca quella che m'ha il cor diviso:
- E spesse fiate pensando la morte (5),
- Me ne viene un desio tanto soave,
- Che mi tramuta lo color nel viso.
- Quando l'immaginar mi tien ben fiso
-
50Giungemi tanta pena d'ogni parte,
- Ch'io mi riscuoto per dolor ch'io sento;
- E sì fatto divento,
Transcribed Footnote (page 338):
(1) Anche il Petrarca disse di Laura:
Mondo ingrato . . . . Nè
degno eri, mentr'ella Visse quaggiù, d'aver sua conoscenza
.
Transcribed Footnote (page 338):
(2) E si è, si sta.
Transcribed Footnote (page 338):
(3) Benigno. Lo scambiamento dell'
i nell'
e e
viceversa, è frequente negli antichi scrittori.
Transcribed Footnote (page 338):
(4) E d'ogni consolazione, conforto.
Transcribed Footnote (page 338):
(5) Anche qui il verbo
pensare è usato attivamente.
- Che dalle genti vergogna mi parte (1):
- Poscia piangendo, sol nel mio lamento
- Chiamo Beatrice; e dico: or se'tu morta!
- E mentre ch'io la chiamo mi conforta.
- Pianger di doglia, e sospirar d'angoscia
- Mi strugge il core, ovunque (2) sol mi trovo,
- Sì che ne increscerebbe a chi'l vedesse:
-
60E qual'è stata la mia vita, poscia
- Che la mia donna andò nel secol novo (3),
- Lingua non è che dicer lo sapesse:
- E però, donne mie, per ch'io volesse (4),
- Non vi saprei ben dicer quel ch'io sono;
- Sì mi fa travagliar l'acerba vita,
- La quale è sì invilita
- Che ogni uom par che mi dica: io t'abbandono,
- Vedendo la mia labbia (5) tramortita.
- Ma qual ch'io sia, la mia donna sel vede,
-
70Ed io ne spero ancor da lei mercede.
- Pietosa mia Canzone, or va'piangendo,
- E ritrova le donne e le donzelle,
- A cui le tue sorelle
- Erano usate di portar letizia (6);
- E tu, che sei figliuola di tristizia,
- Vatten disconsolata a star con elle.
Transcribed Footnote (page 339):
(1) Mi divide, m'allontana.
Transcribed Footnote (page 339):
(2) Ogniqualvolta.
Transcribed Footnote (page 339):
(3) Al nuovo stato di vita.
Transcribed Footnote (page 339):
(4) Per quanto ch'io volessi.
Volesse desinenza licenziosa per
volessi.
Transcribed Footnote (page 339):
(5) Faccia, volto. V. la nota 1. a pag. 328.
Transcribed Footnote (page 339):
(6) A cui le tue sorelle (le precendenti Canzoni) erano usate di portar letizia;
poichè non parlavano della morte di Beatrice, ma delle lodi di lei vivente.
Poichè detta fu questa Canzone, si venne a me uno, il quale, secondo li
gradi dell'amistade, era amico a me immediatamente dopo il primo; e questo fu tanto
distretto di sanguinità con questa gloriosa, che nullo più presso
l'era (1). E poichè fu meco a ragionare, mi
pregò che io gli dovessi dire alcuna cosa per una donna che s'era morta; e
simulava sue parole acciocchè paresse che dicesse d'un'altra, la quale morta era
cortamente (2): ond'io, accorgendomi che questi dicea solo per
quella benedetta, dissi di fare ciò che mi domandava lo suo prego. Ond'io poi
pensando a ciò, proposi di fare un Sonetto, nel quale mi lamentassi alquanto, e
di darlo a questo mio amico, acciocchè paresse, che per lui l'avessi fatto; e
dissi allora
Venite a intendere ec
Questo Sonetto ha due parti. Nella prima chiamo li fedeli d'Amore che
m'intendano. Nella seconda narro della mia misera condizione. La seconda comincia
quivi:
Li quai disconsolati.
- Venite a intender li sospiri miei,
- O cor gentili, chè pietà il desia;
- Li quai disconsolati vanno via,
- E s'e'non fosser, di dolor morrei (3);
Transcribed Footnote (page 340):
(1) Era questi il fratello di Beatrice.
Transcribed Footnote (page 340):
(2) Cortamente, cioè da corto tempo. Con questo significato non si rinviene
nel Vocabolario.
Transcribed Footnote (page 340):
(3)
Intendi: E s'ei (i sospiri) non fossero, che col loro irrompere mi
alleggerissero l'angoscia, io morrei di dolore.
- Perocchè gli occhi mi sarebber rei
- Molte fiate più, ch'io non vorria,
- Lasso! di pianger sì la donna mia,
- Che sfogherei lo cor piangendo lei (1).
- Voi udirete lor chiamar sovente
-
10La mia donna gentil che se n'è gita
- Al secol degno della sua virtute;
- E dispregiar talora questa vita
- In persona dell'anima dolente
- Abbandonata dalla sua salute (2).
Poichè detto ebbi questo Sonetto, pensando chi questi era, cui lo
intendeva dare quasi come per lui fatto, vidi che povero mi pareva lo servigio e nudo a
così distretta persona di questa gloriosa. E però innanzi ch'io gli
dessi questo Sonetto, dissi due stanze di una Canzone, l'una per costui veracemente, e
l'altra per me, avvegnachè paja l'una e l'altra per una persona detta, a chi non
guarda sottilmente. Ma chi sottilmente le mira vede bene che diverse persone parlano; in
ciò che l'una non chiama sua donna costei, e l'altra sì, come appare
manifestamente. Questa Canzone e questo Sonetto gli diedi dicendo io che per lui solo fatto
l'avea.
Transcribed Footnote (page 341):
(1)
Intendi: Perocchè gli occhi, molte fiate più
ch'io non vorria, sarebbero rei, debitori, a me lasso! di piangere la donna mia
sì che piangendo lei sfogherei il core.
Esser reo in senso di
esser obbligato, esser responsabile, può meritare
osservazione per la sua provenienza dal latino
reus in significato di
debitore, responsabile. Reus voti, reus stationis tutandae.
Transcribed Footnote (page 341):
(2) Priva del di lei saluto.
La Canzone comincia: Quantunque volte,
ed ha due parti.
Nell'una, cioè nella prima stanza, si lamenta questo mio caro amico, distretto a
lei; nella seconda mi lamento io, cioè nell'altra stanza che comincia:
E'si
raccoglie.
E così appare che in questa Canzone si lamentano due
persone, l'una delle quali si lamenta come fratello, l'altra come servitore.
- Quantunque volte (1), lasso! mi rimembra
- Ch'io non debbo giammai
- Veder la donna, ond'io vo sì dolente,
- Tanto dolore intorno al cor m'assembra (2)
- La dolorosa mente,
- Ch'i'dico: anima mia, chè non ten vai?
- Chè li tormenti che tu porterai
- Nel secol che t'è già tanto nojoso,
- Mi fan pensoso di paura forte;
-
10Ond'io chiamo la Morte,
- Come soave e dolce mio riposo;
- E dico: vieni a me; con tanto amore,
- Ch'io sono astioso di chiunque muore.
In quel giorno, nel quale si compiva l'anno che questa donna era fatta de'cittadini
di vita eterna (1), io mi sedea in parte nella quale
ricordandomi di lei disegnava un Angelo sopra certe tavolette: e mentre io'l disegnava,
volsi gli occhi, e vidi lungo me uomini a'quali si convenia di fare onore, e che
riguardavano quello ch'io facea: e secondo che mi fu detto poi, egli erano stati
già alquanto anzi che io me n'accorgessi. Quando li vidi, mi levai, e salutando
loro dissi: Altri era testè meco, e perciò pensava. Onde partiti
costoro, ritornaimi alla mia opera, cioè del disegnare figure d'Angeli, e fecendo
ciò, mi venne un pensiero di dire parole per rima, quasi per annovale di lei, e
scrivere a costoro, li quali erano venuti a me: e dissi allora questo Sonetto, che
comincia
Era venuta, lo quale ha due cominciamenti, e però lo
dividerò secondo l'uno e l'altro.
Dico che secondo il primo, questo Sonetto ha tre parti. Nella prima dico che
questa donna era già nella mia memoria: nella seconda dico quello che Amore
però mi facea: nella terza dico degli effetti d'Amore. La seconda comincia
quivi:
Amor che,
la terza quivi: Piangendo usciano.
Questa
Transcribed Footnote (page 343):
(1) Il dì 9 Giugno 1291.
parte si divide in due. Nell'una dico che tutti i miei sospiri
usciano parlando; nell'altra dico come alquanti diceano certe parole diverse dagli altri.
La seconda comincia quivi:
Ma quelli.
Per questo medesimo modo si divide
secondo l'altro cominciamento, salvo che nella prima parte dico quando questa donna era
così venuta nella mia mente, e ciò non dico nell'altro.
Prima cominciamente
- Era venuta nella mente mia
- La gentil donna, che per suo valore
- Fu posta dall'altissimo Signore
- Nel Ciel dell'umiltate (1), ov'è Maria.
Secondo cominciamente
- Era venuta nella mente mia
Transcribed Footnote (page 344):
(1) Lo studioso filologo potrà notare un delicato senso nelle voci
umiltà, umile, umiliare ec. adoperate da Dante nel processo di
questa operetta. Un tal senso è quello di pace, quiete,
tranquillità di affetti, cessazione d'ogni appetito, e non è stato
sempre avvistato dai compilatori del Vocabolario. Ecco i luoghi, donde questo senso
agevolmente rilevasi: pag. 267 colore umile, pag. 282 viso vestito d'umiltà,
pag. 301 e sì l'umilia ch'ogni offesa oblia, pag. 307 pensiero umile, pag. 316
Pregava l'una l'altra umilemente;; pag. 318 Ed avea seco umiltà sì
verace, che parea che dicesse: io sono in pace, pag. 318. Io diveniva nel dolor
sì umile vedendo in lei tanta umiltà, pag. 327 d'umiltà
vestuta, pag. 328. La vista sua face ogni cosa umile, pag. 330. E sì
è cosa umil che nol si crede, pag. 337. Chè luce della sua
umilitate, pag. 344 Nel ciel dell'umiltate ov' è Maria.
- Quella donna gentil, cui piange Amore,
- Entro quel punto che lo suo valore
- Vi trasse a riguardar quel ch'io facia.
- Amor che nella mente la sentia
- S'era svegliato nel distrutto core,
- E diceva a'sospiri: Andate fuore:
- Per che ciascun dolente sen partia.
- Piangendo usciano fuor dello mio petto
-
10Con una voce che sovente mena
- Le lagrime dogliose agli occhi tristi.
- Ma quegli che n'uscian con maggior pena
- Venien dicendo: o nobile intelletto,
- Oggi fa l'anno che nel ciel salisti.
Poi per alquanto tempo, conciofossecosachè io fossi in parte nella quale
mi ricordava del passato tempo, molto stava pensoso, e con dolorosi pensamenti tanto che mi
faceano parere di fuori una vista di terribile sbigottimento. Ond'io, accorgendomi del mio
travagliare, levai gli occhi per vedere s'altrime vedesse; e vidi una gentil donna giovane e
bella molto, la quale da una fenestra mi riguardava molto pietosamente quant'alla vista;
sicchè tutta la pietade pareva in lei accolta. Onde, conciossiacosachè
quando i miseri veggono di loro compassione altrui, più tosto si muovono al
lagrimare, quasi come se di se stessi avessero pietade, io sentii allora li miei occhi
cominciare a voler piangere; e però, temendo di non mostrare la mia vile vita, mi
partii dinanzi dagli occhi di questa gentile; e dicea poi fra me medesimo: E'non
può essere, che con quella pietosa donna non sia nobilissimo amore. E
però proposi di di-
re un Sonetto, nel quale io parlassi a lei, e conchiudessi tutto
ciò che narrato è in questa ragione(1).
E però che questa ragione è assai manifesta, nol dividerò.
- Videro gli occhi miei quanta pietate
- Era apparita in la vostra figura,
- Quando guardaste gli atti e la statura (2)
- Ch'io facia pel dolor molte fïate.
- Allor m'accorsi che voi pensate
- La qualità della mia vita oscura (3),
- Sicchè mi giunse nello cor paura
- Di dimostrar negli occhi mia viltate.
- E tolsimi dinanzi a voi, sentendo
-
10Che si movean le lagrime dal core
- Ch'era sommosso dalla vostra vista.
- Io dicea poscia nell'anima trista:
- Ben è con quella donna quell'Amore (4),
- Lo qual mi face andar così piangendo.
Avvenne poi che ovunque questa donna mi vedea si facea d'una vista pietosa e d'un
color pallìdo, quasi come d'amore: onde molte fiate mi ricordava della mia
nobilissima donna, che di simile colore (5) mi si
mostra-
Transcribed Footnote (page 346):
(1) Ragionamento, discorso.
Transcribed Footnote (page 346):
(2)
Statura qui vale
stato, condizione.
Così il Malespini 36. tit.
Come e quando Attila venne a Firenze, e
di sua statura
. Con questo significato manca nel Vocabolario.
Transcribed Footnote (page 346):
(3) Oscura, cioè malinconica e travagliata, come avvertii al Son. VII.
Transcribed Footnote (page 346):
(4) Quell'Amore, cioè quell'istesso puro e nobilissimo Amore, che mi accese
il cuore per la gentile Beatrice, e che mi fa andare ec.
Transcribed Footnote (page 346):
(5) Che Beatrice avesse un color pallido, lo ha detto l'Autore più sopra,
pag. 302. V. la nota. 1.
va. E certo molte volte non potendo lagrimare nè
disfogare la mia tristizia, io andava per vedere questa pietosa donna, la quale parea che
tirasse le lagrime fuori delli miei occhi per la sua vista. E però mi venne anche
volontade di dire parole, parlando a lei; e dissi questo Sonetto, che comincia
Color d'amore, e ch'è piano senza dividerlo per la sua precedente ragione.
- Color d'amore, e di pietà sembianti
- Non preser mai così mirabilmente
- Viso di donna per veder sovente
- Occhi gentili e dolorosi pianti,
- Come lo vostro, qualora davanti
- Vedetevi la mia labbia (1) dolente,
- Sì che per voi mi vien cosa alla mente,
- Ch'io temo forte, non lo cor si schianti.
- Io non posso tener gli occhi distrutti
-
10Che non riguardin voi molte fiate
- Pel desiderio di pianger ch'elli hanno.
- E voi crescete sì lor volontate,
- Che della voglia si consuman tutti,
- Ma lagrimar dinanzi a voi non sanno.
Io venni a tanto per la vista di questa donna, che li miei occhi si cominciaro a
dilettare troppo di vederla, onde molte volte me ne cruciava, ed avevamene per vile assai; e
più volte bestemmiava la vanità degli occhi miei, e dicea loro nel mio
pensiero: Or voi solevate far piangere chi vedea la vostra dolorosa condizione, ed ora pare
che vogliate dimenticarlo per questa donna che vi mira, e che
Transcribed Footnote (page 347):
(1) Faccia, aspetto, com'ho notato altre volte.
non vi mira se non in quanto le pese della gloriosa donna di cui
pianger solete. Ma quanto far potete, fate; chè io la vi rimembrerò
molto spesso, maledetti occhi; chè mai, se non dopo la morte, non dovrebbero le
vostre lagrime aver ristato. E quando fra me medesimo così avea detto alli miei
occhi, e (1) li sospiri m'assaliano grandissimi ed angosciosi.
Ed acciocchè questa battaglia che io avea meco non rimanesse saputa pur (2) dal misero che la sentia, proposi di fare un Sonetto, e di
comprendere in esso questa orribile condizione, e dissi questo che comincia
L'amaro lagrimar.
Il Sonetto ha due parti: nella prima parlo agli occhi miei siccome parlava lo
mio core in me medesimo; nella seconda rimovo alcuna dubitazione, manifestando chi
è che così parla; e questa parte comincia quivi:
Così
dice.
Potrebbe bene ancora ricevere più divisioni, ma sarebbe
indarno
,
perchè è manifesto per la precedente
ragione
(3).
- L'amaro lagrimar che voi faceste,
- Occhi miei, così lunga stagione,
- Faceva lagrimar l'altre persone
Transcribed Footnote (page 348):
(1) Questa
e non è congiunzione, ma sta per
ancora nella guisa stessa che i Latini usavano la
et per
etiam.
Transcribed Footnote (page 348):
(2) Solamente, soltanto; e Dante l'usa spesso nella Commedia.
Transcribed Footnote (page 348):
(3)
Intendi: Perchè è chiaro e manifesto per il
precedente discorso.
- Dalla pietà, siccome voi vedeste.
- Ora mi par che voi l'obliereste,
- S'io fossi dal mio lato sì fellone,
- Ch'io non ven disturbassi ogni cagione,
- Membrandovi colei cui voi piangeste.
- La vostra vanità mi fa pensare
-
10E spaventami sì ch'io temo forte
- Del viso d'una donna che vi mira.
- Voi non dovreste mai se non per morte
- La vostra donna, ch'è morta, obliare:
- Così dice il mio core, e poi sospira.
Recommi la vista di questa donna in sì nova condizione, che molte volte
ne pensava come di persona che troppo mi piacesse; e pensava di lei così: Questa
è una donna gentile, bella, giovane e savia, ed apparita forse per
volontà d'Amore, acciocchè la mia vita si riposi. E molte volte
pensava più amorosamente, tanto che il core consentiva in lui, cioè
nel mio ragionare. E quando avea consentito ciò, io mi ripensava (1) siccome dalla ragione mosso, e dicea fra me medesimo: Deh che
pensiero è questo, che in cosi vile modo mi vuol consolare, e non mi lascia quasi
altro pensare! Poi si rilevava un altro pensiero, e dicea: Or che tu se'stato in tanta
tribulazione d'Amore, perchè non vuoi tu ritrarti da tanta amaritudine? Tu vedi
che questo è uno spiramento che ne reca li desiri d'Amore dinanzi, ed
è mosso da
Transcribed Footnote (page 349):
(1)
Ripensare qui non vale
pensare di bel nuovo, ma
ricredersi; e con questo significato manca nel Vocabolario.
così gentil parte com'è quella degli occhi
della donna che tanto pietosa ti s'è mostrata. Ond'io avendo così
più volte combattuto in me medesimo, ancora ne volli dire alquante parole; e
perocchè la battaglia de'pensieri vinceano coloro che per lei parlavano, mi parve
che si convenisse di parlare a lei, e dissi questo Sonetto, il quale comincia
Gentil pensiero; e dissi
gentile in quanto ragionava a gentil
donna, che per altro era vilissimo.
In questo Sonetto fo due parti di me secondo che li miei pensieri erano in due
divisi. L'una parte chiamo
cuore,
cioè l'appetito;
l'altro
anima,
cioè la ragione; e dico come l'uno dice
all'altro. E che degno sia chiamare l'appetito cuore, e la ragione anima, assai
è manifesto a coloro a cui mi piace che ciò sia aperto. Vero
è che nel precedente Sonetto io fo la parte del cuore contro a quella degli
occhi, e ciò pare contrario di quel ch'io dico nel presente; e però
dico che anche ivi il cuore intendo per l'appetito, perocchè maggior disiderio
era il mio ancora di ricordarmi della gentilissima donna mia, che di vedere costei,
avvegnachè alcuno appetito ne avessi già, ma leggier paresse: onde
appare che l'uno detto non è contrario all'altro. Questo Sonetto ha tre parti:
nella prima comincio a dire a questa donna come lo mio disiderio si volge tutto verso lei:
nella seconda dico come l'anima, cioè la ragione, dice al cuore, cioè
all'appetito: nella terza dico come le risponde. La
seconda comincia quivi:
L'anima dice;
la terza
quivi:
Ei le risponde.
- Gentil pensiero, che parla di vui
- Sen viene a dimorar meco sovente,
- E ragiona d'Amor sì dolcemente
- Che face consentir lo core in lui.
- L'anima dice al cor: chi è costui,
- Che viene a consolar la nostra mente;
- Ed è la sua virtù tanto possente,
- Ch'altro pensier non lascia star con nui?
- Ei le risponde: o anima pensosa,
-
10Questi è uno spiritel nuovo d'Amore,
- Che reca innanzi a me li suoi desiri:
- E la sua vita, e tutto il suo valore
- Mosse dagli occhi di quella pietosa
- Che si turbava de'nostri martiri.
Contra questo avversario della ragione si levò un dì, quasi
nell'ora di nona una forte imaginazione in me: chè mi parea vedere questa
gloriosa Beatrice con quelle vestimenta sanguigne colle quali apparve prima agli occhi miei,
e pareami giovane in simile etade a quella, in che prima la vidi. Allora incominciai a
pensare di lei; e secondo l'ordine del tempo passato, ricordandomene, lo mio core
incominciò dolorosamente a pentirsi del desiderio, a cui così vilmente
s'avea lasciato possedere alquanti dì contro alla costanza della ragione: e
discacciato questo cotal malvagio desiderio, si rivolsero tutti i miei pensamenti alla loro
gentilissima Beatrice. E dico che d'allora innanzi cominciai a pensare di lei sì
con tutto il vergognoso cuore, che li sospiri manifestavano ciò mol-
te volte; però che quasi tutti diceano nel loro uscire
quello che nel cuore si ragionava, cioè lo nome di quella gentilissima, e come si
partio da noi. E molte volte avvenia, che tanto dolore avea in se alcuno pensiero, che io
dimenticava lui, e là dov'io era. Per questo raccendimento di sospiri, si raccese
lo sollevato lagrimare in guisa, che li miei occhi pareano due cose che desiderassero pur di
piangere: e spesso avvenia che per lo lungo continuare del pianto, dintorno loro si facea un
colore purpureo, quale apparir suole per alcuno martire ch'altri riceva: onde appare, che
della loro vanità furono degnamente guiderdonati, sì che da indi
innanzi non poterono mirare persona che li guardasse sì che loro potesse trarre a
simile intendimento (1). Onde io volendo che cotal disiderio
malvagio e vana tentazione paressero distrutti sì che alcuno dubbio non potessero
inducere le rimate parole ch'io avea dette dinnanzi, proposi di fare un Sonetto, nel quale
io comprendessi la sentenza di questa ragione. E dissi allora:
Lasso per forza
etc
.
Dissi lasso,
in quanto mi vergognava di ciò che li
miei occhi aveano così vaneggiato Questo Sonetto non divido, però che
è assai manifesta la sua ragione.
- Lasso! per forza de'molti sospiri,
- Che nascon de'pensier cheson nel core,
Transcribed Footnote (page 352):
(1) Vale a dire ad innamorarsi di nuovo. E qui accenna la sua costanza nell'amar
Beatrice, sebben morta.
Sig. 30*
Note: Footnote 1 runs over onto next page in original text. --Ed.
- Gli occhi son vinti, e non hanno valore
- Di riguardar persona che gli miri.
- E fatti son, che paion due disiri
- Di lagrimare e di mostrar dolore;
- E spesse volte piangon sì ch'Amore
- Gli cerchia di corona di martiri.
- Questi pensieri e li sospir, ch'io gitto,
-
10Diventan dentro al core sì angosciosi,
- Ch'Amor vi tramortisce, sì glien duole;
- Perocch'egli hanno in lor li dolorosi
- Quel dolce nome di Madonna scritto,
- E della morte sua molte parole.
Dopo questa tribolazione avvenne (in quel tempo che molta gente andava per vedere
quella imagine benedetta, la quale Gesù Cristo lasciò a noi per
esempio della sua bellissima figura (1), la quale vede la mia
don-
Transcribed Footnote (page 353):
(1) L'imagine di nostro Signor Gesù Cristo, insigne reliquia che si conserva
in Roma nel Vaticano, e che volgarmente chiamasi la
Veronica, vocabolo
corrotto da
Vera icon vera imagine. Il Ducange nel suo Glossario alla
voce
Veronica, riporta le seguenti parole di Niccolò IV.
Pretiosissimi vultus imaginem, quam Veronicam
fidelium vox
appellat
. Di essa il nostro Poeta cantò nel Paradiso XXXI, 103.
- Qual è colui, che forse di Croazia
- Viene a veder la Veronica nostra,
- Che per l'antica fama non si sazia,
- Ma dice nel pensier fin che si mostra:
- Signor mio Gesù Cristo, Iddio verace,
- Or fu sì fatta la sembianza vostra?
ed il Petrarca, son. XII
- Movesi il vecchierel canuto e bianco . . .
- E viene a Roma seguendo il desio
- Per mirar la sembianza di Colui
- Ch'ancor la sù nel ciel vedere spera.
na gloriosamente), che alquanti peregrini passavano per una via
la quale è quasi in mezzo della cittade, ove nacque, vivette e morio la
gentilissima donna, e andavano secondo che mi parve, molto pensosi. Ond'io pensando a loro,
dissi fra me medesimo: Questi peregrini mi pajono di lontana parte, e non credo che anche
udissero parlare di questa donna, e non ne sanno niente; anzi i loro pensieri sono d'altre
cose che di questa qui; chè forse pensano delli loro amici lontani, li quali noi
non conoscemo. Poi dicea fra me medesimo: 'io so che se questi fossero di propinquo paese,
in alcuna vista parrebbero turbati passando per lo mezzo della dolorosa cittade. Poi dicea
fra me stesso: S'io li potessi tenere (1) alquanto, io pur gli
farei piangere anzi ch'egli uscissero di questa cittade, perocchè io direi parole
che farebbero piangere chiunque le udisse. Onde passati costoro dalla mia veduta, proposi di
fare un Sonetto nel quale manifestassi ciò ch'io avea detto fra me medesimo; ed
acciocchè più paresse pietoso, proposi di dire come se io avessi
parlato loro, e dissi questo Sonetto, lo quale comincia
Deh peregrini etc.
Dissi peregrini
secondo la larga significazione del vocabolo:
chè peregrini si
Transcribed Footnote (page 354):
(1) Intrattenere.
possono intendere in due modi, in uno largo ed in uno stretto.
In largo, in quanto è peregrino chiunque è fuori della patria sua: in
modo stretto non s'intende peregrino se non chi va verso la casa di santo Jacopo, o riede:
e però è da sapere che in tre modi si chiamano propriamente le genti
che vanno al servigio dell'Altissimo. Chiamansi
palmieri
in quanto vanno
oltremare là onde molte volte recano la palma: chiamansi
peregrini
in quanto vanno alla Casa di Galizia, però che la sepoltura di santo
Jacopo fu più lontana dalla sua patria, che d'alcuno altro Apostolo:
chiamansi
romei
in quanto vanno a Roma, là ove questi ch'io
chiamo
peregrini
andavano. Questo Sonetto non si divide, però
ch'assai il manifesta la sua ragione.
- Deh peregrini, che pensosi andate
- Forse di cosa, che non v'è presente (1),
- Venite voi di sì lontana gente,
- Com'alla vista voi ne dimostrate?
- Chè non piangete quando voi passate
- Per lo suo mezzo la città dolente,
- Come quelle persone, che neente
- Par che intendesser la sua gravitate (2).
- Se voi restate, per volere udire,
-
10Certo lo core ne' sospir mi dice,
- Che lagrimando n'uscirete pui.
Transcribed Footnote (page 355):
(1) Cioè de'loro amici lontani, come l'Autore stesso ha detto sopra.
Transcribed Footnote (page 355):
(2) La sua mesitizia.
- Ella (1) ha perduto la sua Beatrice;
- E le parole, ch'uom di lei può dire,
- Hanno virtù di far piangere altrui.
Poi mandaro due donne gentili a me pregandomi che mandassi loro di queste mie
parole rimate; ond'io pensando la loro nobiltà proposi di mandar loro e di fare
una cosa nuova, la quale io mandassi loro con esse, acciocchè più
onrevolmente adempiessi li loro prieghi. E dissi allora un Sonetto, il quale narra il mio
stato, e mandailo loro col precedente sonetto accompagnato, e con un altro che comincia
Venite a intender ec. Il Sonetto, il quale io feci allora, è
Oltre la spera ec.
Questo Sonetto ha in se cinque parti. Nella prima dico là ove va il
mio pensiero nominandolo per nome di alcuno suo effetto. Nella seconda dico per che va
lassù, e chi'l fa così andare. Nella terza dico quello che vide,
cioè una donna onorata. E chiamolo allora
spirito peregrino;
acciocchè (2) spiritualmente va lassù,
e sì come peregrino, lo quale è fuori della sua patria, evi sta.
Nella quarta dico, com'egli la vede tale, cioè in tale qualità, ch'io
non la posso intendere; cioè a dire che il mio pensiero sale nella
qualità di costei in grado che il mio intelletto nol può comprendere;
conciossiacosachè il nostro in-
Transcribed Footnote (page 356):
(1) Ella, cioè la città.
Transcribed Footnote (page 356):
(2) Perciocchè.
telletto s'abbia (1) a quelle
benedette anime, come l'occhio nostro debole al sole: e ciò dice il Filosofo nel
secondo della Metafisica. Nella quinta dico, che avvegnachè io non possa vedere
là ove il pensiero mi trae, cioè alla sua mirabile
qualità, almeno intendo questo, cioè che tal è il pensare
della mia donna, perchè io sento spesso il suo nome nel mio pensiero. E nel fine
di questa quinta parte dico
donne mie care,
a dare ad intendere che son
donne coloro cui parlo. La seconda parte incomincia
Intelligenza nova;
la
terza
Quand'egli è giunto;
la quarta Vedela tal;
la quinta So io ch'el parla.
Potrebessi più
sottilmente ancora dividere, e più fare intendere, ma puossi passare con questa
divisione, e però non mi trametto di più dividerlo
.
- Oltre la spera, che più larga gira (2),
- Passa il sospiro, ch'esce del mio core;
- Intelligenza nova, che l'Amore
- Piangendo mette in lui, pur su lo tira:
- Quand'egli è giunto là dov'el disira,
- Vede una donna che riceve onore,
- E luce sì, che per lo suo splendore
Transcribed Footnote (page 357):
(1) Si stia.
Aversi è qui usato nel senso di
starsi in una data proporzione, nel modo che si pratica nella Geometria, per
esempio: il 4 sta al 6, come il 6 al 9.
Transcribed Footnote (page 357):
(2)
Intendi: Il sospiro ch'esce dal mio cuore tanto si alza, che va
al di là della nona ed ultima sfera (il primo Mobile), e giunge
all'Empireo.
- Lo peregrino spirito la mira.
- Vedela tal, che quando il mi ridice,
-
10Io non lo intendo, sì parla sottile
- Al cor dolente, che lo fa parlare.
- So io ch'el parla di quella gentile
- Perocchè spesso ricorda Beatrice,
- Sicch'io lo intendo ben, donne mie care.
Appresso a questo Sonetto apparve a me una mirabil visione, nella quale vidi cose,
che mi fecero proporre di non dir più di questa benedetta,
infintantochè io non potessi più degnamente trattare di lei. E di
venire a ciò io studio quanto posso, sì com'ella sa veracemente.
Sicchè, se piacere sarà di Colui, per cui tutte le cose vivono, che la
mia vita per alquanti anni perseveri, spero di dire di lei quello che mai non fu detto
d'alcuna. E poi piaccia a Colui, ch'è Sire della Cortesia, che la mia anima se ne
possa gire a vedere la gloria della sua Donna, cioè di quella benedetta Beatrice
che gloriosamente mira nella faccia di Colui,
qui est per omnia saecula benedictus.
FINE DELLA VITA NUOVA
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