Rossetti Archive Textual Transcription
Document Title: Difesa di Dante Alighieri Lezione del Dottore Giuseppe Bianchini de Prato
Accademico Fiorentino
Author: Giuseppe Bianchini
Date of publication: 1718
Publisher: Giuseppe Manni
Edition: 1
Volume: 1
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DIFESA
DI
DANTE
ALIGHIERI
LEZIONE
DEL DOTTORE
GIUSEPPE BIANCHINI
DI PRATO
ACCADEMICO FIORENTINO
Detta da esso pubblicamente
NELL' ACCADEMIA
FIORENTINA
L'Anno Mdccxv.
Nella quale si mostra
Che lo stile della Divina Commendia
non
è rozzo ed incolto, ma bensì
Leggiadro e Gentile.
IN FIRENZE. MDCCXVIII.
Nella Stamp. di Giuseppe
Manni.
Con Lic. de' Superiori.
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- Redi Gentile, Re de' ga-
lantuomini,
- Se volete saper la vita
mia,
- Studiando io sto lungi da tutti gli
uomini;
- Ed ho imparato più Teologia
- In questi giorni, che ho riletto Dante,
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- Che nelle Scuole fatto io non avria.
- Egli vi dice tante cose, e tante
- In quel suo benedetto almo Poema,
- Che par, che i sensi tutti quanti in-
cante.
-
10 E non per questo è la sua gloria scema,
- Perch'egli ha usate certe veci strane,
- Che ben si conveniano ad un tal te-
ma
- Non camminò per vie battute, e piane:
- Al Caos penetrò; passò le Stelle;
- Visitò l'ime parti, alte, e mezza-
ne;
- E brutte cose, e mediorcri, e belle
- Prese a dir tutte; e con vivezza tale,
- Che voi tosto esclamate; elle son
quelle.
- Ben descrisse del tutto il quanto, e 'l
quale;
-
20E per levar di terra l'intelletto
- La Beatrice sua gli avea dat'ale.
- O delle Muse ostel, sacrato petto,
- Sia benedetto il tuo leggiadro spirto,
- E 'l tuo forte pensser sia benedatto;
- Che or con gentile, or con austero, ed
irto
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- Stile il tuo ingegno dispregasti altero;
- Onde ti si conviene, e Lauro, e Mir-
to.
- Quando amoroso parli, egli è sì vero
- Il tuo parlar, che vera esser non puote
-
30Più verità, figlia d'un cuor sincero.
- Ma quano all'infernali orride ruote
- Inchini, e abbassi il tuo parlar pro-
fondo,
- Allor si fan sentir le triste note.
- Sen va la Musa tua pel buio mondo;
- Con suon dolente, sbigottita, e mesta,
- Girando quei valloni a tondo a tondo.
- E dopo quella di sospir tempesta,
- S'alza più lieta al purgatorio Monte;
- Poi sale al Paradiso tutta festa.
-
40Tu colle time tue audaci, e pronte,
- Di quei beati, e sempiterni scanni,
- Fai le bellezze a noi palesi, e conte.
- Mostri, quai sien le gioie, e quai gli
affanni,
- Ciò, che sia da fuggire, e da seguire;
- Onde il folle mortal si distinganni.
- Che dirò poi; quando tu aguzzi l'ire,
- E stringi un innocente almo stagello,
- Che ben apper, che santo zelo spire?
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- Allora, allora il tuo dir grande, e bello
-
50Prende una tuba sì forte, e gagliarda
- Che rintruona gli orecchi a questo, e
a quello
- Sembra, che in vivo fuoco ella tut-
t'arda,
- E Cittadi, e Pastor, Popoli, e Regi
- Tocchi la voce tua quasi bombarda.
- Io non ho lodi, onde il tuo nome fregi:
- Basta che a pochi, e non al volgo piaci;
- Che pochi intendon i tuoi veri pregi;
- E i bei lumi del dire, e quelle facie,
- Onde l'ingengo uman s'avviva, e
accende,
-
60Di sublime virtù semi veraci.
- Che stupor; se chi tutto osserva, e in-
tende,
- Francesco, ch'è il destr'occhio di Na-
tura,
- Tanto diletto ne'tuoi versi prende?
- E col suo buon giudicio n'assicura,
- Che non invano il nostro gran Men-
zini
- Dalla tua fonte attinse, eletta, e pura;
- Ed empiè di bei detti pellegrini
- Le dotte carte, nelle quai danteggia
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- Con robusti concetti, almi, e divini.
- A maraviglia egli le pennelleggia,
- E l'illumina ognor di gentilezza,
-
70E di vaghezza il forte suo fincheg-
gia.
- Or da parlar con Dante ti disvezza,
- O Musa mia, e torna un poco a bomba,
- E a ragionar col Redi omai t'avvez-
za.
- Deponi la poetica tua tromba,
- La qual non sai sonar, come conviensi,
- E con più basso, e picciol suon rimbom-
ba.
- E digli ciò, che fai; ciò, che tu pensi;
- Come sia fatto il mio bel villeggiare;
- E come a lui sì volentier ripensi:
-
80Che tralle sue virtù più scelte, e rare
- L'amicizia coltiva a sì gran segno,
- Che mandato dal Cielo in terra pare,
- Per richiamar dal rio costume indegno
- Le genti piene di malizia, e frode,
- Ad un viver leale, onesto, e degno.
- Se dal giovar Giove esser detto s'ode;
- Il Redi certmente tra' mortali
- Merita questo nome, e questa lode;
- Che non pur del suo ingegno stese l'ali
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-
90A liberar le cieche nostre menti
- Da quella, ch'è madre di tuttii mali,
- Stolta credulitade; e i suoi cimenti,
- Provando, e riprovando, han sem-
pre dati
- All Filosofia nuovi argomenti:
- Ma con discorsi ancor soavi, e grani
- L'amor della Virtude instilla ai cuori,
- E gli fa del sapere innamorati.
- Gli riempie di begli almi furori;
- E se ben ben tu guati intorno intorno,
-
100Uomo non traverai, da lui in fuori,
- Che sappia con trattar nobile, adorno,
- Adescar sì gli amici, e a poco a poco
- Condurgli della gloria al bel soggior-
no
- Or, Musa mia, su, riposiamci un poco;
- E diciamo oramai, che cosa hai fatto,
- E qual sia stato di mia vita il gioco.
- Alle Cacce, agli spassi io non son atto;
- Così, Signor Francesco, avete udito,
- Che dietro a Dante io son venuto
matto.
- Altrui parrà il mio vivere scipito;
- Ma se si guarda ben, non è così:
-
110Che bello è per lo studio esser Romito.
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- Tanto piacer giammai io non senti,
- Quanto or questo, che in leggere ho
provato,
- Ed in rilegger Dante notte, e di.
- E perocchè il mutar su sempre grato;
- Quando era un po della lettura stanco,
- Mettevami a compor versi in buon
dato.
- Non si può ognor giacer sopra d'un
fianco;
- Ma rivolgersi è d'uopo; e si ristora
- La virtù allor, che forte venia man-
co.
-
120Se fussi ora costì, mia vita fora
- Il recitarvi alcuni miei Sonetti,
- Perchè voi m'avvertiste ad ora ad
ora,
- Quali son buoni, e quali rei concetti;
- E quai motti leggiadri, e quai vil-
lani;
- Ond'io poi gli migliori, e gli rassetti.
- Ma giacch'io sono in questi luonghi stra-
ni;
- Colla speranza solo io mi consolo
- D'avere a uscir di questi monti, e
piani;
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- E d'avere a drizzar ben tosto un volo
-
130Ver la gran villa d'Arno alma Fio-
renza;
- E allor non mi starò selvaggio, e solo,
- Che goder io potrò vostra presenza.
IL FINE.
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